2.11 - PATRICK 💋

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TW: uso di linguaggio volgare.

Non vuole venire a vivere con me. Preferisce stare con le sue "amiche", che per poco non l'hanno fatta ammazzare.

Ci ho pensato tutta la settimana. Era sotto un qualche tipo di droga e sproloquiava, vero. Ma se fosse davvero incinta?

«Patrick? Stai bene?». Jane.
Mi volto e la guardo, sovrastata dalle ombre dei grattacieli di New York, Fifth Avenue, giusto per fare un po' di shopping e non farmi sentire che ho dei problemi di erezione. Ma il profumo di mela che esce dalle gambe di Mark, me lo fa venire duro anche se mi rifugio tutte le sere in bagno a masturbarmi.
Cazzo, ogni cosa mi ricorda lei, persino lo sciacquone del bagno, dopo quello che mi ha detto che le diceva quel tizio.

E comunque, la conversazione che abbiamo avuto quella notte, si ripete nella mia testa come un registratore.

Entriamo da Dolce e Gabbana. Mi distraggo a osservare i vestiti da uomo. Jane mi dice qualcosa a proposito di andare in qualche camerino.

«Mark, vieni , ti porto a letto».

«Sì... Portami a letto Mandy. Voglio venire ancora a letto con te!».

«Mark, non sono Mandy...».

«Sono la tua lady. Dammi del voi».

«Ma quanto ti hanno dato da bere?».

«Ti prego Mandy prendimi».

Le sue braccia avvinghiate al mio collo, la sua voce impastata dalla droga.

«Ti piace questa, Patrick?».
Alzo gli occhi per un attimo, Jane ha in mano una giacca nera con decorazioni bianche floreali. Annuisco.

«Lo so che ce l'hai duro. Ce l'hai sempre duro quando mi sei vicino. Io ti piaccio, Mandy... Prendi la tua cavalla da dietro. Il mio culo è solo tuo».

L'odore di torta di mele che si confondeva con quello del succo di frutta che aveva bevuto. Avrei potuto baciarla. Avrei potuto approfittarne.

«Senti, Mark...».

«Lady. Io sono la tua Lady».

Piangeva mentre la rimettevo a letto.

«Queste scarpe sono perfette». Jane applaude davanti a un paio di scarpe a stivaletto, stile anni sessanta.

«Sono arrabbiata con te. Ti voglio solo per me. Non voglio fare da amante. I Mark sono esclusivisti, Mandy. Sei solo mio».

A quelle parole non ci ho più visto. Ho desiderato essere quel Mandy, più del momento in cui mi hanno detto che potevo entrare al MIT e ho detto che avrei fatto qualsiasi cosa.

«Mark, ora calmati».

Il suo viso imbronciato, chissà se doveva insistere così anche con lui.

«Cosa devo fare con te, Mandy?».

«Dormire un po', Mark».

Piangeva a letto, nel buio.

«Mark. Come va?».

«Male».

«Stai male?».

«Sono incinta, Mandy. Di te. Mia madre non lo sa. Nemmeno Damien».

Era un delirio o diceva sul serio? Il mattino dopo diceva che delirava. Ma se volesse solo nascondermelo?

«Quando... Di quanti mesi sei?».

«Agosto, quella sera in Francia. Ero così incazzata che non ho preso la pillola. Tu mi hai fatto incazzare. E poi il mattino dopo mi hai scopato così bene...».

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