32. Sangue freddo

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PEDRO-

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PEDRO
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Uno, due, tre. Respira.
Uno, due, tre. Respira.

Tutto intorno a me regnava il caos.

C'erano giornalisti incuriositi o troppo invadenti cercavano in tutti i modi di ostacolare l'operato di noi poliziotti. 

C'erano le famiglie con volti pallidi e afflitti dal dolore, cercavano in tutti i modi di mettersi in contatto con i propri figli, senza però risultati. Perfino noi della polizia non riuscivamo ad avere contatti con chi si trovava imprigionato in quell'incubo.

C'erano i medici in ambulanze pronti per soccorrere i feriti e infine c'eravamo noi poliziotti che cercavamo di stilare un piano per entrare alla ricerca del criminale. Dovevamo entrare in modo da non creare ulteriori stragi, se era possibile.

«Signore...? Signore è con noi...?» domandò un mio giovane subordinato.

Non ricordavo il suo nome, in centrale eravamo in troppi e ancora non ero riuscito ad associare i volti ai nomi. Davanti ai miei occhi vedevo solo un ragazzo mingherlino in divisa, un po' intimorito, che teneva in mano un arma che sicuramente pesava più di lui.

Forse era la prima volta che affrontava una situazione del genere, ma con il passare degli anni ci avrebbe fatto la pelle. Come me e tutti i suoi colleghi d'altronde.

Solo dopo il suo richiamo mi accorsi che tutti i miei uomini erano in attesa di ordini.

Ragiona Pedro, ragiona!

Pensai cercando di fare mente locale. Dovevo impedire alle mie emozioni di travolgere la mia mente, che fino a poco tempo prima era lucida.

Lei era dentro e non avevo più sue notizie. L'idea che potesse essere imprigionata in quelle quattro mura o peggio ancora ferita mi mandò in bestia.

«Ross tu e la tua unità entrate nell'ala est della struttura, a capo della seconda unità c'è Liam e dovete entrare nell'ala ovest, i restanti uomini vengono con me...» venni interrotto dalla voce tagliente di Simon.

«Non pensi di compiere un'azione troppo avventata? Non è questo il tuo compito Pedro, devi stare qui a gestire l'intera azione!» disse lui.

Mi grattai nervosamente la barba ispida cercando di reprimere il fastidio che provavo nell'essere stato interrotto.

«So bene qual è il mio compito, motivo per il quale io non voglio stare qui con le mani in mano. Ho bisogno di controllare in prima persona che tutti stiano bene. Ti affido la gestione dell'intera operazione, mi fido di te non deludermi» gli risposi liquidandolo in fretta.

Non c'era altro tempo da perdere. Mi girai verso la mia unità per controllare che tutti fossero pronti, indossai velocemente il passamontagna e il giubbotto antiproiettile.

«Andiamo forza!» esclamai facendo segno alla mia squadra di seguirmi e insieme corremmo verso l'entrata nord della scuola.

Dopo aver studiato a fondo la piantina dell'edificio, eravamo ben consapevoli di quali fossero i rifugi e le uscite in caso di emergenza. L'aula di arte nell'ala est, l'aula informatica dell'ala ovest e la biblioteca nell'ala sud.

Mentre Ross e Liam avevano il compito di far evacuare l'intero corpo studentesco, noi entrando da Nord avevamo un compito in più: ricercare il criminale.

Con sicurezza entrai per primo, tenendo ben salda la mia arma. Ero disposto persino a sparare se ce ne fosse stato bisogno. Altrimenti mi sarei assicurato che qual figlio di puttana ricevesse la giusta punizione a vita.

In un primo momento mi accorsi che l'elettricità era andata, i corridoi erano deserti e sembrava esserci passato un tornato: alcuni armadietti erano rimasti aperti mentre numerosi fogli, libri, quaderni erano sparpagliati nel pavimento.

«Signore...» richiamò l'ispettrice Lola indicando macchie rosso scuro di sangue. Allungai la mano e tastai il muro, il sangue era ancora fresco. Quello era un pessimo indizio.

«Sparpagliamoci. Voglio che mi riportiate quel verme vivo» dissi a loro e ognuno prese la propria strada. Con lentezza io proseguii dritto, con il cuore a mille per la tensione.

Mi trovai di fronte a un bivio e decisi di svoltare a destra, ma alle mie spalle sentii dei lamenti in lontananza.

Mi girai velocemente e incominciai a camminare nella direzione dei lamenti. Per poco le mie gambe non cedettero a quella visione.

Fin dal primo giorno di addestramento, quasi quindici anni prima, mi era stato detto di dover mantenere il sangue freddo in qualsiasi situazione, perché solo grazie a quello non si poteva fare mosse avventate.

Fino a quel momento c'ero riuscito. Avevo affrontato delle situazioni peggiori di quelle e me l'ero cavata con il conseguente riconoscimento da parte dei colleghi.

Vidi la ragazza stesa sul pavimento ghiacciato, sotto di lei una pozza ampia di sangue. Mi inginocchiai immediatamente vicino a lei, non curante del sangue che stava sporcando la mia divisa.

Amelia sgranò gli occhi nel riconoscermi. Era pallida e farfugliava parole senza senso. Era sotto shock per la troppa perdita di sangue che ancora continuava a fluttare sotto di sé.

«Resisti tesoro resisti ti prego» le sussurrai mentre strappai un lembo della mia maglietta e la legai al di sotto della ferita alla gamba. Strappai un altro lembo di maglia e feci pressione sulla seconda ferita nel fianco.

Dovevo limitare le due emorragie prima che fosse troppo tardi. Prima che fosse troppo tardi...

Le mani mi tremarono e mi sentii terribilmente impotente in quella situazione. Forse se fossimo intervenuti prima non le sarebbe mai successo nulla. Avevo voglia di urlare, spaccare qualsiasi cosa che mi capitava sotto mano, uccidere con le mie mani quel figlio di puttana che aveva ridotto in quello stato Mel.

Mel... la mia Mel.

«Pe-Pedro... sento-sento freddo ti... prego... io... aiutami» farfugliò lei spaventata.

«Shh...» sussurrai accarezzandole la fronte sudata. Non doveva parlare, non doveva spendere le poche energie che le erano rimaste in questo modo.

«Sto morendo non è vero?»

«No tesoro non lo permetterò mai al mondo» le risposi. La mia voce tremante però tradì il mio tono sicuro.

«Trovalo. Trovalo e uccidilo» sibilò dolorante Mel.

La guardai senza capire.

«Trovalo...» mi pregò tra i rantolii di dolore.

«Chi devo trovare Mel?» le chiesi premendo di più sulla sua ferita. Lei non riuscì più a rispondermi per via del dolore.

«Signore non c'è nessuna traccia del criminale» disse con il fiato corto Lola alle mie spalle, doveva essere venuta ad avvisarmi di corsa. Non mi girai per guardarla poiché ero troppo impegnato ad occuparmi di Mel.

«Iniziate ad evacuare gli studenti in biblioteca, assicuratevi che tutti stiano bene e portatemi subito un medico qui!» le diedi gli ordini nel tono più neutrale possibile, cercando di non far notare i miei occhi lucidi.

«Sissignore» rispose la mia collega.

«Lo voglio qui ora!» esclamai non appena riposi gli occhi di nuovo su Mel.

La ragazza mi strinse con forza la mano, sgranò gli occhi e vidi che dalla sua bocca fuoriusciva del sangue.

Whiskey eyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora