Blake

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Appena mi avvisano che la Signora Simens Ermina sta per arrivare, mi sistemo dietro la scrivania, pronto per il colloquio. Il nome non mi dice nulla, ma mi aspetto una candidata come le altre, qualcuno che lavori bene dietro al bancone e non mi dia problemi. Mentre sistemo qualche foglio sul tavolo, sento bussare alla porta. «Avanti» dico, alzando lo sguardo con la solita aria professionale. La porta si apre lentamente, ed entra una donna. La prima cosa che noto è il suo abbigliamento. Vestito nero, aderente, décolleté rosse, occhiali da sole. **Occhiali da sole?** In ufficio? Rimango per un attimo incredulo. **È questa la candidata per il posto da barista?** Non sembra affatto una persona che lavorerebbe dietro un bancone a servire caffè. È vestita troppo bene per un lavoro così modesto. Non che mi importi, ma di solito chi si presenta per queste posizioni ha un look ben più semplice.Lei rimane lì, ferma, impalata. Mi scruta attraverso i suoi occhiali da sole, senza dire nulla. Non sembra minimamente a suo agio. **Ha perso la voce?** penso, osservandola. E poi, quegli occhiali. Sono del tutto fuori luogo, soprattutto durante un colloquio. **Maleducata**, penso. A chi verrebbe in mente di indossare occhiali da sole davanti al proprio possibile futuro datore di lavoro?La guardo, aspettando che faccia qualcosa, che si muova. Ma lei rimane immobile. «Prego, si accomodi» dico, indicandole la sedia di fronte a me, cercando di mantenere il tono professionale. Non voglio sembrare infastidito, ma questa situazione mi lascia perplesso.


Mi sistemo ancora una volta sulla sedia mentre la donna, che si è appena presentata come "Simens Ermina", rimane in piedi di fronte a me, continuando a indossare quegli insopportabili occhiali da sole. Non riesco a capire perché li tenga ancora su, nonostante la situazione richieda ben altra formalità. Cerco di non mostrare il mio disappunto, ma è palese che qualcosa non va. «Signora Simens, ha portato con sé un documento, un CV da poter valutare?» le chiedo, mantenendo il tono neutro.Lei annuisce rapidamente, frugando nella borsa e porgendomi un foglio piegato. «Sì, certo, ecco a lei.»Prendo il CV dalle sue mani e inizio a leggerlo con una finta calma, cercando di capire cosa ci sia di così particolare in questa situazione. Ma la mia mente torna sempre su di lei e su quegli occhiali. **Perché non se li toglie? Che motivo ha?** Scuoto leggermente la testa, cercando di rimanere concentrato sulle sue qualifiche.«Vedo che ha esperienze come barista... ha fatto altri lavori oltre a questo?» le chiedo, con lo sguardo ancora sul documento.«No, ho sempre lavorato come barista o cameriera» risponde con voce neutra, quasi insicura.Nonostante il tono educato, noto che continua a guardare verso il basso, fissando i suoi tacchi. Questo suo atteggiamento non fa che irritarmi ulteriormente. **Che problema ha questa donna?**Alla fine, decido di affrontare la questione direttamente. «Signora Simens Ermina, le chiedo gentilmente di togliere gli occhiali. Non è molto professionale, soprattutto in un colloquio.»Lei esita per un momento, ma poi, senza dire nulla, si toglie lentamente gli occhiali. E in quell'istante, il mio mondo si capovolge. Rimango impietrito mentre i suoi occhi grandi e verde nocciola mi fissano. **Non può essere...** È lei. La donna di quella notte. Quella che è sparita senza dire una parola. Un'ondata di calore mi sale alla testa. Mi alzo di scatto dalla sedia, sento la rabbia crescere dentro di me. «**Tu?**» la mia voce esce più alta di quanto volessi. «**Come ti permetti di venire qui? Mi prendi in giro? Esci immediatamente dal mio ufficio!**»Lei si difende subito, la sua voce più forte e sicura rispetto a prima. «Io prenderti in giro? Sei stato tu che mi ha usato. Mi hai portata a casa tua nonostante fossi ubriaca.»La mia rabbia si trasforma in puro disprezzo. **Mi ha appena dato del tu?** «**Fuori.**» ribatto secco.Ma lei non si muove. C'è una nuova fermezza nel suo sguardo, come se stesse lottando per qualcosa di più. «Signor Lockwood, la prego... ho bisogno di questo lavoro, altrimenti mi sbattono fuori casa» dice, la voce tremante ma determinata.Mi fermo un attimo, guardandola. Lei sembra sincera, ma non mi fido. «Questo non è un mio problema» dico con tono freddo. Poi mi ricordo di quel nome, quello che mi aveva detto quella notte. «A proposito... come ti chiami davvero? Sul CV c'è scritto Ermina, ma io ricordo Alice.»Lei sospira, abbassando per un attimo lo sguardo. «Mi chiamo Ermina.»**Quindi mi ha mentito anche su questo...** Questo è troppo. «**Esci immediatamente dal mio ufficio.**» le urlo addosso, incapace di contenere l'ira.Lei fa un passo indietro, ma mantiene una compostezza sorprendente. «Va bene, Signor Lockwood» dice in tono controllato. «Mi scusi se le ho fatto perdere tempo, tolgo subito il disturbo. Le auguro una buona giornata.»La guardo mentre si volta e si dirige verso la porta, il suo passo fermo e determinato, come se nulla l'avesse scalfita. Mi lascia lì, fermo, con un misto di rabbia e confusione. **Si è appena scusata?** Non riesco a credere a quello che è successo. Prima mi ha trattato come uno sprovveduto, sparendo quella notte, e adesso si presenta qui, come se niente fosse. **Ma chi si crede di essere?** La mia mente ribolle di pensieri contrastanti. Mi sento umiliato, preso in giro, e al tempo stesso... qualcosa mi frena. Ha detto che aveva bisogno di questo lavoro. **Perché mi interessa?** Mi ripeto che è solo un'altra donna come tutte le altre, ma un senso di colpa, seppur piccolo, inizia a insinuarsi. **Forse sono stato troppo duro?** No, non posso permettermi di abbassare la guardia. Sarà come tutte le altre, in cerca solo di starmi accanto per i soldi, il potere... **Fanculo.**Cerco di scrollarmi di dosso quella sensazione, ma la sua immagine continua a rimanere impressa nella mia mente.



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