2.5 - PATRICK 💋🌶

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TW: questo capitolo contiene linguaggio volgare e descrizione di scene spicy.

«Così non sei solo il figlio di papà che è entrato qui per favoritismi» una voce bassa rompe il silenzio della biblioteca. Mi volto, dietro di me c'è lei, che mi raggiunge e appoggia i suoi testi vicino ai miei.

Malgrado sia quasi novembre, inizio a sentire caldo e, non credo sia il riscaldamento. Quelle onde rosse mi fanno salire la temperatura e la pressione.
Anche per questo, per due settimane ho tentato di ignorarla e mettermi sotto con gli studi. E nelle prime tesine sono riuscito a farmi notare.

Prende la sedia accanto alla mia e si accomoda, poi mi fissa. I suoi occhi verdi mi ricordano qualcosa. Un grido di piacere, di una tonalità molto più alta della voce con la quale mi sta parlando. Sta accennando un sorriso e io contraccambio «Devo dimostrare che lo merito, questo posto, no?».

Giocherella con la matita per qualche minuto, vorrei ignorarla ma il suo profumo mi investe come un tir. Mi ricorda il profumo della torta di mele che ha segnato la mia infanzia e i miei momenti felici, prima che mi rendessi conto che dovevo essere un arrampicatore sociale.

Torno a prendere appunti per farla sparire dalla mia mente, ma lei insiste. «Mi stai facendo concorrenza».

Vorrei evitare di guardarla troppo. Indossa la tuta dell'università e ha i capelli raccolti. Le fanno un viso un po' squadrato e ha lo sguardo strafottente, ma non posso fare a meno di provare brividi di piacere, è una specie di elettricità, una carica sensuale a cui non so resistere.

Agito un po' la penna, per mascherare la mano che mi trema. «Ti senti in competizione?» le faccio un mezzo sorriso poi riprendo a guardare le formule sul libro, ma ora, mi sembra che non abbiano più senso.

«Perché no? A volte avere qualcuno con cui competere può essere stimolante».

«Io non sono competitivo» taglio corto.

«No?» domanda, e da quel che posso intuire, sembra sarcastica e non poco. «Non ci credo. Del resto, hai dimostrato che sei bravo per far vedere che non sei il figlio di papino, no? Non è competizione anche questa?».

«No. L'ho fatto per dimostrare a me stesso che valgo qualcosa, ma non mi voglio mettere in competizione con te». Sono stufo, chiudo il libro e il tonfo sovrasta di nuovo il silenzio e mi allontano da lei. È stata lei a non voler parlare con me né accettare le mie scuse, ora sono io che non voglio. La porta di legno e vetro della biblioteca sembra più pesante, come se non si volesse aprire, o sono io? Davvero non voglio saperne?

«Vuoi dire che non vuoi dimostrare di essere meglio di me?» Ancora lei di fianco e la sua voce mi sta eccitando. Perché mai dovrei essere così preso da un'americana del sud?

Stringo la maniglia di corno, quasi mi fa male la mano. «Non devo dimostrare niente a nessuno». Vero, non mi sento in competizione con lei.

Non più.

Mi si blocca il respiro nella gola. Perché mi sto dicendo questo?

«Ho detto che hai dimostrato di essere bravo. Non che sei meglio di me» mi fa notare.

Competizione. Mi sale la temperatura del sangue e non so nemmeno io il perché. La bocca mi si fa amara, come se avessi del fiele da sputare e...

Cazzo, cos'è questo sapore dietro la lingua? Ancora torta di mele. Mi volto ed è come se mi si sciogliesse il cuore. Quanto la desidero, lo sento in ogni momento e non solo quando lei è vicina. «Non voglio una competizione». Mi avvicino, i suoi occhi non abbandonano i miei, mi sembra di essere un parafulmini, da come percepisco l'elettricità tra di noi. Il mio viso quasi sovrasta il suo, pochi centimetri e la potrei baciare. «Una scommessa. Se avete il coraggio, lady Mark».

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