Mi svegliò un rumore incessante nella mia stanza, io che aprivo gli occhi cautamente mentre mi trovavo l'uragano di mia cugina in camera che mi esplorava l'armadio.
Mi alzai dal letto strofinandomi il viso, mia cugina che mi sorrideva radiosa mentre mi lanciava dei vestiti e mi spingeva verso il bagno.
Mi gridò di farmi una doccia veloce prima di chiudere la porta, io che mi guardavo intorno spaesata non sapendo neanche che ora fosse.
Comunque eseguii i suoi ordini, bagnandomi leggermente i capelli che erano rimasti senza forma dal giorno prima e vestendomi rapidamente.
Mi aveva dato un costume verdognolo e un pantaloncino di jeans e un top blu, io che uscivo dal bagno mentre mia cugina mi veniva incontro sorridente.
"Ok, perché sei così felice? Non sei mai felice di prima mattina."
"Sono le dieci."
"Appunto."
Lei scosse la testa e mi diressi verso la mia camera, mettendomi il deodorante e un pizzico di profumo mentre mia cugina mi passava la mia borsa mare rigorosamente già preparata.
Mi trascinò velocemente in cucina per salutare nonna e poi non mi diede nemmeno il tempo di fare colazione, lei che mi teneva per mano mentre mi portava fuori di casa.
Aveva anche lei una borsa in stoffa con, ciò che supponevo, contenesse i suoi prodotti da mare, e la osservavo saltellare qua e là mentre svoltavamo per una delle stradine che portavano al mare.
La facevamo sempre da ragazzine, il sentiero intriso di natura che ci metteva sempre ansia ma mai abbastanza da cambiare strada.
Ci abbassammo per passare sotto il ponticino del fiume, la sua mano ancora nella mia mentre si fermava difronte una panetteria, un altro nostro punto storico.
Prendemmo una brioche e un cornetto, io che ero finalmente riuscita ad offrire qualcosa a qualcuno e osservavo mia cugina camminare felice.
E nel frattempo mi chiedevo cosa l'avesse resa così tanto allegra.
Perché, davvero, stavo iniziando a spaventarmi.Sorrisi nostalgicamente quando ci trovammo difronte il nostro, solo mio e suo, solito lido, le tende gialle che si distinguevano da tutto il lungomare.
Da ragazzine ci venivamo spesso poiché a lavorare al bar ci stavano gli amici di Ilenia, e io quei pochi giorni che passavo in questo paesino li trascorrevo sempre con lei e i suoi amici.
Mi girai intorno, i miei occhi che registravano tutti i piccoli cambiamenti di quel posto dall'ultima volta in cui ci ero stata.
Che era stato circa tre anni prima, ormai.
Prendemmo un ombrellone, in ultima fila come tanti estati prima, e ci mettemmo velocemente la crema solare prima di scappare verso il mare.
Guardai Ilenia sorridere felice, il suo volto finalmente spensierato dopo anni e anni impegnati nell'accettare sé stessa, lei e le sue diversità ugualmente meravigliose.
Mia cugina ricambiò il mio sguardo con altrettanto amore e finalmente capii il motivo di tale gesto, il motivo di tanta felicità che nascondeva la sua immensa tristezza.
Perché le mancavo e lei mi mancava, e sapevo che questo sarebbe stato un altro dei nostri tanti arrivederci.
Passammo l'intera giornata al lido, noi che alternavamo le partite aggressive a carte e dei bagni a mare, parlando di tutto quello che avevamo in mente e oltre.
E quando alle sei l'avevo sentita sospirare guardando l'orario sapevo che finalmente il momento fosse arrivato, che questo piccolo ritorno alla nostra adolescenza fosse terminato e che dovessimo tornare ad essere adulte.
E l'accompagnai alla stazione, lei che si era fatta una doccia e cambiata velocemente al lido e aspettava che zia portasse le sue valigie.
E stranamente fu puntuale, le sue braccia che si stringevano fortemente attorno le spalle di mia cugina mentre le sussurrava qualcosa nell'orecchio.
Perché la paura che lei non stesse bene non se n'era mai più andata.
Il treno arrivò e anche l'ora di andarsene, lei che si staccava dal mio abbraccio velocemente e mi dava un ultimo sguardo complice, uno di quelli che ci dedicavamo l'un l'altra perché eravamo veramente le uniche a capirci fino infondo.
Sono orgogliosa di te, mi mimò con le labbra, la porta che si stava per chiudere.
Io di te, le mimavo in risposta, il mio petto che si appesantiva per un secondo prima di alleggerirsi improvvisamente, la porta che si chiudeva e lei che si spariva in uno degli scompartimenti.
E zia mi salutò velocemente e sapevo fosse commossa, e mi sedetti alle scale della stazione non sicura di cosa provassi, il telefono in mano mentre automaticamente il mio dito cliccava sul suo numero.
"Mart?"
"Hi Lando."
"Weren't you with your cousin?"
"She just took the train. She left." E davvero, mi pentii mille volte di non aver passato ogni mio minuto disponibile in sua compagnia.
"Oh. How are you?"
"No, it's fine, it's just- I'll miss her. However, I don't I'll com-"
"Don't you dare finish that sentence. You'll come whatever you like it or not."
"Lando c'mon!"
Per qualche secondo sentii solo silenzio, il rumore lontano di passi che mi fece pensare si stesse allontanando e il suo respiro leggero.
"Ok, I'm all alone now. You can tell me that you don't wanna come because of Charles."
"Well, you already said it for me so-"
"Mart!"
"What!"
"Just- I know you probably didn't even listen to what he wanted to say to you last night, but I promise you there is a reason behind all of this and if you would just-"
"I don't care, Lando, I already told you I don't want to be involved in this kind of things."
"You do care, tho." E sospirai perché sapevo che avesse ragione. E perché mi conosceva così bene.
"I know. But I care more about you so I don't wanna to- like- fall in love with him or something and never speak to you at all."
"You know that you'll never get rid of me, yeah?"
"Well, I didn't know."
"Now you do."
"Now I do."
"I'll pick you up at nine."
"Whatever you say, papaya."
"Ouch- who taught you that?"
"Tiktok."
"And I tought you already learnt your lesson about that app.."
"Lando!"
"What!"
"You are very, very evil man!"
"Just telling the truth!"
E passammo qualche altro minuto a bisticciare, lui che mi tenne compagnia per tutto il tragitto di casa e mi distraeva dai numerosi pensieri che avevo in testa.
E quella sera mi passò veramente a prendere alle nove, costringendomi ad uscire di casa mentre mi infilavo un outfit a caso, io che finivo ancora una volta seduta tra Lando e i due fidanzatini mentre Carlos era nel sedile davanti e Leclerc guidava.
E anche se io e il monegasco non parlammo proprio quella serata, potevo sentire i suoi occhi su di me tutto il tempo. E mi rassicurarono che il mio sguardo non fosse l'unico ad essere spento.
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Gocce d'estate[C.L]
RomanceDove una ragazza persa incontra un ragazzo ancora più perso e insieme ritrovano la via di casa. Oppure. Martina ha ventun anni e nessuna idea di chi sia, di cosa voglia a fare e quale siano le sue aspirazioni. E quando si ritrova improvvisamente a...