27. Capitolo Jamie Lewis

190 8 2
                                    

“La Formula 1 è come tenere un uovo in equilibrio su un cucchiaino mentre si affrontano delle rapide su una canoa.”
GRAHAM HILL

Prendo un respiro profondo e rientro in casa. Giorgia, finalmente conosco il suo nome, e Sara mi informano che Julia si è addormentata. Provo una sorta di sollievo nel non doverla affrontare subito. Meglio lasciarla riposare e, nel frattempo, sperare che si calmi. Scambio qualche parola con le ragazze, e non mancano di minacciarmi di morte se solo proverò a far soffrire la loro amica. Nonostante le raccomandazioni, mi salutano con affetto e le accompagno all’uscita.
Mi avvicino in punta di piedi alla camera da letto di Julia. Apro piano la porta ed eccola lì, rannicchiata in posizione fetale, serena che dorme tra le braccia di Morfeo. Per ora la lascio riposare. Devo sistemare due cosette e poi potrò dedicarmi a lei.
Avvio la chiamata e mando a recuperare la mia auto, ma prima di farla riconsegnare mi ricordo della mia valigia nel baule. In attesa dei miei vestiti puliti, decido comunque di farmi una doccia veloce nel suo minuscolo bagno. È da maleducati non chiedere il permesso, lo so, ma ne sento la necessità. Sono troppo nervoso.
In poco più di mezz’ora, la valigia arriva. La poggio sul divano, e mentre ripongo gli abiti sporchi, l’occhio mi cade sul giornale rosa. Lo prendo, appena vedo le foto sgrano gli occhi e mi siedo. La pagina è addirittura segnata da una piega enorme. Accidenti! Addio, speranza. Ora ho la conferma che lei conosce quello che è successo domenica.
Mi spavento per l’arrivo inatteso di Sara. Lei non ha bisogno di bussare, ha le chiavi. Per fortuna mi sono vestito. Ci ha portato la cena, davvero un bel gesto da parte della sua famiglia.
«Sara, potresti portarlo via con te, per favore?» Sventolo il giornale, voglio che sparisca da qui.
«Perché?» Chiede con aria sospetta.
«Perché te lo sto chiedendo io». Ovvio.
«Va bene, ma perché dovrei buttarlo via?» Merda quante domande.
«Il rosa non mi piace», affermo, sapendo di mentire.
Sara scoppia a ridere e tossisce allo stesso tempo. Questo momento mi ricorda qualcosa di già vissuto, un déjà-vu di quel cretino di George. E Sara mi strappa il giornale dalle mani.
«D’accordo, lo faccio. Ma la prossima volta trova una bugia migliore, Lewis. Non so se il tuo daltonismo riguardi solo i giornali, ma vorrei farti notare che la tua maglietta non può essere più rosa di così». Porto lo sguardo sulla mia t-shirt… accidenti!
«Va bene, Sara. Dimmi quanto vuoi per far sparire quel giornale da questa casa». I soldi risolvono sempre tutto.
«Di male in peggio, Jamie». Comincio a pensare che questa ragazzina condivida i geni stronzi di George. «Non dovresti mai offrire soldi a una quindicenne che ha già tra le mani il tuo materiale compromettente. Non è una mossa intelligente. E potrebbe renderti povero… molto povero. Se vuoi, posso farti da consulente finanziario, perché hai davvero bisogno di qualcuno che ti insegni a gestire le tue finanze». Oh, Signore benedetto!
«Sara, ti prego», dico disperato.
«Va bene». E senza continuare a prendermi in giro, porta via con sé le prove delle mie malefatte.
Ma tu guarda in che cazzo di guaio mi sono cacciato. Colpo di fulmine maledetto! Il problema è che la parte difficile comincia adesso.
