12. Capitolo Jamie Lewis

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“La paura non si piazza mai.”
LORENZO BANDINI

Finalmente questa giornata è finita. Ho delle belle sensazioni in macchina, anche se devo ammettere che la RED di Paul non è da meno, sembra volare. Mi preparo nella mia camera d’albergo e, nell’attesa di raggiungere la mia famiglia al ristorante dell’hotel, gioco con la mia Dory.
Mentre sto per avviarmi il telefono squilla, mi rifiuto di rispondere, lo sanno tutti che quando esco dalla pista voglio essere lasciato in pace. Senza guardare chi è, lo spengo lasciandolo sotto carica.
«Dory, vedi di non fare danni come l’ultima volta. A dopo, cucciola». Stasera ho deciso di godermi a pieno la mia famiglia.

«Ciao, tesoro. Come stai? Sembri stanco». Mia mamma mi guarda con tenerezza, me la spupazzo un po’ riempiendola di baci.
«Ciao, mamma. Papà, da quanto tempo». Mio padre ride al mio commento, non lo vedo da due ore al massimo, è il mio manager.
Saluto il resto della troupe, Stefy, Marc, Martin, e mio fratello David. Ceniamo tranquillamente, ridendo alle battute di Martin, stasera anche David sembra partecipare. L’Italia gli sta facendo bene, sarà il cibo o forse il clima, sembra davvero in forma e anche più in salute.
«… E la cameriera ha detto che lo zio è un pallone gonfiato…» ricorda Martin con un sorriso, ma il racconto viene interrotto dai soliti modi bruschi di mio padre.
«In che senso siete andati in un locale di Mirabello?» chiede quest’ultimo, adirato.
«Non cominciare, papà», cerco subito di bloccarlo.
«Sì, non farlo», rafforza David.
«Oh! Oh!» aggiunge Martin.
«Siete degli incoscienti. E vi siete pure portati dietro il bambino. Ma che avete voi due nel cervello? Acqua», come volevasi dimostrare siano alle solite.
«James, non è successo niente. Sono qui e stanno bene», cerca di dire mia madre con tono conciliante.
«Non certo grazie a loro, Ely. Stanno bene perché sono stati fortunati», dice con rabbia. Neanche fossimo andati in guerra. «Quando cavoli metterai quella testa a posto, Jamie? Non c’è solo la tua vita in ballo, ma quella di un intero entourage che conta su di te». Le mie mani si stringono a pugno. «E se qualcuno ti avesse fatto del male? Eri nella tana del lupo con il lupo per giunta. Lo vuoi capire o no che le tue azioni si ripercuotono su tutti? Cresci, per Dio. Eri più coscienzioso da ragazzino, ora sei del tutto fuori controllo. Tu e le tue maledette stronzate da star».
«Hai finito?», dico in tono adirato. «Mi spacco il culo tutti i giorni per far star bene, te e il mio entourage. Sono andato a mangiare un panino, non in guerra. E adesso smettila di rompere». Il mio tono di voce non è più calmo.
«Tu, ti rompi il sedere? Tuuu? Io, sono quello che si è ammazzato di lavoro per darti la possibilità di inseguire il tuo sogno. Io...»
«Basta! Mi sono rotto le palle di sentirtelo rinfacciare ogni santa volta che supero un tuo limite arbitrario. Che cosa vuoi ancora che faccia? Il monaco? Non è colpa mia se i paparazzi non mi lasciano in pace ogni volta provo a vivere la mia vita».
«Quello tu lo chiami vivere? Sesso ed eccessi nei locali dove alcol e droga scorrono a fiumi? Quello è vivere per te?», grida mio padre.
La calma abbandona il mio corpo, lasciando alla rabbia prendere il sopravvento.
«Fuori dalla pista faccio quel che voglio e vado a letto con chi voglio. Non sono problemi miei quello che gira nei locali che frequento. Non ho mai nemmeno fumato una sigaretta, figuriamoci tutto il resto».
«Fuori dalla pista ti comporti come si deve. Io e la tua addetta stampa ci siamo rotti di dover coprire le tue cazzate», continua mio padre.
