Capitolo I: Tamya

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Parte Prima: Il Fuoco (Rakau)

Capitolo I: Tamya

Veldhris chiuse il libro che stava sfogliando e lo posò sul tavolo, poi si alzò e si affacciò al parapetto del giardino pensile. La piattaforma su cui si trovava, costruita tra i rami di un albero gigantesco, si librava a circa venti metri dal suolo ed offriva un'ampia vista sulla radura di Tamya, la capita del Regno della Foresta.

Lo sguardo di Veldhris venne immediatamente attirato dall'Albero Albino, che s'innalzava all'estremità orientale dell'ampia radura, spiccando con la sua corteccia chiarissima contro lo sfondo degli altri tronchi scuri. Quell'albero era il più colossale di cui si avesse notizia nel regno ed era unico nel suo genere: difatti, mentre tutte le piante della Foresta del Vespro, pur essendo di molte varietà diverse, avevano cortecce brune o nere, chissà quale scherzo della natura aveva fornito quell'unico albero di un rivestimento grigio chiaro, fiocamente luminoso sotto i raggi della luna. Per questa peculiarità, cui si aggiungeva una quasi perfetta centralità rispetto alla Foresta, l'Albero Albino era stato scelto come sede della Famiglia Reale e della corte ancora agli albori del regno, quasi mille anni prima a dar retta alle leggende.

Distrattamente, Veldhris incominciò a canticchiare una melodia che da qualche minuto le ronzava per la testa ed immediatamente lo yord, il piccolo strumento musicale che portava sempre appeso alla cintura in una custodia, si mise in funzione, azionato dalle vibrazioni sonore della sua voce, su cui era regolato. L'armonia che ne scaturì era incerta e confusa, sia perché la donna cantava piano, sia perché non era in posizione corretta, cioè premuto contro il petto. Veldhris era infatti una cantante, dotata di una voce molto potente dalla notevole estensione nella gamma più bassa delle voci femminili, quella di contralto. Fin da piccolissima, si era rivelata un vero talento, ed era entrata a far parte della Gilda dei Cantori molto giovane; la sua fama era cresciuta velocemente e ormai da alcuni anni era sempre lei che apriva e chiudeva la ricorrenza pubblica più prestigiosa del regno, la Festa di Primavera, che si teneva a fine aprile.

Affascinata dalla propria melodia, Veldhris sfilò lo yord dalla sua custodia e lo mise in posizione. Ondeggiando lievemente per darsi il ritmo, canticchiò finché non fu soddisfatta del risultato, anche in relazione all'accompagnamento, poi ripose lo strumento e tornò a sedersi. Già alcuni versi le si erano formati spontaneamente nella mente, così prese la lunga penna d'oca posata sullo scrittoio, la intinse nel calamaio e scribacchiò in fretta le parole su un foglio:

Il sentiero che parte da casa mia

Chissà dove finisce

Va oltre la patria foresta

E scompare nella foschia

Del giorno che languisce

A colui che resta

Ho dato il mio tenero saluto

Quello di chi in cerca parte

Dell'avventura arcana

Vecchi dal capo canuto

Intenti ai giochi di carte

Guardan giù da un'altana

Dove vai lontan di casa?

Che cerchi oltre i confini

Dell'ombra vespertina?

"Veldhris!"

La voce della madre la strappò dalla sua creazione. Seccata per l'interruzione, la giovane donna alzò lo sguardo in direzione della porta che si apriva nel tronco, dando sulla scala a chiocciola che si snodava all'interno per condurre giù, nella casa vera e propria.

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