Ermina

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Beep. Beep. Beep. Maledetta sveglia! Sono le 6 del mattino, e già odio il mondo. Il mio turno al Bistro Bar Sun inizia presto, e anche oggi sarò in ritardo. La stanchezza mi pesa sulle palpebre mentre mi trascino verso il bagno, dove mi lavo i denti e il viso con gesti lenti, quasi meccanici. Scelgo il solito outfit: pantaloni neri e una camicetta bianca. Non è che abbia molta scelta nel mio guardaroba modesto. Vivo in un buco di appartamento, in un quartiere che molti definirebbero da poveracci. E hanno ragione.

La mia casa è piccola: una sola stanza da letto, un salotto che funge anche da cucina, e un bagno così minuscolo che devo quasi fare una danza per riuscire a muovermi. Ma per ciò che guadagno, non posso permettermi altro. Ogni mese è una battaglia solo per pagare l'affitto. Accendo una sigaretta, il fumo che mi riempie i polmoni è la mia unica consolazione mentre sorseggio un caffè bruciato.

«Come sono finita così?», mi chiedo per l'ennesima volta.

Non ho nessuno. Non amici, non famiglia. Da quando mi hanno buttato fuori dall'orfanotrofio a 18 anni, ho imparato a contare solo su me stessa. Non ho mai conosciuto i miei genitori e a questo punto ho smesso di chiedermi chi fossero. La solitudine è diventata una parte di me. Affezionarmi a qualcuno mi terrorizza. È più facile così. L'amore? Non lo cerco, non ne ho bisogno. Ho avuto solo qualche avventura di una notte, con uomini di cui non ricordo neanche il nome. E va bene così.

Guardo l'orologio e mi rendo conto che sono le 7:45. «Merda!». Stavolta il ritardo sarà imperdonabile. Devo correre. Spero solo che il proprietario non sia già arrivato, altrimenti sono fregata. Spengo la sigaretta, mi afferro la borsa ed esco di corsa. Il Bistro è a 20 minuti a piedi, ma stamattina ogni secondo conta. Attraverso la strada senza guardare, e all'improvviso un clacson mi assorda. Una macchina nera blindata frena di colpo. Alzo la mano per scusarmi e corro via, il cuore che mi batte in gola. «Che idiota», penso.

Quando arrivo al lavoro, mi infilo il grembiule in fretta, sperando di essere invisibile. Ma non sono così fortunata.

«Sei di nuovo in ritardo.»

Sussulto, il cuore che si ferma per un istante. Il proprietario è lì, in piedi davanti a me, con quel suo sguardo glaciale.

«Sono stufo dei tuoi ritardi, Ermina. Non sei professionale. Non ci si può fidare di te.» La sua voce è tagliente come un coltello. «Mi dispiace, ma questa volta ti devo licenziare.»

Resto lì, a bocca aperta, senza parole. Licenziata? Ma non può farlo. Non ora. Non dopo tutto quello che ho sopportato per questo lavoro di merda. «La prego... non mi licenzi. Ho bisogno di questo lavoro...» Le parole escono come un sussurro disperato, ma lui non mi ascolta. Si gira e mi lascia lì, paralizzata.

«Cazzo...», mormoro tra i denti. Mi sento un'idiota. Come faccio adesso? Il peso delle mie scelte sbagliate mi schiaccia le spalle. Perché faccio sempre tardi? Perché non riesco mai a combinare nulla di buono? Esco dal Bistro con una sensazione di vuoto nello stomaco e un nodo alla gola. Avrei voluto piangere, ma ormai ho esaurito anche le lacrime.

Cammino senza meta per le strade di Manhattan, guardando le vetrine di quei negozi dove non potrei mai permettermi di entrare. I ricchi... li detesto. Sono nata dalla parte sbagliata della città, e ogni giorno mi ricorda quanto sia profondo il divario tra me e loro.

Poi, qualcosa attira la mia attenzione. Un volantino appeso a un palo della luce: pubblicizza una festa esclusiva in un locale di lusso. «Night Pearl», recita il titolo, con una grafica scintillante. Sorrido tra me e me. Forse mi ci vorrebbe proprio un po' di divertimento per dimenticare questo giorno di merda. Magari stasera potrei fare un salto e farmi offrire un drink costoso da qualche riccone che non sa come spendere i suoi soldi.

Mangio un hot dog al volo e me ne torno a casa. Non c'è molto altro da fare prima della serata. Accendo la TV, ma non mi concentro. La mia mente vaga, immaginando come sarà la festa. Mi aspetto un sacco di musica noiosa e gente che ostenta i propri vestiti firmati, ma non importa. Stasera voglio dimenticare tutto, anche se solo per un paio d'ore. 


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