16; Spazi

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02:30.

Saki's pov

Non appena arrivammo nell'enorme garage dello zio di Geto una figura maschile ci venne immediatamente incontro, gesticolando per guidarci nel parcheggiare correttamente l'auto fra tutte le altre lì presenti: c'erano fuoriserie di ogni modello, colore e marchio possibile e immaginabile.

Quando scendemmo dalla macchina quell'uomo piuttosto anziano si fiondò su Geto, buttandogli le braccia al collo.
«Nipote mio! Come sei cresciuto! Stai bene?» Gli aveva chiesto.
Oh, deve essere proprio lui suo zio, allora.

Geto sembrò estremamente a disagio sotto tutte quelle attenzioni, infatti si limitò semplicemente ad annuire in silenzio e a sorridere appena.

Io e gli altri ragazzi raggiungemmo il nostro compagno e salutammo cordialmente l'uomo con un cenno della mano.

Ma lui sembrava ancora concentrare tutte le sue attenzioni su Geto, continuando a riempirlo di attenzioni.
«Sei cambiato così tanto... Che bel ragazzo che sei diventato!»
Lo strinse in un altro abbraccio e lo fece arrossire appena.
«E la sai una cosa? Sei identico a tuo padre-...»
Geto lo interruppe, liberandosi dalle sue braccia.

«Basta così, zio.»
Sembrava che gli avesse dato fastidio sentirsi arrivare alle orecchie la parola "padre".

«Okay, okay...»
L'uomo si allontanò da lui e poi iniziò a fissare noi tutti con sguardo inquisitorio.
«E... Loro sono tuoi amici?» Si riferì a noi.

«Colleghi, zio... Colleghi.»

«Ah, rimani professionale...» Rise suo zio.
«Comunque, Guru-...»
Geto lo interruppe per la seconda volta.

Eh? "Guru"? Ma che nome è?
Sorrisi spontaneamente a quel pensiero, capendo che doveva essere un nomignolo affettuoso e sapendo che presto sarebbe entrato nel mio vocabolario.

«Non chiamarmi così davanti a loro. E nemmeno per nome. Per favore, zio.» Lo supplicò lui.

Allora l'uomo annuì e gettò lo sguardo sull'Honda del nipote ridotta malamente a causa dei fori dei proiettili nella carrozzeria, delle rigature nella vernice gialla e dei vetri frantumati.
«Cavolo... Te l'ho fatta spedire nuova solo due settimane fa... Che hai combinato?»
E si diresse verso l'auto.

«Lavoro... Lo sai.»

«Mh... Ma non credo che a tuo padre sarebbe piaciuto.»

Allora Geto lo raggiunse a passo svelto e serrò i pugni, mostrando una rabbia che mai gli avevo visto tirare fuori.
«Basta, cazzo. Basta. Non nominare più papà. Okay?»

Suo zio lo guardò colmo di dispiacere e annuì lentamente, tornando a esaminare il veicolo del nipote, quasi per auto distrarsi dal suo impulso di voler affrontare quell'argomento.

Invece io e i ragazzi ci guardammo un po' interrogativi, avendo però capito come nella famiglia Geto ci dovevano essere un po' di questioni irrisolte; o almeno, come ci dovevano essere tra Geto e suo padre.

«Vuoi che te la ripari? Mi servirà tanto tempo, però.» Fece lo zio.

«No, mi serve che la rottami, o che la bruci, insomma... Che la fai sparire.» Geto tornò a usare un tono calmo e iniziò a girare lentamente attorno all'auto.
«E mi servono veicoli nuovi.»

«Prendi quello che vuoi. Lo sai... Qui è tutto tuo.»

«Okay, zio... Grazie.» Concluse Geto.

«E di cosa?»
L'uomo fece per andarsene ma poi si voltò di nuovo verso il nipote.
«Ah... Le moto sono di sotto.»
E poi scomparve dietro una porta di metallo.

SOMETHING TO LOSE - cyberpunk; Suguru GetoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora