41. Mel

458 25 1
                                    

PEDRO
-

Al sorgere del sole ero già sveglio e vestito di tutto punto per dirigermi verso la centrale. Sul tragitto mi accesi l'ennesima sigaretta, nel tentativo di scaricare sulla nicotina tutto lo stress e l'agitazione che avevo in corpo. Con sole tre ore di sonno, mi aspettava una giornata impegnativa, che si sarebbe prolungata fino a tarda sera con il compleanno di Mel.

La mia dolce Amelia era l'unico spiraglio di luce che mi dava forza di alzarmi dal letto la mattina e mi faceva fare sogni tranquilli la notte. Altre volte però era proprio lei a causarmi nervosismo.

Lasciarla andare in lacrime la sera precedente mi turbò parecchio. Avevo giurato al signor Turner di non farne parola con lei, di non darle nessuna preoccupazione per i giorni seguenti.

Ero uno sporco bastardo. Davvero il signor Turner si fidava così ciecamente di me? Eppure nell'ombra ero colui che amava intensamente sua figlia. Un vigliacco che aveva rubato il cuore a una ragazza pura e non ero in grado nemmeno di amarla sotto la luce del sole. Non avevo nemmeno il coraggio di dirle la verità. Chi era veramente Pedro Pascal? Nemmeno voi lettori riuscirete a scoprirlo con tanta facilità.

Spensi la sigaretta ormai terminata e ne riaccesi un'altra. Avevo perso il conto di quante ne avevo fumate nelle ultime ore. L'idea di aver trovato quel figlio di puttana non mi aveva risollevato l'animo, anzi, l'aveva solamente peggiorato. Dopo aver lasciato Mel alle cure della sua famiglia mi fiondai in centrale nero di rabbia.

«Dov'è quel bastardo di Johnson?» tuonai sbattendo la porta e spaventando a morte la povera Lucy. Donna deliziosa, ma forse troppo anziana per continuare quel lavoro che garantiva solo degli orari assurdi.

«Ehi amico calmati... ora Valente lo sta interrogando da un paio di minuti» fece capolino nella stanza Simon, cercando di calmare la furia che stava crescendo sempre più in me.

«Dovevate attendere il mio arrivo prima di agire di testa vostra!» lo attaccai digrignando i denti.

Lui sghignazzò sotto i baffi e scosse la testa. Simon era così irritante a volte che non sarebbe stato male prenderlo a pugni.
«Perché avrebbe fatto la differenza la tua presenza? Cazzo amico guardati, sono sicuro che se ti ritrovassi faccia a faccia con Erik lo uccideresti a suon di pugni»

Era vero. Simon però non aveva alcun potere decisionale qui.

Mi avvicinai a lui tanto da sovrastarlo con la mia altezza. Pensava davvero di sfidarmi in questo modo solo perché era mio amico? Si sbagliava di grosso. Nessuno mi aveva mai visto superare il limite, ero una bomba a orologeria pronta ad esplodere. Quindi doveva stare molto attento.

«Se fossi in te Simon io starei attento a quello che dici» lo minacciai.

Lui annuì serio e poi guardò Lucy, l'unica spettatrice del nostro scontro.

«Per favore Lucy preparagli una camomilla, altrimenti non riuscirò a sopportarlo per tutta la sera» e così si levò dalla scena chiudendosi nel suo ufficio. Era un fottuto bastardo coraggioso Simon. Niente da dire.

Così la sera precedente Lucy mi imbottì di camomilla pensando veramente che quella fosse la soluzione per calmare il mio turbamento, invece non aumentò altro che il numero di volte in cui facevo visita al bagno.

Quella sera ritornai a casa sconfitto. Ero lo sceriffo della città senza alcun potere decisionale, e la cosa mi faceva imbestialire.

Ero troppo coinvolto emotivamente per portare avanti questo caso, mi era stato detto da Simon. Cazzate. Io ero in grado di mettere da parte le emozioni. Passate dieci ore dall'arresto di Erik avevo finalmente la possibilità di parlare con lui.

Whiskey eyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora