19. Occhi da cerbiatta

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PEDRO-

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PEDRO
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Il suono stridulo del telefono mi svegliò nel cuore della notte. Con un sospiro infastidito controllai chi mi cercava con così tanta insistenza alle 02:30 di mattina.
Era l'agente Cole, in turno per supervisionare le strade della città.
Risposi immediatamente immaginando che ci fosse qualcosa che non andava.

«Pronto»

«Pedro un gruppo di ragazzini ha dato una festa illegalmente questa sera» dice il mio collega dall'altro campo del telefono. Alzai un sopracciglio con fare interrogativo. Mi aveva svegliato solo perché non sapeva gestire un gruppo di ragazzini ubriachi? Era la prassi oggigiorno imbattersi in festini illegali.

«Cole puoi benissimo cavartela da solo...»

«Ho trovato la figlia dei Turner qui, pensavo volessi saperlo»

«No... non dirglielo ti prego!» sentii una voce famigliare sovrastare quella di Cole. Amelia avrebbe fatto ben presto i conti con me e poi, se era fortunata, potevo anche non avvisare i suoi genitori.

«Arrivo subito, mandami l'indirizzo»

Senza aggiungere altro riattaccai il telefono e mi alzai di scatto dal letto. Le avevo chiesto una cosa, una semplice cosa. Non fare cazzate per una settimana, sette giorni. Amelia a quanto pare era una calamita vivente per i guai.

Era così ingenua a volte che temevo per lei, se le fosse successo qualcosa? L'idea mi mozzò il respiro. Non volevo nemmeno pensarci. Avevo quella brutta abitudine a pensare al peggio.

Entrai in macchina e sfrecciai per le strade deserte. Le nocche delle mie mani diventarono bianche. Stringevo il volante tanto forte da cercare di trattenere la rabbia che ribolliva in me.

Posteggiai la macchina davanti a quello che sicuramente era l'indirizzo giusto. Il giardino della casa era un disastro: bicchieri, festoni, residui di vomito e alcol alleggiavano tra l'erba. Notai la macchina di Cole posteggiata affianco, con luci ancora in azione.

Entrai in casa che era ormai quasi deserta. Vidi Cole che stava parlando con un paio di ragazzi mezzi sbronzi seduti sul lungo e lussuoso divano color panna.

Accennai un saluto con il capo e lui mi sorrise stanco. Non lo invidiavo, il turno serale era già una palla di per se, se poi bisognava avere a che fare con un gruppo di ragazzini con gli ormoni a palla che ingeriscono enormi quantità di alcol e svegliano tutto il vicinato con canzoni discutibili, direi proprio che era uno schifo totale.

«Amelia è in cucina, l'ultima porta del corridoio a destra»
«Grazie Cole per avermi avvisato, ora ci penso io alla figlia dei Turner»
«Ricevuto capo!» detto ciò ritornò a fare la paternale a quei ragazzi a cui non fregava nulla delle sue parole. Certe volte bisognava sbatterli dritti in cella, senza nemmeno parlare, erano cocciuti come i muli e le parole sarebbero state comunque vane. Tanto nessuno voleva ascoltare.

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