Cammino avanti e indietro nell’appartamento, il pensiero di affrontare Julia dopo che ho visto quanto sia poco ragionevole mi mette ansia. Prendo il telefono e leggo i messaggi. A parte George che mi chiede se sono ancora vivo, il resto sono promemoria degli appuntamenti di Rose e naturalmente non mancano quelli di mio padre che prova a controllarmi, ignoro. Avvio a volume basso “Comfortably Numb” dei Pink Floyd, sperando che la musica compia la sua solita magia calmando i pensieri negativi che invadono la mia testa.

«When I was a child I caught a fleeting glimpse Out of the corner of my eyes. I turned to look but it was gone, I cannot put my finger on it now. The child is grown, the dream is gone. I have become comfortably numb».

Il testo è un dialogo con lo psicologo e so bene cosa si prova. Quel bambino non c’è più, come non c’è più il dolore e la sofferenza vissuta in passato. Sono cresciuto e non mi tiro più indietro davanti una sfida. È il momento di salire in macchina. Vincere.
Entro nella stanza e ritrovo Julia nella stessa posizione di prima. Lentamente, cercando di non svegliarla, mi sistemo sul letto dietro di lei e la stringo tra le mie braccia. Inalo il suo profumo di pesca e mi rigenero con il suo calore che ho tanto desiderato. È vero quello che le ho scritto sul bigliettino anche se dopo ho fatto il cretino. Trattengo il respiro appena sento Julia muoversi e voltarsi dalla mia parte. Alza lo sguardo e i nostri occhi si incontrano, nel medesimo istante, sento le scariche elettriche percorrere il mio corpo lasciando brividi lungo il percorso.
«Sei ancora qui… Perché? Puoi… dovresti andare». È intontita, ma innalza subito la barriera di difesa. 
«Non esiste posto al mondo in cui vorrei essere, quindi non credo che dovrei andare, scelgo di restare». Sbatte le ciglia e continua a fissarmi.
Dio, quanto è bella! Vorrei baciarla, fare con lei le peggio cose, ma non oso spaventarla. Quindi la trascino contro il mio petto, le accarezzo la testa e spero che basti per farle abbassare la guardia. Le sue leggere carezze all’altezza del mio cuore mi fanno impazzire. Blocco la sua mano con la mia, non voglio perdere il controllo; lei ha la capacità di mandare in tilt il mio cervello. E non deve passare il messaggio che io sia qui solo per il sesso. Non che non lo desideri, che sia chiaro, ma voglio davvero capire cosa rende così speciale questa donna da avermi costretto a lasciare tutto per rincorrerla.
«So quello che pensi di me, il tuo sms era palese e non posso neanche darti torto, non sempre i giornali dicono falsità. Ho fatto un uso improprio del sesso femminile, ma fidati quando ti dico che non ho mai preso in giro nessuna». Alza la testa e nei suoi occhi leggo un velo di paura. «Mai nessuna è riuscita a farmi perdere il controllo in così poco tempo. Solo tu. Non rincorrevo una donna da non so quanti anni, di solito sono loro che vengono da me. Ma tu mi hai riportato indietro… Non ho bei ricordi se penso al passato, eppure continui a trascinarmi lì e sento che è giusto…» Sbatte le palpebre confusa. «Sono una frana con le parole, scusami». Le sue labbra tremano, non resisto, le tocco e sono morbidissime.
«Jamie», il mio nome sussurrato con la sua dolce voce arriva dritto a farmi esplodere il cuore.
I suoi occhi mi implorano, mi vogliono e io non so cosa fare, come comportarmi. La guardo ancora e poi, lascio che il mio desiderio si realizzi, fregandomene del rischio e di tutto, la bacio e vince. È stupefacente quanto si possa stare bene quando ci togliamo di dosso ansie, paure e pensieri. Alzo il piede dal freno della ragione e lascio alla macchina dei sentimenti la libertà di andare a sbattere contro ciò che più ha desiderato in questi giorni. Lei. Julia.
