1.7 - BEVERLEY 💋🔞

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TW: questo capitolo contiene linguaggio volgare e descrizione di sesso.

Il mattino dopo, Mandy ritorna all'attacco. A colazione, quando ci siamo tutti.

Fissa il mio piatto dove dentro ci sono le uova e i fagioli.

«Ah, quindi non abbiamo smesso di fare le abbuffate mattutine» sorride scaltro, intinge un biscotto diet nel the, che di sicuro non è zuccherato. «Se viene un uragano, certamente non vi sposta».

Jane, accanto a lui, fa una risatina.

«Se viene un uragano, leggero come sei sposta di sicuro te, così mi libero di un rompiscatole una volta e per sempre». Gli rispondo.

Fa una smorfia. Aver preso da mia madre la prontezza di risposte, mi risparmia un sacco di scocciature.

Metto giù la forchetta e mi alzo con il piatto vuoto «A proposito di uragani, meglio evitare di parlarne il mattino, soprattutto quando si fa un concerto».

Come se mi fossi portata sfortuna, a metà serata mi arriva un'allerta meteo: un uragano che non doveva nemmeno toccare la costa si sta dirigendo verso di noi.

Ho il cuore a mille, l'adrenalina che mi gira nel corpo. Chiunque si farebbe prendere dal panico, ma io so cosa fare in situazioni di emergenza. Mi immetto nella linea di sicurezza «Aprite i cancelli e fate suonare le sirene».

Prendo la linea dell'auricolare di Damien. «Allerta meteo! Ferma il concerto e dì a tutti i presenti di uscire! Uragano in avvicinamento, tra pochi minuti sarà qui!» A concludere il mio comunicato, un tuono da lontano che mi vibra nelle ossa, insieme al vento che fischia.

Damien invita tutti i presenti ad uscire, faccio cenno alla manovalanza che, come una squadra di api operaie si danno da fare per abbassare il più possibile le impalcature. Mi rivolgo a Mandy, che sembra la mia ombra «Corri! Aiutami!».

Vado verso i quadri e inizio a staccare le molteplici spine, insaccare le attrezzature e metterle in sicurezza nei camion più vicini, col vento che si alza, urlo le direttive agli altri.

Grosse gocce iniziano a cadere laterali, schiaffeggiano la pelle come proiettili e impediscono la visuale. Tutti si danno da fare tra le raffiche di pioggia.

Rimaniamo sotto la tempesta per un tempo indefinito: le attrezzature non si possono bagnare o, appena finito, ci saranno migliaia di dollari di danno, e non sono nemmeno nostre. Mettiamo via l'ultimo quadro, io e Mandy, zuppi d'acqua. Poi, corro verso il mio van. Mio fratello non è in giro, ormai non c'è quasi nessuno. Spero che il caso abbia voluto farlo trovare con Tobias, magari concludono qualcosa. Sto per chiudere la porta del mio camper quando qualcosa la ferma. Dietro c'è Mandy che spinge per entrare.

«Che fai qui?»

«È il posto più vicino! Mi vuoi lasciare fuori?» si lamenta tra gli ululati del vento.

Te lo meriteresti.

Lo faccio entrare prima che una folata di vento se lo porti via davvero.

Chiudo la porta «Cazzo, sono zuppa fino alle ossa». Tolgo maglietta e pantaloni, ho le mutandine incollate al culo, in un paio di tentativi slaccio anche il reggiseno scivoloso. Per terra c'è una pozza d'acqua e accanto a me ce n'è una seconda.

Metto le mani sulla camicia di Mandy. Indietreggia e schiaffeggia le mie braccia. «Che fate?».

«Faccio quello che dovresti fare anche tu, Mandy. Non voglio bagnare dappertutto. Spogliati, che qui mica c'è la donna delle pulizie che asciuga per terra!».

Vado a prendere una bacinella per raccogliere i miei vestiti e lui è impietrito di fronte alla porta, ancora gocciolante. Torno con un asciugamani avvolto sul corpo. Lo guardo e mi chino a raccogliere i panni zuppi. «Allora ti dai una mossa?».

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