6. Una lunga settimana

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Pensavo che la fortuna per una volta potesse essere dalla mia parte, ma come al solito mi sbagliavo. Certo, non pensavo di poter riuscire ad ottenere tutto ciò che manifestavo nella mia vita, però desiderare di avere casa libera per una settimana sarebbe stato fantastico!

Sapevo già che per i venticinque anni di matrimonio i miei avevano in mente di fare una crociera sul Nilo. Bellissima esperienza che avrei tanto voluto sperimentare anche io, ma sapevo quanto ci tenessero ad andarci solo loro due.

Così mi ero fatta i miei piani per la settimana. Avevo fatto la lista perfetta di spesa in cui c'erano solo schifezze e cibo spazzatura, avevo deciso i tre libri che avrei letto immersa nel silenzio di casa e avevo fatto una lista su Netflix di tutti i film che avrei guardato.

C'era un piccolo problema. I miei non si fidavano a lasciarmi a casa da sola. Avevo cercato in tutti i modi di convincerli, di persuaderli che era un'opportunità per farmi crescere.

«Mamma e papà io sono seria, fra poco più di due mesi farò diciotto anni, penso di essere abbastanza grande per rimanere a casa da sola!» piagnucolai aprendo le mani con fare teatrale, ma nulla riusciva a convincerli. Quando i miei si mettevano in testa una cosa, difficilmente si poteva essere in grado di persuaderli.

Ai loro occhi sarei rimasta la loro bambina da proteggere, anche fra vent'anni!

«Non continuare con questa storia tesoro, come abbiamo deciso io e tua madre, tu andrai a stare da Pascal...»

«Non è meglio restare da Charlie? Insomma è la mia migliore amica e voi conoscete i suoi genitori» lo interruppi.

Non volevo per nulla al mondo rimanere nella stessa casa di Pedro, respirare la sua stessa aria, mangiare il suoi stesso cibo. Mai e poi mai avrei permesso ciò, perché ero spaventata da tutte le emozioni che provavo. Era possibile che un solo sguardo mi avesse destabilizzata così tanto da farmi provare una serie di scariche elettriche su tutto il corpo?

E poi Pedro si comportava con me peggio di mio padre!

Papà si spazientì sentendo tutte le mie lamentele. Sbuffò e prese le due grandi valige pronto a caricarle in macchina, ma prima di uscire di casa mi guardò dritto negli occhi.

«Adesso tu vai velocemente a fare la valigia, poi ti porteremo a casa di Pedro che è stato così gentile ad ospitarti e tu inizia a comportarti come un'adulta!»

«Dammi la possibilità di farlo!» ribattei arrabbiata, ma lui era già uscito di casa.

A passo pesante salii le scale e andai a preparare la valigia, presi le prime cose che mi capitavano sotto mano. Tanto se avessi avuto bisogno di qualcosa potevo sempre passare di qui a prenderle.

Scesi di sotto a mala voglia dove vidi mia mamma saltellare di gioia. Almeno lei era contenta della partenza.

Papà invece era stressato nel dover lasciare il lavoro per una settimana, ma aveva deciso di prendere una settimana di serenità e lasciare i problemi al vicesindaco.

Io invece galleggiavo nella disperazione più totale.

Non mi restava altro che entrare in macchina, sentire la musica nelle orecchie e ignorare i discorsi dei miei genitori. Quel giorno era terribile non solo perché sarei dovuta stare a casa di Pedro Pascal, ma anche perché era una giornata grigia e uggiosa che prometteva un gran temporale.

Io odiavo i temporali con tutta me stessa. Il rumore lampi mi terrorizzavano mentre i tuoni mi svegliavano di soprassalto nel cuore della notte. Quando ero piccola mi rifugiavo sempre nel letto dei miei genitori, così potevo riaddormentarmi protetta tra le loro braccia cullandomi del leggere russar di papà e del respiro di mamma.

Con passare degli anni ero cresciuta e non potevo stare con loro, perciò mi limitavo ad ascoltare la musica dalle cuffie e a disegnare ciò che mi terrorizzava. Non ero proprio un'amante dell'arte, però sin da piccola mi veniva naturale disegnare e ritrarre volti.

Una volta arrivati davanti a casa Pascal mamma si voltò verso di me e mi fece il discorso che ogni madre fa al proprio figlio o figlia. «Amelia io e papà sappiamo che stai diventando una giovane donna responsabile, ma non far impazzire Pedro è stato così gentile da ospitarti! Pensa si è offerto lui stesso e chissà cosa faremmo se non ci fosse lui...» e bla, bla, bla.

Aspettate, aveva detto che era stato proprio lui ad offrirsi? Non gliel'avevano chiesto i miei? Dannazione questo era ancora peggio di quanto pensassi.

«Forza tesoro scendi o noi perderemo il nostro volo» mi intimò papà guardandomi con un sorriso dolce. Un sorriso tanto grande che avrei voluto eliminare nella sua faccia. Non potevano avermi fatto una cosa del genere.

Sbuffai e li salutai. Avevo già detto che volevo scomparire da qui? Beh ve lo ricorderò un'altra volta.

Con la valigia in mano suonai il campanello e ad aprirmi arrivò un Pedro Pascal fresco come una rosa nella sua divisa di polizia. Il mio sguardo si bloccò sul suo torace ampio e ingoiai rumorosamente la saliva.

«Buongiorno Amelia»
«'Giorno!» dissi distaccata. Dopo che mi aveva scoperto al Blu Spirit mi sentivo in imbarazzo a stare nella stessa stanza con lui.

Lui prese la mia valigia e mi invitò ad entrare in casa. «Seguimi, ti faccio vedere la tua stanza»

La sua casa era piccolina, infatti memorizzai in poco tempo il tragitto per la mia camera. Era piccola, arredata con poco e niente: il letto, l'armadio e un comodino. Niente specchio, come facevo a capire se i miei outfit giorno spaccavano oppure erano osceni?

Dovevo aspettarmelo da Pedro. Era una persona semplice, ordinata e odiava l'ostentalità.

«Starò via fino a questa sera, se hai fame in cucina puoi trovare tutto ciò che ti aggrada. Se c'è un'emergenza non esitare a chiamarmi, sul tavolo in cucina ho lasciato il mio numero di telefono. A stasera allora» disse lui mentre io ero troppo impegnata a studiare un piano per scappare da quella casa.

«A stasera» ripetei io.

«Mel...»

Mi girai talmente tanto veloce che la mia testa per poco non si staccò dal collo. Ripetilo ancora Pedro ti prego. Nessuno mi aveva mai chiamato così, la sua voce mentre pronunciava quelle tre lettere mi stavano mandando in paradiso senza nemmeno saperlo.

Alzai un sopracciglio con aria interrogatoria, cosa voleva chiedermi?

«Si?»

«Prega che io non ti scopra a fare qualche cazzata» mi avvertì serio.
«Perché? Cosa farai altrimenti? Mi sbatti in cella?» lo stuzzicai avvicinandomi a lui.

Lui scoppiò a ridere scuotendo la testa, proprio come aveva fatto la prima volta che i nostri occhi si erano incrociati. Non disse nulla e scomparì dietro la porta bianca. Io mi buttai nel letto sospirando a pieni polmoni.

Quella si che sarebbe stata una lunga settimana!

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