La bacio con urgenza, restando comunque cauto nei movimenti. Lei schiude appena le labbra, e tanto mi basta per entrare. Risponde al mio assalto con dolcezza e io crollo. Accidenti, è finita, mi sento come un ubriaco, e non vorrò mai più smettere.
Mi posa la mano sinistra dietro il collo e inizia ad accarezzarmi i capelli sulla nuca, tirandomi di più verso di lei. La bacio, mi bacia ancora, mordicchio quelle labbra carnose ed eccitanti. Abbiamo finito di assaporarci l’un l’altro, ora c’è più forza, sempre più fame. Ho entrambe le mani strette al suo viso, mentre lei rafforza la presa sui miei capelli. Sento chiaramente il desiderio nei nostri respiri: io di lei e lei di me. Noi, come due cannibali.
A un tratto, però, si ferma, lasciandomi ebbro e senza fiato. Vedo un tumulto di emozioni attraversarle il viso. E all’improvviso ho paura. Libero il suo volto dalla stretta delle mie mani e cerco in qualche modo di giustificarmi.
«Scusami… Non volevo… Cioè, volevo…» Fatico a formulare una frase di senso compiuto.
Dove diavolo sono finite le maledette parole? Il bacio ha mandato in sovralimentazione il mio motore. Il desiderio per lei ha raggiunto l’apice, il punto di non ritorno.
«Scusami tu… non dovevo… cioè forse non volevi. Scusa». Non dovevo! Io non volevo! Ma cosa sta blaterando?
«Merda, Julia. Per essere un ingegnere, sei svalvolata tanto quanto me. Ma io sono un pilota, e posso sempre usarla come scusa, non siamo di certo famosi per la nostra salute mentale. Pensavo che la mia presenza qui fosse una prova sufficiente per farti capire quanto ti desidero». Nei suoi occhi leggo confusione e stupore.
Maledetto me e la mia sconsiderata incapacità di trattenere i pensieri.
«Non puoi… tu non puoi volermi… io non sono nessuno. E poi sono anche grassa per i tuoi standard… E io adesso non sono stabile. Ho perso tutto e devo rimettere in piedi la mia vita». C’è così tanta tristezza nella sua voce, una serie di stronzate nella sua testa, e non accetto che si rivolga a se stessa in quel modo.
«Hey, Archimede. Frena un pochino quella tua bella testolina in panne, posso elaborare una stronzata alla volta». Alza un sopracciglio e il suo volto diventa minaccioso. «Ritira gli artigli, bella. La verità fa male, lo so. Hai sparato una serie di fesserie da non credere, e ti spiego perché. Primo, chi sono io? Sono un pilota nero che ha avuto la tenacia di continuare a lottare, di vincere e di conseguenza diventare famoso. Secondo, tolto il casco e smesso di sfilare, sono un comune trentatreenne cazzone che fa tante stronzate». E Julia serra le labbra per non scoppiare a ridere. Sono sulla strada giusta: “Il segreto per conquistare una donna è farla ridere”. «È poca la gente che mi riconosce, ho le prove. Una volta una coppia mi ha chiesto se ero così gentile da scattare loro una foto. È un aneddoto famosissimo, ne vado fiero». Non riesce più a trattenersi e scoppia in una risata fragorosa da far tremare il letto, e io con lei.
«Scusami», dice continuando a divertirsi.
Mi sento come se avessi appena vinto uno dei GP più difficili della mia carriera. Ma devo tornare serio, l’ultimo punto è importante.
«Terzo, non hai perso nulla, esistono mille case automobilistiche, vedrai che con il tuo talento troverai anche di meglio». L’ilarità sparisce lasciando spazio al rimpianto. Abbassa lo sguardo e la cosa non mi piace per niente. «Look At Me, Julia! E apri bene le orecchie: non ti è permesso arrenderti. Mi hai sentito? MAI», il mio tono di voce elevato serve a rafforzare il concetto. «Non sarei in un poster sulla parete del tuo ufficio se mi fossi arreso. Non è finita finché siamo ancora in grado di combattere». Non esiste che getti la spugna.
