La serata era passata velocemente, noi ragazze che avevamo passato un'oretta a fare shopping trasportandoci i ragazzi dietro e poi eravamo volati via alla pizzeria.
Avevano deciso di andare da zia, al locale dov'era tutto iniziato, e io avevo sorriso malinconicamente e avevo prenotato il tavolo veloce.
Che, ironia della sorte, fu lo stesso di tanti notti prima, le mie guance che erano tirate da quanto stessi ridendo.
Perché l'atmosfera era sempre gioiosa e i litigi giocosi scoppiavano da un momento all'altro.
E avevo scoperto che anche lo spagnolo sarebbe partito quella sera, che voleva passare gli ultimi giorni disponibili con la sua ragazza. Ma evitai di battere le mani emozionata quando il monegasco mi disse che lui sarebbe rimasto qualche altro giorno, giusto fino a martedì notte. Perché non volevo darmi false speranze. Perché forse voleva semplicemente qualche giorno di relax in più ed io ero solo un'aggiunta accidentale.
E ignoravo il suo piede che ogni tanto mi sfiorava la gamba. E facevo finta di non notare il suo sguardo insistente sulla mia figura.
Perché se lo avessi riconosciuto, se avessi ammesso che forse la possibilità che non gli fossi totalmente indifferente esistesse, sapevo che alla fine dei conti quella che ci sarebbe rimasta peggio sarei stata sempre e solo io.E mentivo. A me, a lui, a Kika e Lando.
E li portai ancora una volta alla nostra gelateria, la prima di quello storico martedì, mentre ridevo e ridevo e ridevo ancora.
Perché ci stavano mettendo impegno nel nascondere quella nota velata di malinconia, di addio.
Perché continuavano con l'insistere fosse semplicemente un arrivederci.
E così quando all'una arrivammo a casa loro residui di un grande gelato, quando scoprii mancavano solo circa quattro ore alla loro partenza, avevo deciso senza esitazioni che avrei passato quella notte con loro, io che mandavo un messaggio a nonna mentre gli altri facevano partire un film, Una notte da leoni sullo schermo.
E ridemmo a crepapelle, Lando a terra poggiato sulle mie ginocchia che si teneva la pancia e Kika che si asciugava le lacrime alla mia sinistra.
E ogni tanto la sua mano sfiorava la mia, i suoi occhi che mi vagavano addosso mentre mi poggiavo su di lui, mentre intrecciavo le mie dita con le sue e le nascondevo dietro i nostri corpi.
E non era che volessi tenerlo segreto, non era che me ne vergognassi. Semplicemente era un momento nostro, uno di quelli che sapevo sarebbe stato il primo e l'ultimo a venire.O forse non lo sapevo ma cercavo solo di auto convincermene.
Comunque non riuscimmo nemmeno a terminare di vedere il secondo, Pierre che si alzava e iniziava a trascinare le valigie verso l'ingresso.
E annuii quando Lando mi chiese di farci una passeggiata, il mio sorriso dolce mentre uscivamo di casa; la meta sempre la stessa.
E ci sedemmo alle scale, alla nostra scalinata, e lui poggiò la testa sulla mia spalla, io che mi aggrappavo al suo braccio e pensavo a non lasciarlo mai più.
E mi disse di come gli sarebbe mancato vedermi tutti i giorni, che non sapeva come disiabituarsi alla mia presenza.
E io gli confidai che condividevo le sue stesse paure, che anche io avevo bisogno di lui ormai.
Ma poi si fece l'orario e lui dovette alzarsi, il suo braccio che si intrecciava al mio per l'ultima volta quell'estate mentre mi trascinava verso casa.
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Gocce d'estate[C.L]
RomanceDove una ragazza persa incontra un ragazzo ancora più perso e insieme ritrovano la via di casa. Oppure. Martina ha ventun anni e nessuna idea di chi sia, di cosa voglia a fare e quale siano le sue aspirazioni. E quando si ritrova improvvisamente a...