1.1 - BEVERLEY 🔞 💋

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TW: questo capitolo contiene linguaggio volgare e descrizione di pratiche sessuali che potrebbero non essere gradite da tutti.

«Bev! Beverley!» l'urlo arriva da sotto di me. Mi volto restando aggrappata al palo dell'impalcatura. A terra, tre metri più in basso, Damien circola per il palcoscenico come una formichina.

«Sono qui» faccio partire l'avvitatore un paio di volte. Chissà se lo sente, da qui, col casino che c'è.

Tira su la testa «Bev, eccoti». Sventola la mano.

«Dimmi».

«Beverley Mark, hai studiato prima di venire qui?».

Butto indietro la testa annoiata. Che palle. «Damien, per favore! l'esame ce l'ho...».

«Tra due settimane!» mi guarda severo e incrocia le braccia.

Trattengo il fiato. Due settimane? «Ma che giorno è oggi?».

«Venerdì, ghiro!».

Con un salto, sono giù dall'impalcatura. La botta dei miei piedi sul legno del palco è così forte che molti si voltano.

Sam, il roadie, si sposta il cappello da cowboy sui capelli bianchi e abbassa gli occhiali da sole «Porco cane, Mark, sono tre metri di altezza! Cosa cazzo ci stanno a fare le scale secondo te?».  Mi lancia uno sguardo sottile di rimprovero.

«Eddai Sam», indico da dove mi sono gettata. «Tre metri meno uno e ottanta, sono solo due metri e venti».

Uno schiarirsi di voce accanto a me mi riporta alla realtà «Signorina?» Dam mi fissa.

«Cazzo, l'esame». Gli sbatto l'avvitatore in mano. Mi faccio largo schivando i tecnici che portano pali e cavi e corro nel mio van a prendere i libri mentre da lontano grida. «Modera i termini ragazzina!».

«Ho diciotto anni, non sono più una ragazzina» non mi volto nemmeno a rispondere. Tra l'altro, guarda tu se mia madre deve organizzare un tour a cavallo degli esami di ammissione al MIT. Non ho un momento di pace!

Il van è vuoto, la temperatura più mite di quella fuori. «Dio benedica l'America e l'aria condizionata».  La tuta da lavoro scivola sul pavimento in ceramica e resto in mutande. 

Prendo i libri, per fortuna di mio fratello non c'è l'ombra, posso studiare in pace.

Mi stravacco sul divanetto con ancora il cuore in gola e apro il libro dei test.

Dopo un'oretta, qualcuno bussa alla porta.

«Chi è?».

Una fessura si apre e rivela due occhi castani.

«Bev... S~ sei li~ libera?».

Conosco quella voce, sa di guai in vista.

Tobias. Il secondo figlio acquisito di Ella, mia zia. 

Ha l'età di mio fratello.  Se lui è qui, vuol dire che sono qui anche le madri. E forse anche Jane, la sorella maggiore. La mia vita è finita.

Apre la porta, la chiude piano e si avvicina. Metto giù le gambe dal divanetto e lo guardo alzando un sopracciglio. «Tobias... Sei cresciuto. Quanti anni hai?».

«Ho d~ iciotto anni. C~ compiuti a m~ maggio», dice a mezza voce, e arrossisce.

Si siede accanto a me e mi mette una mano sulla gamba. Un campanello di allarme suona nella mia testa. Maledico quel giorno.

La allontano. «Senti, Toby, devo studiare».

«T~ ti prego. Io è da un p~ po' che ne ho v~ voglia».

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