16. Capitolo Jamie Lewis

176 7 0
                                    

“Siii ragazzi! Mi senti, mi senti? Aaah… Dai! Forza, Ferrari!”
Team radio Malesia 2015 SEBASTIAN VETTEL

Entro in Pit Lane e la vettura viene posizionata nella casella del secondo posto. Questa mattina, nessun messaggio da Julia. Nemmeno io le ho scritto, e tantomeno si è fatta vedere. La delusione è incisa a caratteri cubitali e lampeggia nella mia testa.
«Vuoi le tue cuffie, Jamie?» Scuoto la testa in risposta a George.
Non è la musica ciò di cui ho bisogno. Devo concentrarmi e non farmi distogliere ulteriormente dai miei pensieri su di lei. C’è una gara da vincere.
Mi sistemo nella mia monoposto. Lo sguardo si ferma senza volerlo nella direzione degli uomini in rosso, e qualcosa attira la mia attenzione. Due gambe toniche spuntano dalle tute, una gonnellina bianca avvolge le sue curve generose, la maglietta ufficiale della scuderia accarezza i suoi seni in modo perfetto, e poi, eccolo lì: il sorriso più bello che esista. Sento l’energia scorrere nel mio corpo mentre fisso quegli occhi che sembrano svelare tutto il suo mondo. Alzo il pollice e sorrido sotto il casco. Lei si piega leggermente e fa un inchino.
«Divertiti, mia dolce Julia. Sarai la mia prossima sfida da vincere», sussurro.
«Hai detto qualcosa, Lewis». Sobbalzo per lo spavento.
«No, Tom. Ripassavo il circuito». Mento.
Merda, mi sono dimenticato della radio attiva. Riporto gli occhi su Julia e la guardo allontanarsi con quello che dovrebbe essere Leonardo, lasciandomi solo a concentrarmi. Adesso ho la giusta carica, e questa pista me la mangio.
Sulla griglia di partenza, il mio cuore batte così forte che quasi posso sentire il suo ruggito. La RED di Paul è posizionata al mio fianco, pochi metri più avanti di me, e so che questa è la mia occasione per tornare a brillare. I motori si accendono, e il rumore assordante riempie l’aria. Parte il giro di ricognizione, il Gran Premio di Imola sta per diventare un campo di battaglia, e sono pronto per lottare.
Dopo aver scaldato le gomme, ritorniamo sulla griglia di partenza. La mia mente è focalizzata, il mio sguardo fisso sulla RED.
Cinque, quattro, tre, due, uno… Si spengono i semafori ed effettuo una procedura di partenza perfetta. Anche Paul parte bene, infatti mi chiude subito l’unico varco trovato, e cerca di scappare. Dove pensa di andare? Non esiste.
Dopo alcuni giri traduco in parole i miei pensieri comunicandoli al mio ingegnere di pista, via radio.
«La macchina sta perdendo aderenza, sento che posso strappare di più in queste curve veloci», dico con voce carica di tensione.
«Lewis, capisco. Prepariamo una strategia per migliorare il grip». Perfetto.
«Driver default, C-85 quando riesci», mi comunica Tom la modifica che ho richiesto. «È sulla rotella MFA a ore dieci». So dove si trova.
«Copy». Ed ecco che ottengo il grip giusto che cercavo.
Avvicinandomi alla RED, sento l’adrenalina scorrere nelle vene. È un combattimento tra me, lui e il cronometro. Ogni rettilineo è una sfida, ogni curva è una possibilità.
«Plan C». Ok!
«Copy». Perfetto, proviamo a superarli con un undercut .
Spingo al massimo portandomi il più vicino a Sain. La mia macchina è una furia, e so che devo guidare come mai prima d’ora.
«Box! Box!», ordinano dalla radio.
Sono d’accordo, le gomme ormai sono alla frutta.
«Copy». Sono quasi arrivato.
Imbocco la Pit Lane frenando poco prima della linea di rilevazione della velocità, aziono il limitatore, e mi fermo sulla mia piazzola.
«White. Fino alla fine, Lewis», afferma via radio lo stratega mentre i meccanici effettuano il cambio gomme in tempo record.
Riparto. L’undercut, però, viene immediatamente protetto dalla RED, che si difende entrando anch’essa ai box. C’era da aspettarselo, ma provo comunque a spingere. Inutile.
«Avrai la tua occasione, pazienta. Sebastian e Lando sono doppiati, superali». Effettuo il loro sorpasso senza perdere ulteriore tempo e, soprattutto, senza lasciar fuggire troppo Paul.
«Cerca di non strappare le gomme, Lewis. Sì, dolce e tenero con loro». La battuta del mio ingegnere, invece, mi strappa un sorriso.
«Farò l’amore con loro fino alla fine. Copy». Cancello il sorriso e torno a concentrarmi.
Altri cinque giri e la RED è ora più vicina, non posso perdere questa opportunità.
«Ho bisogno di potenza extra. Voglio superarlo!» Forza, ragazzi. Aiutatemi!
«Abbiamo sentito, Jamie. Stiamo lavorando su qualcosa». Cosa!? I misteri della fede?
Il pubblico esplode in un boato, ma il mio mondo è ridotto a quel rettilineo davanti a me. Fanculo, ingegneri! Io, la mia occasione, me la creo da solo.
Con coraggio e precisione, utilizzando la potenza del DRS, mi avvicino sempre di più a Paul. Le nostre gomme si sfiorano, ma non indietreggio, nessuna pietà. Passo davanti a lui, e il mio cuore esplode di gioia. Sono in testa.
«Yeees!», urlano tutti in coro via radio.
«Ecco. Come si fa. Ciao, ciao, Paul». Impartisco la mia lezione.
«Straordinario. Adesso resta concentrato, portiamola a casa, Lewis». La voce del mio Team Principal non ammette errori.
La gara continua, e so che ora tocca a me difendere la testa del GP. Le curve si susseguono, e io le affronto con determinazione. Il pubblico urla il suo disappunto a suon di “Buuu”, ma non mi importa, mi caricano solo di più.
Ogni curva è una sfida, e ogni rettilineo è una corsa verso la gloria. Sento l’energia riempire l’aria, e so di essere nel mio elemento. La RED cerca di riprendersi la leadership, ma io resisto. La mia macchina è una fiamma, e la vittoria è a portata di mano. Hammer time. È il mio momento, e non lo lascerò scappare.
I chilometri al termine della gara sembrano non finire mai, infiniti. Così come il tempo, non passa mai quando sono in testa. Ma dopo alcuni giri da qualifica, per mettere più spazio tra me e Paul, avverto che qualcosa non va. La mia monoposto sembra meno precisa, meno disciplinata nelle curve. Allarmato, non esito a chiamare via radio.
«La macchina non è stabile nelle curve lente, reattività zero, Tom». Non ora, cazzo.
«Respira, Lewis. Controlliamo». Veloci, cazzo. «Qui è tutto nella norma. Continua a spingere e lascia perdere i tuoi soliti fantasmi». Perché deve prendermi sempre per il culo?
Effettuo un giro lento e la RED di Sain si avvicina di nuovo. Merda. Ritorno a spingere come un dannato. Tom aveva ragione, la macchina non ha problemi, è tutta colpa mia e delle mie inutili fissazioni. Se potessi, mi prenderei a schiaffi da solo.
Ma ormai Paul è attaccato ai miei scarichi. Battagliamo come non mai, ma sempre in maniera leale. La gara è estenuante e il mio avversario non commette neanche una minima sbavatura. Continuo a tenere d’occhio dallo specchietto retrovisore la RED di Paul che non mi lascia prendere fiato.
A cinque giri dalla fine Sain va lungo nella traiettoria e io posso tornare a respirare. Ed eccomi qui, primo a tagliare il traguardo. Sono io il numero uno.
«P. One, Lewis. P. One! Assolutamente fantastico, ragazzo!» So di esserlo, Tom.
«E su questo cosa avete da dire? Grazie ragazzi! E a tutti quelli che mi hanno criticato, fottetevi!» Finito a chi!? Beccatevi questa, giornalisti di merda.
«Che guida! Il numero uno è tornato! Ma sarebbe anche gradito non prendere alcuna reprimenda per le parolacce nei team radio, Lewis». Sì, certo, capo.
«Pago io, Toto. Decurta tutto dal mio stipendio». Me ne frego delle sanzioni.
«Smettila! E porta la macchina ai box, campione». E così faccio.
Esco dall’auto e mi fiondo subito sui miei meccanici, tra pacche sul casco e strette di mano. Effettuo i controlli soliti sul peso e, mentre mi asciugo il sudore, insieme a Paul risaliamo la scalinata che porta al podio. Saluto anche Walter Lock, l’altro pilota RED, che sopraggiunge alle nostre spalle.
«Sei stato straordinario, amico». Lo pensa davvero.
«Ringrazia Dio che ho sbagliato alla dodici altrimenti…» Alzo un sopracciglio dubbioso, in attesa che Paul concluda la frase. «Sei un fottuto culone. Ecco cosa sei, Lewis». È sempre bello duellare con Sain, c’è rispetto reciproco tra di noi e quest’anno sarà una lotta serrata.
«Ladies and gentlemen, Sir Jamie Lewis», urla lo speaker.
Salgo sul gradino più alto del podio ed esulto, ma siamo in Italia e il pubblico mostra il suo disappunto per la mia vittoria. Non mi offendo per i fischi. È comunque bello sentire il loro rammarico e, nonostante la delusione, vederli omaggiare i propri piloti, rispettivamente al secondo e al terzo posto.
Partono gli inni: “God Save the Queen” per me e “Das Lied der Deutschen” per l’ARGE. Mentre osservo la marea RED sventolare le bandiere dell’Italia, con lo sguardo spero di cogliere il viso della loro conterranea che ha deciso di bruciarmi il cervello e non solo quello: Julia.
Ritiro il trofeo con un sorriso di gratitudine e mi affaccio dalla balconata per mostrarlo ai meccanici, esprimendo la mia riconoscenza per lo straordinario lavoro che fanno per me. Mentre faccio ciò, sento l’ormai stessa dolce sensazione che mi avvolge. I suoi occhi incontrano i miei, e il suo sorriso illumina il mio mondo. Merda, se sono cotto. Indico la coppa, dedicandole questa vittoria.
Ora ho un solo obiettivo: farla mia.
«Champagne!»

SAY SOMETHING RESTYLINGDove le storie prendono vita. Scoprilo ora