«Le mie cazzate!?», sbuffo.
«E sentiamo, cosa c’era di sbagliato nell’andare a prendere un panino in un pub italiano? Dov’è l’eccesso?», ribatto con frustrazione.
«Basta, voi due!», sbotta mia madre con tono più alto per richiamarci all’ordine.
«Dov’è l’eccesso? Hai capito o no che potevi essere...», insiste mio padre.
«James», interviene Stefy sbattendo un pugno sul tavolo. «Jamie ha tutto il diritto di vivere la vita come crede, non è un bambino. E l’addetta stampa viene pagata profumatamente per fare il suo lavoro». Ecco. «E tu, fratello, se cercassi ogni tanto di mantenere un profilo basso, forse i giornalisti ti lascerebbero in pace. Sei tu che servi loro le migliori notizie, per questo sono sempre attaccati al tuo culo». Dio mio, che palle.
«È colpa mia. L’ho costretto io a portarmi in quel locale…»
«No, David. Non avete fatto nulla di male andando a mangiare un panino. Ricordatevi solo, per la prossima volta, di non scegliere un locale dove la clientela abituale tifa per la squadra avversaria». Stanno esagerando.
È vero c’è stato un po’ di scompiglio ma addirittura pensare che avrebbero potuto farci del male... Esagerati. Martin mi guarda con i suoi occhioni mentre si stringe a sua madre. Mi dispiace che mio nipote abbia assistito a questo litigio. Odio mio padre e la sua mania di voler controllare la mia vita. Voglio essere libero di fare le mie scelte, anche se talvolta sono sbagliate. Non posso più sopportare di essere sotto stretta sorveglianza.
Torniamo a mangiare in completo silenzio, il rumore delle stoviglie è l’unico suono che si sente a tavola. Fanculo. Volevo solo una serata tranquilla, e invece...
Stefany richiama la nostra attenzione con un colpo di tosse. Ci giriamo a guardarla, e il suo sguardo è teso. La situazione è già spiacevole; non voglio altri drammi a peggiore questa serata.
«Famiglia, io e Marc dobbiamo farvi un annuncio». Siamo tutti in attesa, e lei sembra a disagio.
Perché è così agitata? Noto mio cognato stritolarsi le mani, che sta succedendo? Questo prolungato silenzio sta facendo salire ancora di più la mia ansia.
«Ebbene, sono incinta!» Merda.
Libero l’aria che ho trattenuto. Per un attimo, forse a causa della situazione, ho pensato che volessero annunciare il loro divorzio, e invece... Sto per diventare di nuovo zio. Scatto dalla sedia e corro ad abbracciare Marc e Stefy.
«Che notizia meravigliosa, sorellina!». Le do un bacio prolungato sulla guancia, mentre con la mano destra stringo quella di Marc. La rabbia si trasforma in gioia, e ora non posso fare altro che essere felice per loro.
«Sarò un fratello maggiore! Yeah!» esclama Martin.
Lo prendo in braccio e lo lancio in aria. Queste sono le belle notizie da ricevere nella vita.
«Be’, famiglia, questa serata merita di essere festeggiata. Cameriere, mi scusi, porti il migliore champagne che possiede e anche un sidro di mele». Ordino.
«Bere, certo» Sto per rispondere a mio padre, ma gli occhi di mia sorella mi pregano di non farlo, e per non deluderla, ignoro il commento. «Di quanti mesi sei? Aspetta un momento, la cena con Marc era per dirglielo?» Annuiscono entrambi con la testa mentre coccolano un Martin super felice, sono anni che chiede un fratellino.
«Non lo so con precisione, Jamie, ma se conto il mio ultimo ciclo reale, credo di essere all’inizio del terzo mese. Non sono mai stata molto regolare, aspetteremo martedì per scoprirlo, e sapremo come procede la gravidanza». Dopo un altro brindisi, e continuando a ignorare mio padre, saluto e ritorno in camera.

