49. Capitolo Julia Testa

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“Chiunque smetta di imparare è vecchio, che abbia vent’anni o ottant’anni. Chiunque continui a imparare rimane giovane.”
HENRY FORD

JAMIE:
Ti prego, Julia. Dimmi dove sei. Mi manchi.

Manca tanto anche a me, e nonostante il dolore sia insopportabile, mi sforzo di ripetermi che è meglio così. Sentiti libera di farlo, entrambi sappiamo che ogni tentativo è inutile. Sei davvero irritante, Grillo!

JAMIE:
Grazie per avermi stracciato al simulatore. Ho seguito i tuoi preziosi consigli, la Pole è solo merito tuo. Sei il mio talismano, ricordalo.

Non ho avuto il coraggio di guardare le prove. Non sopporto nemmeno di vedere il suo nome lampeggiare sul tabellone dello schermo della tv. Mio padre mi aveva già comunicato della sua Pole Position. Sapere che è arrivato primo mi procura una soddisfazione indescrivibile, soprattutto per quello che ha scritto, anche se a discapito della RED.

JAMIE:
Guarda, lo so che leggi i miei messaggi. Le spunte sono blu. Il tuo silenzio non basterà a tenermi lontano, sappilo! Il conto alla rovescia è appena cominciato, ora so dove trovarti.
ILY, JULIA.

Che diavolo significa quella firma? È la seconda volta che scrive “ILY”. E ora ha cominciato anche a mentire. Non può sapere dove mi trovo; ho dimenticato di dirlo persino ai miei genitori. Anche perché quando esco con Teresa, la mia migliore amica di sempre, la meta si decide work in progress.
«Oh, mio Dio! Il tuo Jamie Lewis ha messo mi piace alla foto di noi due pubblicata su IG». Volto la testa nella sua direzione meglio di Regan MacNeil nel film “L’esorcista”.
«Dammi quel telefono, Teresa!» ordino, ma provo comunque a sottrarglielo.
«Non ci penso proprio, Baby. Bevi e statti buonina con quelle mani». Le faccio la linguaccia.
Ravano nella mia borsa alla ricerca del mio cellulare. Apro Instagram e trovo in bella vista le notifiche ad attendermi. Servizio completo, persino taggata nelle storie che riporta direttamente al post incriminato.
«Potevi almeno togliere quella cazzo di geolocalizzazione». Mi fulmina con lo sguardo, e io raddrizzo la schiena, mi silenzio.
Teresa è la persona più pericolosa che io conosca dopo me medesima.
«Che c’è? Mica è un segreto di stato dove ti trovi». Giuro che la strozzo.
A cosa è servito tacere? Non lo so. Persino un bambino avrebbe potuto trovarmi grazie a lei. In questo momento siamo in un bar all’aperto, in un paese limitrofo, non ci vuole di certo un genio per fare due più due. E ora che faccio? Potrei chiedere asilo proprio a Terry la stronza, ma conoscendo il pensiero dei miei genitori, se mai Jamie dovesse presentarsi alla loro porta, lo accompagnerebbero dritto da me per farci chiarire. C’è sempre la speranza che sia mio fratello a intercettarlo per prima. Ci sarebbe solo da divertirsi a guardare uno scontro tra loro.
«Quanto mi sta sulle palle quella tua faccia da cane bastonato. Va bene, tolgo il post». Ormai è inutile.
«Lascialo pure… Il danno è fatto», sussurro l’ultima parte della frase e intanto bevo il mio Negroni per non pensare.
«Merda. Che cazzo ci fanno loro qui?» Con chi ce l’ha, adesso? «Non ti girare, Julia». Invece lo faccio.
Va bene! Forse, per una volta, dovevo darle retta. Francesco e Marcella stanno passeggiando e si avvicinano al nostro tavolo. Francy incrocia i miei occhi, mentre io, con una calma che non sapevo di avere, distolgo lo sguardo mantenendo una certa indifferenza.
«Ma guarda chi si rivede? Ciao, Julia. Terry. Come stai?» La sua voce stridula da “Gne gne” di primordine perfora i miei timpani.
Mi irrita troppo, ma decido di stare al gioco, imitando il suo tono e ignorando suo marito.
«Marcy, è un piacere anche per me». E la stronza Giuda ha persino il coraggio di baciarmi sulle guance. «Una meraviglia, grazie», aggiungo.
Teresa mi guarda con sospetto, ma non può fare a meno di ridere davanti la mia pessima imitazione di questa feccia di donna.
«Hai fatto qualcosa di diverso? Francesco, non ti sembra che Julia sia diversa?» Il traditore per eccellenza incrocia di nuovo il mio sguardo.
Sembra più quello di un cane bastonato che del marito devoto e felice. Mi scruta e mi osserva, sembra quasi meravigliato di ciò che vede. Avrei una voglia matta di sfogare la mia frustrazione sulla sua faccia.
«Amoruccio», insiste la cretina, richiamandolo con un nomignolo idiota.
«È dimagrita… Credo», risponde quasi balbettando.
«Ecco cos’era? Non fraintendermi, Julia. Non che prima fossi grassa, ho sempre invidiato le tue forme, ma ora hai una fisicità molto più tonica e scolpita. Il duro lavoro in fabbrica giova molto al tuo aspetto fisico». Sto per tirarle uno schiaffo quando Teresa, sopraggiunta al mio fianco, blocca ogni mio tentativo di schiacciare questa mosca fastidiosa.
«Sarebbe troppo difficile per una come te comprendere il lavoro complesso di un ingegnere. Ma sono una persona magnanima, e ho deciso di aiutarti. Sai perché il water, dove poggi il tuo piatto fondo schiena, non è comodo?» Marcella scuote la testa altezzosa e, in verità, nemmeno io ho idea di dove voglia andare a parare Terry. «Perché è di un poeta inglese l’invenzione. Se invece fosse stato un ingegnere a costruirlo, ti posso garantire che avresti defecato le tue stronzate su qualcosa di più ergonomico e regale». Scoppio a ridere come se non ci fosse un domani e anche Francesco non riesce a trattenersi.
«Non ridere, idiota. Solo un’ignorante poteva decidere di prenderti come marito. Addio, merde». E senza perdere tempo, mi trascina via dal locale per il braccio.
«Ti lovvo, Tere», dico sincera.
«Lo, so», risponde.
Rientrate in paese, passeggiamo come di consueto lungo il solito e unico viale presente. Non ricordo di aver mai visto tanta gente, credo sia perché è sabato e domani non si lavora.
«Sai, ho sempre pensato che questo viale, a furia di vasche, sarebbe crollato». Di sicuro è consumato.
«E invece, no». Già.
Il tempo qui sembra stringersi in un eterno abbraccio di monotonia. La routine si dispiega come un vecchio nastro, ripetitiva e priva di sfumature, ognuno intrecciato nelle faccende altrui, ma nessuno capace di concludere qualcosa per sé stesso. Le parole si disperdono nel vento, tentativi vuoti di riempire gli spazi di un’esistenza carente di vitalità. Oggi più che mai, la mia scelta di abbandonare questa realtà stagnante per inseguire i sogni sembra essere stata la decisione più illuminata. Qui, le ali dei miei sogni erano imprigionate, mai libere di spiccare il volo, motivo per cui ho abbandonato questo luogo. A parte i legami affettivi, la mia convinzione cresce: rincorrere i desideri è stata la scelta più giusta.
«Non sei mai appartenuta veramente a questo luogo. Sei sempre stata diversa. L’unica cosa che ti accomuna a noi è la tua solarità, che, lasciami dire, hai comunque perso. Vorrei incolpare il fatto che non vivi più qui, che frequenti troppi musoni del nord, ma entrambi sappiamo chi dobbiamo ringraziare. Nonostante il tempo trascorso, non riesco ancora a credere a quello che Francesco ti ha fatto. Vederlo lì, in compagnia di “Gne Gne”, guardarti con quella faccia da pesce lesso, mi ha fatto salire ancora di più l’odio che provo nei loro confronti». Infilo un braccio sotto il suo, come facevo un tempo.
«È finita, Terry. Ormai, non fa nemmeno più tanto male. L’incontro con Jamie mi ha aperto gli occhi su tante cose. Mi sono resa conto di cosa sia davvero mancato tra me e Francesco. Tralasciando il finale, in quei pochi attimi vissuti con Jamie, ho capito cosa significhi contare davvero per qualcuno. Un po’ come te e Donatello. Voi vi guardate negli occhi e vi capite. Ridete tanto insieme, condividete una connessione straordinaria e avete costruito una famiglia stupenda». Sono felicissima per loro.
«Non esagerare: quella che hai sempre visto è la parte bella. Io e Dona litighiamo spesso, ma ormai abbiamo raggiunto un nostro equilibrio. Io so cosa dà fastidio a lui, e lui sa cosa manda in bestia me. Siamo due caratteri forti e nessuno è mai disposto a cedere, ed è lì che entra in gioco la nostra unione, proprio nel momento di massimo esaurimento. Ci guardiamo, con calma ci sediamo e discutiamo su come far quadrare le cose. Tutelare la coppia significa spesso rinunciare a qualcosa, ma ne vale sempre la pena. Io, senza Donatello, non sarei più capace di vivere. Fa paura come concetto, ma è la verità. Lui mi completa». È insolito sentire Teresa esprimersi così apertamente.
All’esterno sembra tanto forte, eppure cela una sensibilità unica. È una delle persone che ammiro e rispetto di più in questo mondo. A differenza mia, lei ha scelto di dedicare la sua vita alla famiglia. Ma come dico sempre, essere casalinga è uno dei lavori più difficili che ci siano. Devi essere portata per farla e mai obbligata. Gli uomini possono sempre fare da soli le loro cose. Hanno le mani anche per questo.
«In realtà, è una cosa bellissima quello che hai appena detto. Chissà, forse un giorno anch’io sperimenterò tutto questo, anche perché con Francesco è stato sempre un senso unico da entrambe le parti». Vorrei fosse Jamie la controparte dell’esperimento.
«Io credo che tu l’abbia già trovato, Julia. Devi solo prendere coraggio, accantonare la merda passata, e viverti il momento. Nessuno di noi ha la certezza del domani. Guarda come è finita tra Angelina Jolie e Brad Pitt, ma dai, come si può trovare di meglio nella vita? Brad, sono qui, vieni a prendermi!», urla ridendo.
«Sei pazza», dico mentre rido e scuoto la testa nel medesimo momento.
«Prima che mi dimentichi: guai a te se non mi inviti a una di quelle feste dove sai che sarà presente anche Brad. Potrei non parlarti più a vita, sappilo». Alzo gli occhi al cielo.
«Va bene. Mi ricorderò di questa tua sottilissima minaccia». Mi guarda di traverso.
«Le minacce sono per i deboli. Il mio è un dato di fatto. Meglio che comprendi subito l’antifona, ingegner Testa».
«Andiamo a casa, oracolo».
«Sì, andiamo. Sono sicura che Mimì e Cocò saranno ancora svegli. Alla fine, toccherà sempre a me mettere a letto quella bestiolina di mio figlio». Povero Tommy, è tanto dolce e buono come bambino.
«Pensi di essere così indispensabile?» Chiedo punzecchiandola.
«Oh, cara mia. Prega che il tuo pilota sia in grado di trovarsi da solo almeno le mutande, altrimenti capirai molto presto in cosa sei indispensabile».
«Allora sono a cavallo. Con i continui viaggi che fa, sa perfettamente dove sono: in valigia».
«Sempre la solita culacchiona del piffero». Scuoto la testa e sempre continuando a pizzicarci rientriamo alle rispettive basi

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