23. Ritardataria cronica

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Mi trovai di fronte a l'uomo che mi aveva fatto perdere la testa. Ero nuovamente a casa sua, stavo affogando nel profumo di quella casa accogliente e mi stavo perdendo nei suoi occhi scurissimi.

Il mio respiro era mischiato al suo e con un sorriso sulle labbra Pedro mi spostò una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. Rabbrividii sentendo la nostra carne toccarsi. Un incendio dentro di me divampò sentendo i nostri respiri mischiarsi.

«Non hai idea di cosa ti farei in questo momento Mel» sussurrò Pedro al mio orecchio lasciandomi piccole scariche elettriche lungo la spina dorsale. Io schiusi gli occhi beandomi del dolce suono roco della sua voce.

«Fammi tutto ciò che vuoi» lo supplicai non riuscendo più a resistere.

«Potresti spaventarti se lo facessi veramente» rispose lui fissando intensamente i miei occhi. Improvvisamente sentii un nodo alla gola.

«Non ho paura di te» ribattei sentendo le nostre labbra sfiorarsi.

Profumava di tabacco e il desiderio di insinuarmi nelle sue labbra era diventando maggiore. Non riuscendo più a trattenermi gli presi il viso tra le mani e incastrai le mie labbra contro le sue. Il mio cuore prese a galoppare e le nostre lingue presero a muoversi in una danza seducente e carica di erotismo.

Improvvisamente sentii delle piacevoli pulsazioni nel basso ventre mentre le sue mani vagavano sul mio corpo, accarezzandolo e palpandolo con desiderio.

Mi scappò un ansimo di piacere sentendo le sue fredde mani insinuarsi sotto il tessuto della mia maglietta. Volevo di più. Per la prima volta in tutta la mia vita volevo di più.

Improvvisamente aprii gli occhi sentendo le urla di mia madre dalla cucina.
«Amelia perché sei ancora a letto? Cosa aspetti? Mancano venti minuti all'inizio delle lezioni!»

«Non ho sentito la sveglia!» ribattei infastidita. Volevo rimanere a letto e continuare quel sogno meraviglioso.

Mi alzai di scatto spaventata e dispiaciuta. Era solo un sogno, ma era così reale... avrei tanto voluto che fosse reale. Avrei tanto voluto sentire il calore del suo corpo, annegare nel suo profumo. A quanto pare però doveva rimanere solo un sogno, un desiderio irrealizzabile che ben presto sarebbe stato chiuso in un cassetto della mia mente. L'avrei sigillato con una chiave che poi avrei gettato in un cassonetto della spazzatura.

Con una velocità sovrumana mi vestii con le primi vestiti puliti che trovai nell'armadio. Mi sarebbe aspettata una giornata intensa di studio e lavoro pomeridiano. Si proprio così, perché erano trascorse due settimane ed erano cambiate tante cose. Un esempio? Ero riuscita a trovare un lavoro per mettere alcuni soldi da parte. Sabato prossimo sarebbe stato il mio primo giorno di prova presso un negozio di fiori nella periferia della città. Era lontano si, ma con i mezzi era facilmente raggiungibile.

«Avanti sei pronta? Ti porto io a scuola questa mattina, non voglio che tu faccia tardi alla prima ora» disse furiosa mamma piombandosi nella mia stanza per vedere se ero pronta oppure no.

La ringraziai per il passaggio e per fortuna entrai in classe prima del secondo suono della campanella. Con il fiatone mi sedetti tra Stacy e Charlie che a quanto pare erano molto prese nel loro discorso.

«Che cosa ti è successo? Sembri una morta che cammina» mi canzonò Stacy tirando fuori il quaderno e una matita.
Cercai di sistemare i capelli tutti scompigliati in una coda e sbuffai. «Non ho sentito la sveglia questa mattina e mia madre ha iniziato a urlare per casa alle 7:40 di mattina». In realtà l'avevo sentita eccome, ma non volevo interrompere il mio bellissimo sogno.

«Allora come procede con l'organizzazione del ballo?» chiesi curiosa.
«Meglio non tirar fuori questo argomento» disse Charlie.

Mi maledissi mentalmente. Mi ero dimenticata che era un argomento spinoso per Stacy. Dieci giorni fa c'erano state le elezioni e finalmente erano usciti i risultati delle votazioni. Per la prima volta nella storia dell'istituto si era arrivato a una parità di voti, ovvero quella tra Stacy e Giorgina, così il preside aveva deciso di eleggere non uno bensì due rappresentanti di istituto.

Così Giorgina e Stacy si ritrovarono insieme a gestire i problemi scolastici, a organizzare feste ed eventi. Il problema? Erano terribilmente orgogliose e difficilmente trovavano un accordo. In questo caso Giorgina voleva organizzare da sola l'intero ballo d'inverno che si sarebbe tenuto tra qualche giorno. Il tempo erano agli sgoccioli e così le due ragazze erano scese a patti grazie al mio aiuto e a quello di Charlie: Giorgina si sarebbe occupata dell'intera organizzazione del ballo mentre la parte burocratica sarebbe aspettata a Stacy.

«Sta pensando a tutto Giorgina, ma avremo bisogno anche del vostro aiuto. Una di voi potrebbe rimanere al tavolo delle bibite e del cibo?» chiese Stacy implorandoci con le mani unite come in segno di preghiera.

«Axel mi ha invitato al ballo ieri sera» confessò Charlie mangiandosi l'unghia con fare agitato. Teneva ad andare al ballo con Axel tanto quanto aiutare la sua più cara amica a gestire la serata del ballo.

«Cosa?!» esclamammo contemporaneamente io e Stacy.

«Ehi voi tre infondo c'è qualche problema?» ci richiamò il professore riportando la nostra attenzione su di se. Ci scusammo e facemmo finta di seguire la lezione, qualche minuto dopo le chiesi sottovoce spiegazioni. Dalla festa a casa di Axel, i due si erano avvicinati sempre di più ma nessuno era mai riuscito a fare il primo passo.

«Goditi il ballo Charlie, aiuterò io Stacy quella sera» la rassicurai prendendole la mano. Ero così felice per lei, se lo meritava. Axel era un bravo ragazzo, non potevo dire la stessa cosa del suo migliore amico. Erik era cambiato come il giorno e la notte dall'ultima volta che c'eravamo parlati.

Continuava a ignorarmi tra i corridoi della scuola. Nessuno sguardo, nessun sorriso, nessun saluto. Mi passava persino affianco senza nemmeno preoccuparsi di come mi potessi sentire con il suo comportamento.

Avevo così capito che era solo un bambino viziato. Non accettava un "no" come risposta, questo perché i suoi genitori gli avevano sempre servito le cose su un piatto d'argento.
A questo punto mi sentii fortunata a non averlo più nella mia vita, non valeva la pena uscire con un ragazzo che si era rivelato un vero idiota.

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