25. Shopping

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Avevo passato tutto il pranzo a parlare con nonna di quello che fosse successo la sera prima, nonno che guardava il telegiornale e neanche ci sentiva mentre l'anziana annuiva attenta.

Avevo saltato qualche piccolo dettaglio, che forse tanto piccolo non era ma non aveva bisogno di saperlo, ma nonostante ciò nonna sembrava essere soddisfatta, le sua labbra arricciate in un sorriso intenerito mentre mi diceva quanto i miei occhi brillassero in quel momento.

E si, continuavo ad odiare sentirmi così vulnerabile, così toccata da una persona quasi sconosciuta; eppure quella mia parte razionale sembrava essere completamente sommersa dai miei sentimenti, da il mio cuore che batteva sempre più forte quando anche solo parlavo di lui.

E nonna aveva capito quando le dissi che quella sera sarei uscita un'altra volta, l'ultima di quell'estate con quel meraviglioso gruppo, il petto che mi doleva al pensiero di non vedere più quegli splendidi ragazzi.

Perché con Lando lo sapevo che non avrei perso il rapporto, entrambi ormai troppo abituati alla presenza costante l'uno dell'altra.

E sapevo anche che io e Kika ci saremmo sentite spesso, forse non ai livelli del pilota McLaren ma quella voglia di spettegolare ci avrebbe sempre legato profondamente.

E di Pierre e Carlos mi dispiaceva ma sapevo che attraverso il ricciolino e la portoghese li avrei sentiti comunque, e magari prima o poi sarei pure riuscita a scambiarmi il numero con loro.

Eppure era il monegasco a mettermi più in crisi, a farmi mancare l'aria.
Perché non eravamo niente, solo due notti di fuoco e pura passione, ma il suo sguardo perseguitava il mio, e la sua risata riecheggiava nelle mie orecchie.

E sapevo fosse stupido pensare di poter essere qualcosa, sapevo fosse impossibile; e sapevo anche che questi fossero i nostri ultimissimi giorni insieme, e che se anche fossi andata a vedere le loro gare in questi mesi niente mi assicurava che lui mi avrebbe rivolto parola.

Perché era meglio pensare in negativo, perché lui la situazione me l'aveva spiegata.

Così ebbi il tempo di farmi un doccia, di lasciare i capelli al loro stato naturale, e mi cambiai velocemente, l'orologio che segnava già le cinque mentre io non ero ancora pronta.

E mi misi un top a fazzoletto in raso blu e un pantalone a palazzo panna, un paio di sandali col tacco blu notte ai miei piedi e una borsetta dello stesso colore sulla spalla.

Feci la mia solita make-up routine per la sera e mi spruzzai un bel po' di profumo addosso, le mie mani che tremavano mentre aprivo la porta.

Perché quella era veramente la nostra ultima sera d'estate, e perché desideravo ardentemente fosse perfetta.

E mi ero trovata una macchina davanti al portone e avevo alzato gli occhi al cielo, perché sapevano benissimo che potessi venire a piedi ma la premura era sempre troppa.

Aprii la portiera e sorrisi dolcemente al ricciolino al volante, i suoi occhi luminosi mentre ricambiava il mio sorriso.

Ed anche lui sembrava un po' triste, anche lui sembrava assente, e gli strinsi la mano durante il viaggio mentre tenevo la testa poggiata al finestrino.

Perché non lo conoscevo e lui non conosceva veramente me, eppure conosceva il modo in cui io pensavo, in cui io ragionavo. E questo era meglio di altre mille parole.

E quei pochi minuti passarono in silenzio e sapevo dovesse essere immerso nei pensieri tanto quanto me, il pilota McLaren che mai lo avevo sentito stare così tanto tempo senza parlare.

Gocce d'estate[C.L]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora