Capitolo IV: Il peso delle profezie
I quattro giovani raccolsero le loro cose e si inoltrarono fra le rovine della città. Veldhris, il cagnolino ferito in braccio, li guidava, cercando di individuare la fonte di quel misterioso richiamo che sentiva nella mente.
Vagarono a lungo per quel paesaggio disastrato, e dopo qualche tempo Veldhris si accorse che si stavano avvicinando all'Albero Albino, che giaceva abbattuto all'estremità orientale della radura. Le immense radici divelte s'alzavano verso il cielo, contorte e deformi, simili a braccia levate in cerca d'aiuto. L'involontario paragone fece scorrere un brivido di raccapriccio lungo la schiena di Veldhris. Inconsapevolmente strinse più forte il cagnolino, ma così facendo gli toccò la zampa ferita. La bestiola mandò un guaito breve quanto acuto, che fece sobbalzare la giovane donna.
"Scusami, piccolo", sussurrò, dispiaciuta, accarezzandogli la testolina. Poi, qualcosa di simile ad un sorriso le sfiorò le labbra. "Ti chiamerò Rollie", decise, rivolgendosi al cagnetto come se la potesse comprendere parola per parola. "Rollie, hai capito? Ora ti chiami Rollie."
Poiché gli stava accarezzando il musetto, Rollie tirò fuori la linguetta e le leccò il palmo della mano, facendole il solletico. Veldhris rise piano, un riso dolce e pieno di tristezza. "Sì, piccolo Rollie, hai trovato un'amica", mormorò.
Di tutto questo i suoi compagni, che si tenevano indietro, non avevano visto o udito nulla, e solo più tardi avrebbero appreso il nome che Veldhris aveva scelto per il suo nuovo amico.
Poco dopo, ormai nelle vicinanze dell'Albero Albino, una figura sbucò all'improvviso sulla sommità di un ennesimo cumulo di macerie. Veldhris mandò un grido d'impaurita sorpresa prima di riconoscere la figura. "Sekor!" esclamò, sgranando gli occhi verdi.
Il principe la fissò a bocca aperta, incredulo, poi in pochi balzi scese dal mucchio di rovine e le fu di fronte. "Veldhris!" proruppe. "Speravo che ti fossi salvata, sapendoti alla Radura del Lago..."
"Sekor, non hai idea di quanto sono contenta di vederti..."
Le loro voci si sovrapposero, concitate, poi Veldhris, accorgendosi dell'eccessiva famigliarità con cui aveva apostrofato il principe, arrossì. "Chiedo perdono, Altezza", si scusò, imbarazzata. "Non intendevo mancarvi di rispetto."
Sekor rimase interdetto ed aprì bocca per protestare, ma un rumore alle sue spalle lo indusse a voltarsi: in cima al cumulo si stagliava un'altra sagoma, che riconobbe subito. "Mikor, fratello mio, a quanto pare non siamo gli unici esseri viventi rimasti a Tamya", disse ad alta voce, invitando l'altro a raggiungerlo con un gesto del braccio.
Mikor si avvicinò rapidamente, muovendosi con l'agilità di un felino, e Veldhris si ritrovò a sostenere lo sguardo di un paio di occhi azzurri, assai simili a quelli di Sekor ma del tutto privi di calore. Alto e longilineo come il fratello minore, per il resto gli assomigliava poco, avendo i capelli scuri e ondulati, tenuti lunghi sul collo; inoltre, i lineamenti irregolari e la bocca troppo larga dalle labbra carnose gli conferivano un'aria di sensualità animalesca che fece accapponare la pelle a Veldhris. Subito la donna seppe che il nuovo Signore della Foresta non le sarebbe mai andato a genio, al contrario di suo fratello.
"Sono lieto di rivederti, Teewadil", dichiarò Mikor, con tono cortese che però non smentiva il gelo degli occhi. Fissò poi i compagni della cantante, che si erano tenuti un po' in disparte.
Sekor notò la direzione dello sguardo del fratello. "Sono veramente contento che anche voi vi siate salvati", disse, rivolgendosi a Roden e alle gemelle. "Mikor, questi sono i parenti di Veldhris Teewadil: Kareth e Kejah Lyaradil, sue cugine, e Roden Baroden, suo fratello."
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La Cerca della Corona di Luce
FantasíaDopo la caduta dell'Impero di Shyte ad opera di Rakau, Signora dei Draghi Neri, i pochi superstiti sfuggiti alla furia distruttrice del Potere Oscuro si rifugiarono in luoghi impervi e nascosti, come oasi nel deserto, isole nell'oceano, altipiani in...