Capitolo XVII: La Corona di Luce

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Capitolo XVII: La Corona di Luce

"Che cos'è, in nome degli dei?!" urlò Sekor nel cupo, ossessivo tuonare di mille tamburi che pareva provenire da ogni dove.

"Siamo stati scoperti!" rispose Nirvor, anche lei gridando per farsi udire in quel frastuono infernale. "Svelti, seguitemi!"

Corsero a perdifiato dietro alla loro guida, tanto veloci da minacciare di spegnere le torce; persino Kareth tenne il passo, momentaneamente senza sforzo, spinta dall'ancestrale timore della minaccia ignota che si sente incombere su di sé.

Dopo un centinaio di lunghi passi ed varie curve a gomito, si trovarono all'improvviso di fronte ad alcune figure semiumane armate di grandi scimitarre ricurve.

Nirvor, che procedeva in testa, si fermò di botto, mentre i raccapriccianti armigeri di Xos arretravano istintivamente, spaventati da quelli inaspettata e per loro terribile apparizione di luce. Erano in otto, dotati di un'armatura dipinta di nero; nelle mani unghiate scintillavano sanguigne le scimitarre, illuminate da lanterne rosse appese a ganci nel soffitto.

I compagni di Nirvor si ammassarono dietro di lei, fissando inorriditi quei grugni dall'apparenza bestiale, ferina, e per un lungo momento non poterono muoversi, incerti sul da farsi. I tamburi continuavano a rullare ossessivamente, assordanti.

Vedendoli indecisi, gli armigeri si fecero coraggio a vicenda lanciandosi versacci gutturali e presero ad avanzare, pronti all'assalto, gli occhi gialli luccicanti di brama di uccidere.

Il contrattacco dei viandanti venne dalla persona che meno ci si poteva aspettare: con un unico movimento fluido, sorprendente nella sua precisione nonostante la velocità, Veldhris si fece saltare in mano uno dei pugnali e lo lanciò con forza. La lama penetrò nella gola indifesa dello sgherro semiumano più vicino, squarciando la carne e facendone fiottare un disgustoso, denso icore verdognolo. Per un istante, la scena parve congelarsi: Veldhris con il braccio teso, l'armigero con il pugnale conficcato nella gola, i suoi compagni che lo fissavano disorientati, gli amici della cantante sbalorditi.

Con innaturale lentezza, lo sgherro morto o morente cadde al suolo, rallentando sensibilmente l'avanzata dei suoi compari.

Freydar si scrollò di dosso lo stupore e, tratta dal fodero la sua spada, soverchiando l'assordante tuonare dei tamburi lanciò il suo urlo da battaglia. "Per Zarcon del Fiordo!!"

Brandendo la grande lama, si catapultò in avanti, piombando in mezzo ai nemici come una furia.

"Tamya! Tamya!"

Il nuovo grido di battaglia parve far tremare la roccia stessa, prorompendo dal possente petto di Roden mentre si precipitava, ascia in pugno, in sostegno dell'amico. Mikor lo imitò, seguito a ruota da Sekor, ed i due fratelli si buttarono nella mischia roteando le loro spade.

La lotta infuriò cruenta, ma si risolse nel giro di pochi secondi: alla fine, tutti e otto gli sgherri semiumani giacevano a terra morti, chi con il ventre squarciato dalla grande scure di Roden, chi con la testa fesa dal pesante spadone di Freydar, chi con il grugno lacerato dalle esiziali punte delle lame di Sekor e di Mikor.

Sconvolta da quello spettacolo brutale, Veldhris distolse gli occhi. Non era intervenuta nel corpo a corpo, non possedendo né l'addestramento, né la forza fisica per sostenere uno scontro simile; Kareth e Kejah si erano astenute dall'usare gli archi nel timore di colpire gli amici. Nirvor stessa aveva evitato l'uso della sua magia rivelatrice.

I quattro combattenti pulirono velocemente le loro armi e le riposero, tornando verso le compagne. Freydar si avvicinò a Veldhris e, rivolgendosi a lei come avrebbe fatto con re Oolimar, le annunciò: "Il nemico è stato sbaragliato. Abbiamo riportato una vittoria completa." Poi, vedendola pallida e con lo sguardo a terra, la prese per le spalle. "È tutto finito, Veldy", aggiunse a bassa voce, rassicurante.

La Cerca della Corona di LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora