Capitolo XIII: Interludio

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Capitolo XIII: Interludio

In quel cupo castello, in cui era impossibile immaginarsi l'animata vita di corte che si teneva al Verde Palazzo di Tamya, le uniche distrazioni erano la musica, il gioco della dama – che i sette stranieri non conoscevano – e quello dei dadi, oltre che alle cavalcate, le quali sarebbero però cominciate solo quando i loro destrieri fossero giunti dal torrione del Maliscalco Zonev.

Nel frattempo le giornate passavano monotone. Veldhris si annoiava e la sua vena poetica ne risentiva, giacché dopo aver rifinito Inno all'Unicorno, ispiratole dalla vista delle sconfinate pianure nella Kirtonia oltre il Lago dalle Acque Nere, non aveva più né scritto versi né composto musica e nemmeno cantato.

Neys s'informò riguardo alle armi che avevano perso nel naufragio e ne procurò di nuove per tutti gli ospiti: un grande arco di frassino per Sekor con una faretra piena di frecce, un'enorme ascia per Roden e due archi più piccoli in legno di tasso per Kareth e Kejah. Freydar e Mikor, che erano riusciti a conservare le loro spade, ricevettero due coltelli da caccia della particolare foggia ricurva dei kirton; Freydar, che aveva perduto la sua cotta di maglia nel naufragio, se ne vide consegnare una nuova, più leggera ma, in virtù dell'abilità metallurgica dei loro ospiti, più resistente della precedente.

Quanto a Veldhris, in sostituzione del pugnale disperso nella furibonda lotta contro il Kraken, si vide porgere due stiletti affilati come rasoi, molto sottili e perfettamente bilanciati, ideali per essere nascosti nelle maniche e venir lanciati a distanza. Naturalmente la cantante non aveva idea di come usarli, così Esteya, la giovane seconda moglie di Coriv, essendo un'esperta si offrì di insegnarle.

Nirvor tardava, ma Veldhris non si preoccupava: a parte il fatto che un comune mortale non aveva alcun bisogno di preoccuparsi per un essere ultraterreno come l'Argentea, la cantante sentiva, proprio come aveva sentito il richiamo della Maga Rova, che Nirvor non era in pericolo, per cui stava tranquilla ed attendeva il suo ritorno senza ansia, cercando invece di godere di quell'inaspettata pausa di relativa serenità.

OOO

Un mattino all'alba, Kareth si svegliò da un sogno che l'aveva turbata pur senza che riuscisse a fissarlo nella memoria. Incapace di riaddormentarsi e sentendosi nervosa, la cacciatrice balzò dal letto, si vestì in fretta, agguantò l'arco e scese al pianterreno, cercando il cortile piccolo del castello, dov'era stato allestito, appositamente per lei, Kejah e Sekor, un tiro al bersaglio. Era strano, ma scoccar frecce una dietro l'altra le calmava sempre i nervi, ed anche quel mattino, nel castello ancora addormentato, Kareth si sfogò contro il bersaglio, senza la consueta precisione ma con lo stesso entusiasmo di sempre. A poco a poco si rilassò e, a dimostrazione del fatto, le frecce cominciarono a piantarsi regolarmente nel centro esatto del bersaglio; ma poco dopo la sua tranquillità appena conquistata andò di nuovo all'aria, perché nel cortile pose piede Neys.

Appena lo vide, ancora fermo sulla soglia a guardarla, Kareth sentì una strana oppressione alla bocca dello stomaco ed il cuore le diede un balzo nel petto.

Neys s'accorse che lei l'aveva visto. "Buongiorno", la salutò disinvoltamente, avanzando nel cortile con il suo passo elastico. "Ti sei svegliata presto, stamattina."

Kareth lo osservò avvicinarsi, senza rendersi conto che lo stava divorando con lo sguardo. Dopo un attimo, s'accorse di non aver risposto. "Uh, sì, a volte mi capita", riuscì a spiccicare, dandosi subito mentalmente della stupida per non essere riuscita ad assumere un contegno spigliato. Distolse bruscamente gli occhi e tornò a fissare il bersaglio, su cui campeggiava un'unica freccia piantata esattamente nel centro.

Neys seguì la direzione del suo sguardo. "Bel tiro", commentò.

"Grazie", rispose lei automaticamente. Ardeva dalla voglia di sapere cosa ci fossi venuto a fare Neys lì. Forse l'aveva vista scendere? E se sì, perché l'aveva seguita? O era solo un caso?

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