«Grazie», sussurra.
«Aspetta a ringraziarmi, non ho finito. Ora arriva la parte migliore, anzi, quella che più di tutte mi fa incazzare. Parlo della bestemmia rivolta al tuo corpo. Come puoi definirti grassa? Assurdo, e ti dirò di più, in una settimana mi sembri dimagrita tanto e a me questa cosa non va bene. Hai un corpo da favola, per non parlare del tuo viso, da perderci ore di sonno. Mi dispiace sapere che soffri di cecità». Torna a sorridere, anche lei nello scambio di sms mi ha suggerito di farmi un controllo alla vista. «Sei straordinariamente bella, Julia. Quando ti ho vista su quel piccolo palco… Non ho parole per esprimere cosa i miei occhi hanno percepito. In realtà, sto ancora cercando di capire cosa sia realmente accaduto quella sera. Mi hai incantato. Ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare alcune delle donne più affascinanti del pianeta, non lo nego, ma credimi quando ti dico che nessuna di loro è mai riuscita a farmi perdere la testa come te». Alza gli occhi al cielo.
«Adesso chi è quello che spara stronzate?» Non mi crede.
«Non pensi che a quest’ora sarei già fidanzato?» Non è difficile da capire.
«Sai, non sempre farsi vedere con due donne è produttivo. Ti rendono uno abile a letto, ma poco credibile nei rapporti amorosi. Forse le ragazze bellissime di cui parli sono proprio loro a non averti voluto o, semplicemente, hanno pensato che non fossero all’altezza delle tue aspettative». Boom! La bomba è esplosa e l’articolo è venuto fuori.
«Grazie, Archimede, per la tua disanima. Una bella botta per la mia autostima». Cerco di fare l’offeso per schivare ulteriori mine.
«Smettila, Lewis. Non hai bisogno che decanti quanto tu sia bravo, favoloso o bellissimo…» Faccio con la mano il gesto di continuare.
«Ti prego, continua. Sentiti libera di decantare le mie qualità, stai andando benissimo». Afferra la mia mano e la riporta sul letto.
«Lo avrai pure uno specchio in una delle tue mille case». Un’infinità.
«Se non lo sapessi, sono molto vanitoso. E ho tanti specchi, ma è solo nei tuoi occhi verdi che desidero osservare il mio riflesso». Spalanca la bocca e ne approfitto per rubarle un fugace bacio.
«Okay, Shakespeare! È questa la frase che usi per far cadere tutte ai tuoi piedi? Devo ammettere che è molto efficace, per un secondo ci sono cascata anch’io». Rido in risposta.
«Pensi davvero che io debba usare certe frasi per conquistarne una?» Nega con la testa e il suo sguardo ritorna serio. «Non sto insinuando che siano donne facili, anzi, non credo affatto a questa affermazione. Nel mio caso, nessuno ha tradito nessuno. Ho sempre frequentato solo ragazze single. Il divertimento non è un reato per nessuno dei sessi». La mia risposta le fa abbassare lo sguardo.
«È per questo che sei qui, per divertirti?», chiede sussurrando con una sfumatura di indecisione e incertezza da farmi drizzare i peli del corpo.
«Guardami, Julia». Con un po’ di timore, riporta gli occhi su di me. Poso la mia mano sulla sua guancia per accarezzarla. «Ascolta. Sono famoso per avere il completo controllo su quello che faccio, ma non ho alcun dominio su quello che provo. E no, non sono venuto qui per divertirmi. Sono accanto a te, perché è il posto in cui ho sempre desiderato essere da quando ti ho conosciuta. È avventato, del tutto irrazionale, lo so. Ma in questi giorni ho compreso una cosa molto importante: l’attrazione non la puoi fermare. Ho provato a farlo, a schiacciare il freno, ma niente ha funzionato, sono di nuovo andato a sbatterci contro. Voglio andare a schiantarmi contro quel muro, Julia. Voglio avere questo incidente, e lo voglio con te». Ed è la pura e semplice verità.
