Blake:
Mi sveglio, ancora con la testa piena di pensieri. Non riesco a togliermi di mente quello che ho visto ieri. Ermina. La sua figura vulnerabile, quel quartiere in cui vive, l'espressione sul suo volto quando è tornata a casa senza aver trovato nulla di positivo. Mi rigiro nel letto per qualche minuto, ma è inutile. Decido di alzarmi. Mi dirigo verso la cucina e preparo un caffè. Lo bevo lentamente, il sapore amaro mi scuote un po', ma non ho fame. La colazione non mi interessa oggi. Mi sento strano, inquieto. Forse è il senso di colpa, o forse è solo curiosità. Qualunque cosa sia, non riesco a scrollarmela di dosso.Guardo fuori dalla finestra, il cielo è grigio, quasi minaccioso. Sembra che oggi potrebbe piovere, il che rende ancora più cupo il mio stato d'animo. Prendo una decisione. Non posso continuare così, devo fare qualcosa. Forse ho esagerato nel trattarla in quel modo. E se davvero ha bisogno di quel lavoro? Mi sono comportato da stronzo, e non posso fare finta di niente. Potrei chiamarla, ma non mi sento pronto per una conversazione del genere, non dopo ieri. Decido di agire senza pensarci troppo.Mi vesto in fretta, scegliendo abiti semplici: jeans scuri, una t-shirt e una giacca leggera. Non voglio attirare l'attenzione. Non oggi. Mi infilo le scarpe e prendo le chiavi della macchina. Non quella di lusso, ovviamente. Non voglio che qualcuno mi noti, tanto meno Ermina. Prendo quella che uso raramente, una vecchia macchina da quattro soldi, abbastanza anonima da farmi passare inosservato. Esco di casa senza fare rumore e salgo in macchina, accendendo il motore con un leggero ruggito.Il viaggio verso quel quartiere è breve, ma mi sembra durare un'eternità. I miei pensieri si affollano, si intrecciano. Cosa sto facendo? Perché mi interessa tanto la sua situazione? Continuo a ripetermi che è solo per mettere a tacere la mia coscienza, ma c'è qualcos'altro. Qualcosa che non riesco ancora a definire. Arrivo finalmente nel quartiere di Ermina, ed è esattamente come lo ricordavo. Peggio, forse. Le strade sono sporche, i muri pieni di graffiti. Le case sembrano tutte in stato di abbandono, trascurate. È uno di quei posti dove nessuno vuole vivere, ma dove molti sono costretti. Parcheggio a qualche isolato di distanza per non essere notato e mi avvicino a piedi. L'aria è pesante, carica di umidità, e il cielo grigio sembra ancora più opprimente adesso.Raggiungo l'edificio dove vive. Lo stesso di ieri. È fatiscente, con le pareti scrostate e finestre che sembrano non essere state pulite da anni. Mi fermo dall'altro lato della strada, osservando. Mi sento quasi in imbarazzo a stare qui, come se stessi violando uno spazio che non mi appartiene. Ma non riesco a distogliere lo sguardo. Qualcosa mi spinge a restare.Osservo l'entrata per qualche minuto, senza sapere esattamente cosa sto cercando. Mi chiedo se lei sappia che sono qui, o se ha percepito la mia presenza. Probabilmente no. Continuo a fissare l'edificio, cercando di immaginare la sua vita dentro quelle quattro mura. Sta preparando qualcosa da mangiare? Sta cercando di riprendersi dalla giornata di ieri? Le domande continuano a ronzarmi nella testa mentre resto fermo, nascosto nella mia anonima posizione, a guardare la sua finestra come se potessi vedere attraverso.Sono le 10 del mattino e sono già qui, nel quartiere di Ermina. Non sono riuscito a togliermi quella sensazione di disagio dallo stomaco. Continuo a ripetermi che non dovrei preoccuparmi per lei, che non è affar mio, ma qualcosa mi spinge a restare. Forse è solo il senso di colpa, o forse... no, meglio non pensarci troppo. Sto seduto in macchina, con il motore spento, osservando l'entrata di quell'edificio decrepito. Poi, tutto d'un tratto, la rivedo. Esce di casa con passo incerto, guardando di sfuggita intorno a sé, come se volesse evitare di essere notata.Rimango a fissarla, anche se so che dovrei distogliere lo sguardo. Ha quegli occhi che... che dico! Devo smetterla. Non posso lasciarmi trascinare da questa stupida attrazione. Mi fa solo pena, mi ripeto. Eppure, la seguo ancora. Avvio la macchina e la seguo a distanza, cercando di non farmi notare. Mi sento quasi un pervertito, come un ragazzino che osserva una cotta da lontano. «Fermati, Blake, cosa stai facendo?» mi dico, ma non riesco a fermarmi.Non ha incontrato nessuno da quando è uscita. Nessuna amica, nessun amico. Mi sembra veramente sola. Anche quella sera al locale, era completamente sola. È strano, perché una come lei dovrebbe avere qualcuno con cui confidarsi, con cui ridere e passare del tempo. Invece niente. Mi chiedo cosa la tenga così isolata.Alla fine parcheggio e la seguo a piedi. Non so perché, ma devo capire meglio cosa sta facendo. Lei continua a camminare, con uno sguardo stanco e sconfitto. Si infila in un bar, ne esce poco dopo, sbuffando. Poi un altro, e un altro ancora. Sono le 14 ormai, e non sembra aver avuto fortuna. La vedo mentre si ferma davanti a una vetrina, fissando dentro con uno sguardo triste e desideroso. Cosa sta facendo? Sta guardando una panetteria, i suoi occhi quasi divorano i dolci esposti.Mi sento una fitta di colpa nel petto. Questa ragazza ha bisogno d'aiuto, non solo di un lavoro. Ha fame, è evidente. Non posso crederci. Mi sento una merda totale. Ho passato tutto il giorno a seguirla, e per cosa? Per confermare quello che sapevo già? Sì, ha bisogno di lavorare. Ma c'è qualcosa di più profondo in lei. Non è solo la necessità. È qualcosa che la tiene intrappolata, la schiaccia, come se il mondo intero le crollasse addosso.Decido di tornare in macchina. Non posso continuare così, a seguirla senza fare nulla. Non posso farle vedere che sono qui, che sto giocando a fare il salvatore. Ho la testa confusa. Inizio a guidare senza una meta, riflettendo. Dopo un po' mi dirigo al lavoro. So che non posso lasciar passare altro tempo. Lei ha bisogno di una mano, e io devo fare qualcosa. Mi fermo davanti al mio ufficio e prendo il telefono.«Sì, signor Lockwood, mi ha chiamato?» risponde la mia assistente, sempre puntuale.«Sì, ti ricordi la ragazza che ha fatto il colloquio per il posto da barista? Chiamala e dille di presentarsi domani mattina per il contratto.»Rimane perplessa per un attimo. Posso quasi immaginarla mentre cerca di capire se ho sbagliato a parlare o se sono impazzito. Tutti, quel giorno, hanno sentito come ho urlato contro Ermina. Lo sanno che l'ho mandata via. Ma non posso più lasciar perdere. «Va bene, signor Lockwood. Procedo subito.»Chiudo la chiamata e rimango in silenzio, fissando il cruscotto. Perché mi interessa tanto? Non è come le altre, questo è chiaro. Ma non sono sicuro di cosa fare.
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Due Mondi Diversi
RomanceErmina Simens 27 anni cresciuta in un orfanotrofio e lavora come barista/ cameriera. Tutto cambierà fino a quando non incontra Black Lockwood 32 anni imprenditore di una azienda importante di Manhattan un uomo ricco che LA STORIA POTREBBE ESSERE AL...