Capitolo XX: Rakau, Signora dei Draghi Neri

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Capitolo XX: Rakau, Signora dei Draghi Neri

Una delle innumerevoli segrete del Palazzo dell'Oscurità.

Sekor sentiva un rombo insopportabile nelle orecchie, ma non riusciva a muoversi per tapparsele con le mani. Era buio pesto attorno a lui: nessun filo di luce filtrava attraverso le sue palpebre, rese pesanti e gonfie da un sonno innaturale.

D'un tratto si rese conto che il rombo che udiva era il suo sangue impazzito che gli tuonava negli orecchi. Lentamente, il suono decrebbe a livelli sopportabili, ma ora un'emicrania feroce gli trafiggeva le tempie. Infine anche il dolore, gradualmente, si estinse e finalmente il principe poté formulare pensieri concreti.

La prima domanda che si pose, naturalmente, fu: che cos'è successo? L'ultima cosa che rammentava era che scendeva le scale dell'ostello in cerca di Kejah. No, un momento: l'aveva trovata, ed un sergente della milizia locale la stava pesantemente importunando. Senza pensarci due volte, era intervenuto... Sì, ricordava perfettamente la gelida collera che lo aveva pervaso scoprendo quel soldataccio che tentava di mettere le mani addosso a Kejah, una collera che, a ben guardare, era alquanto strana. Certo, indignarsi nel vedere un uomo trattare a quel modo una donna era naturale, ma non era niente se paragonato alla furia, fredda come ghiaccio ma non meno micidiale del fuoco, che aveva provato in quel momento. Tanto più che Kejah era in grado di difendersi benissimo da sola: il pugnale che aveva in mano quando lui era intervenuto era già pronto a sferrare un colpo.

Finalmente riuscì a muoversi ed interruppe il corso dei suoi pensieri. Si accorse di un lucore guizzante, irrequieto, che rompeva il buio circostante, e con uno sforzo riuscì ad aprire le palpebre peste, che parevano incollate. Per un istante vide il mondo completamente sfocato; sbatté più volte le ciglia ed infine la vista gli tornò normale.

Era in una segreta illuminata da un'unica, misera torcia. Non c'erano finestre, così non poteva dire se era ancora notte o se il giorno era già spuntato. Le pareti sgocciolanti si chiudevano sulla piccola cella senza soluzione di continuità, eccettuata la pesante porta di legno massiccio, sostenuta da larghe strisce di ferro smangiato dalla ruggine ma dall'aria ancora resistentissima.

Con un sussulto, Sekor ricordò di colpo quant'era accaduto nella biblioteca in cui erano penetrati: un agguato, il che significava che erano attesi. Un brivido d'orrore lo scosse: Rakau sapeva del loro arrivo. Ecco spiegate le parole di Nirvor una volontà malefica è all'opera.

D'un tratto individuò le sagome dei suoi compagni, stese come lui su pagliericci lerci. Erano soltanto tre. Tutte le armi erano sparite.

Si rizzò a sedere facendo forza sui gomiti, frugando invano gli angoli bui della stretta segreta con lo sguardo: niente da fare, nella cella c'erano soltanto lui, suo fratello, Roden e Freydar. Le donne erano scomparse. Un gemito gli sfuggì al pensiero di Veldhris in balia di Rakau, la testa gli girò e dovette distendersi nuovamente sul pagliericcio umido.

Accanto a lui, qualche istante dopo Freydar si mosse e si passò una mano sul viso, cercando di scacciare la nebbia dell'incoscienza dalla sua mente; si sentiva intorpidito e debole, e quando aprì gli occhi si guardò attorno con diffidenza. Vide il Principe del Vespro che si stava faticosamente rimettendo a sedere, poi girando gli occhi attorno a sé scoprì i compagni che lentamente riemergevano dal sonno drogato in cui erano stati fatti precipitare. Sentendo gravare su di sé lo sguardo di Sekor, Freydar tornò a guardarlo, incrociando i suoi occhi azzurri, solitamente limpidi, ora annebbiati non solo dagli ultimi residui della droga ma anche da una livida amarezza. Ricordò che l'altro aveva un motivo per volergliene, ma prima che potesse parlare si udì la voce allarmata di Roden. "Dove sono Veldhris e le altre?"

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