«È pericoloso, Jamie, giocare con il fuoco. L’ho già vissuto in passato e non è andata bene per nulla. La passione non dura per sempre. La fiamma mentre brucia tende a spegnersi. E io non voglio essere un fuoco, non…» La blocco.
«Non hai capito…» Ma è lei a impedirmi di replicare portando la sua mano a serrare la mia bocca.
«Shhh! Zitto, Lewis. Sono una tua fan da sempre e ti desidero platonicamente da una vita. Sei stato spesso nei miei sogni, ultimamente anche troppo. Mettiti nei miei panni. Non ho voglia di diventare un incidente sul percorso della vita di nessuno. E con te il rischio è elevato, ho il terrore che accada». Basta.
«E pensi che io non abbia paura? Accidenti, sono qui proprio perché voglio smettere di averne, conoscerti. Concedimi un cambio di marcia per volta, in una monoposto di Formula 1 sono otto, cominciamo con la prima e vediamo cosa succede. Che abbiamo da perdere?»
«Tutto, Jamie. In questa situazione, sono io a correre il rischio di perderti. Non desidero provare odio nei confronti del mio beniamino per aver giocato con i miei sentimenti. Non voglio rinunciare al mio sogno più prezioso. Per la cronaca sono nove i rapporti di una vettura di F1, la retromarcia è uno di quelli». Dio, salvi la Regina e me.
«Sei proprio un ingegnere. L’ho sempre detto che siete più stravaganti di noi piloti, eppure vi vantate di essere razionali. Quale essere umano sano di mente preferisce vivere una persona in un sogno quando può averla nella realtà?» Trascino la sua mano sul mio cuore. «Sono qui, Julia. Tu, sei qui. Inserisci quella maledetta prima marcia nel tuo cervello superdotato e guidiamo insieme». I suoi occhi diventano lucidi, e ora vedo chiaramente il mio riflesso, spero che lei riesca a vedere lo stesso nei miei.
Mi fissa per un tempo che sembra interminabile, come se cercasse qualcosa. Non dice nulla, ma è l’intensità del suo sguardo a parlare ancora per lei. Poi, contro ogni aspettativa, mi pianta un delicato bacio sulla bocca, e io la lascio fare, purché accetti.
«Va bene», sussurra piano sulle mie labbra e subito dopo poggia la testa all’altezza del mio cuore.
“Va bene.” Ha accettato!? Significa questo, giusto? La stringo forte, affondo il viso nei suoi capelli e ispiro a fondo il suo profumo. E non mi importa se questo la fa sorridere. È proprio ciò che desidero. Ha detto, sì. Sono al settimo cielo. Vittoria. Nella mia mente risuona la voce del mio ingegnere che urla: “Missione compiuta, Lewis!” Modestamente, sì.
«Come sapevi dove abitavo?» La domanda mi ha appena fatto atterrare di testa dal settimo cielo.
Oh no. E adesso? Non posso dirle la verità, potrebbe fraintendermi e farmi sembrare uno stalker. Pensa a una scusa, Lewis. Veloce.
«Va bene, dimentica la mia domanda. Non voglio morire». Scoppio a ridere, adoro che ricordi i nostri scambi di battute.
Le bacio la testa e mi rilasso. Sento il corpo di Julia cedere e il suo respiro rallenta. Si è addormentata. Io, invece, continuo a godermi la sensazione straordinaria di averla tra le braccia, ma la giornata è stata intensa, e la stanchezza comincia a farsi sentire. Alla fine, anch’io cedo, mi addormento.
Felice

SAY SOMETHING RESTYLINGDove le storie prendono vita. Scoprilo ora