«Hey, piccolina… Mi stavi aspettando?» Chiedo subito appena vedo la mia palla di pelo che scodinzola dopo aver aperto la porta della mia stanza d’albergo. «Hai fatto la brava, mostriciattolo?» Mentre accarezzo la sua testolina mi guardo intorno e sembra non esserci alcun danno. «Brava la mia Dory».
Mi verso due dita di whisky, lo scontro a cena mi ha lasciato un agitazione che nemmeno la notizia dell’arrivo di un nuovo nipote è riuscita a placare. Riprendo il cellulare dalla carica e lo sblocco. Venti chiamate senza risposta di George e un messaggio a caratteri cubitali.

George:
LEI È QUI!!!!

Che significa “lei è qui”? E poi cos’è, la cuccagna dei punti esclamativi? Subito lo chiamo.
«Alla buonora, dove sei stato?» Il suo tono non mi piace per nulla e non sono certo in uno dei miei momenti più calmi.
«Con la mia famiglia, come sempre! Cosa significa “lei è qui”? Spiegati!» Se non si sbriga a parlare lo vado a prendere con la forza.
«Non capisco perché darti delle informazioni se poi non hai intenzione di usarle. Comunque, se avessi controllato i social di Julia avresti notato che il suo amico Leonardo ha postato mille foto con lei». Adesso ci vedo rosso, non si sarà messa con lui? Ti prego, non ora, cazzo!
«Ok, controllerò, ma visto che hai già le risposte, cazzone, potresti dirmi cosa succede?» Lo sento ridere di gusto mentre io tremo per quello che potrebbe confermare.
«Ti ho scritto un sms molto chiaro. Oltre le palle hai perso la testa? Julia era ai box oggi, cretino!» Cosa!? Com’è… Era hai box.
«Sei vivo?» Non lo so. «E ti dirò di più, dalle foto sembra che alloggino all’Hilton, sbaglio o la tua camera affaccia su quell’hotel». Istintivamente apro il balcone e l’edificio si materializza davanti ai miei occhi.
Lei è davvero qui… A un passo da me.
«Ho bisogno di avere il suo numero di telefono. Sai se domani saranno ancora qui?» Devo poterla contattare. Voglio incontrarla.
«Jamie, il suo numero di cellulare è nel fascicolo. Per quanto riguarda se sarà qui domani, non posso dirlo con certezza. Ma un commento su FB mi fa credere che dovrebbe essere presente per tutto il weekend di gara. A quanto pare ha vinto un contest in azienda come dipendente del mese e in premio un weekend di F1». Adoro la RED quando fa queste cose.
«Ok. Grazie mille, amico. Ti sono debitore. Ma non approfittarne». Lo sento ridere di gusto.
«Spero che queste info ti tirino su di morale, oggi eri l’uomo lumaca.  Non vorrai fare brutta figura alla prima gara in cui Julia è presente. Non ti rende onore e faresti una cattiva impressione. Buonanotte, piccioncino, a domani». L’infame sa subito come alzare il tiro per darmi la carica.
Domani darò il massimo, adesso ho un motivo in più per sentirmi carico. Jamie Lewis non sbaglia nessun debutto! Prendo il fascicolo per recuperare ciò che mi serve, registro il suo numero di cellulare e dopo aver messo la sua foto imposto come suoneria la nostra canzone. Sembro un adolescente smielato del cazzo. Me ne frego.
Inizio a vagare nel suo profilo, lo sto quasi passando ai raggi X e, se non fosse per i tag, credo che non avrei mai trovato nulla sui social. Osservo le foto che Leonardo ha postato, sono una più bella dell’altra.
Una la ritrae con le cuffie davanti al monitor della telemetria, e i suoi occhi emanano quella luce che tanto amo. Un’altra foto mi strappa un sorriso. Leonardo l’ha immortalata mentre guarda rapita sopraggiungere la mia auto. Quest’ultima mi dà la sicurezza di cui ho bisogno, la speranza di riuscire nell’impresa di poterle strappare un appuntamento.
Non mi capita mai di essere così insicuro con le ragazze, anzi non lo sono mai stato. Ma le informazioni sul suo conto mi confermano di non essere di fronte al tipo di donna che sono solito frequentare. Julia odia essere al centro dell’attenzione, basta guardare il suo profilo per capirlo. Non fa scelte dettate dal denaro e il suo mondo è mosso dalla passione.
La sensazione di insicurezza non mi abbandona, tutta colpa della mia vita agiata in cui ottengo ogni cosa senza fatica. La verità è che me la sto facendo sotto. Vorrei mandarle un messaggio, ma cosa potrei scriverle?
Mi sdraio sul letto, nelle orecchie sempre la stessa canzone… Ecco l’ispirazione! Digito senza pensarci troppo.

Say Something...

Premo INVIO e provo ad aspettare una risposta. I minuti passano ma non succede nulla. Lo schermo del cellulare non si illumina, controllo e ricontrollo. Questa ragazza mi rende nervoso.
Ancora niente… Fanculo!
Decido di correre sul tapis roulant, cerco di non pensare, devo distrarmi. Aumento la velocità a un ritmo più sostenuto, devo sentire bruciare le gambe. Penso alle molteplici ipotesi per giustificare il suo silenzio, ma quelle negative prevalgono e mi fregano. Con l’umore ormai a terra, mi addormento.

SAY SOMETHING RESTYLINGDove le storie prendono vita. Scoprilo ora