84. Capitolo Julia Testa

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"Quando l'uomo ha mete da raggiungere non può invecchiare."
ENZO FERRARI

Sento la dolce melodia. La sua voce, la sua mano sulla mia pancia. Non riesco a svegliarmi e lo sento piangere. Voglio svegliarmi, ho bisogno di vederlo. Ma il buio vince.

«Sei uno stronzo. È colpa tua se è in questo letto. Non dovevi lasciarla». La voce di mia madre.
«Alessia, mi odi quanto vuole. Basta che si svegli». Jamie.

«Perché non vieni con noi a mangiare qualcosa? Sei dimagrito molto».
«Sto bene, mamma. Resto qui».

«Jamie, vai a riposare un po'. Figliolo, non puoi continuare così. Vedrai, mia figlia ti ama troppo per non tornare da te. Abbi fede. È forte». Oh, papà.
«Grazie. Ma dormo qui, non posso pensare di lasciarla». Vorrei dirgli di andare, ma non ci riesco.

«Perché non si sveglia? Ho bisogno di vedere i suoi occhi».
«Guardi, le ferite sono quasi tutte guarite, è un buon risultato. Pensi positivo, appena si sveglierà potrà portarla a casa».
«È troppo magra? Mi preoccupa». Sento ridere.
«Neanche lei è in gran forma. Farebbe bene a mangiare, avrà molto da fare quando si sveglierà. Le porto un po' di cibo?» Non sento la risposta.

I suoi baci sulla pelle. Le sue labbra sulla mia pancia. Apro gli occhi, non c'è luce, è buio. Sento il suo peso sul mio ventre, sta tremando.
«Non so che fare, Julia. Torna», sussurra.
Riesco a metterlo a fuoco, respira sul mio corpo. Allungo la mano e la poggio sulla sua guancia e le sue lacrime mi bagnano. Mi tocca, ma credo non abbia realizzato, alza la testa di scatto e incontra i miei occhi.
«Amore, sei sveglia? Dimmi che non sto sognando». Gli sorrido e corre a baciarmi.
Sento una fitta alla testa. Jamie si blocca. Deve aver avvertito il mio scatto. Con lo sguardo cerco di rassicurarlo, ma non credo di essere molto convincente. Mi fa male, cazzo!
«Scusami, non volevo. Chiamo subito il medico». Gli prendo la mano.
«Ti amo», sussurro.
E un sorriso torna sul suo viso, ma il panico che vedo nei suoi occhi ha la meglio.
«Anch'io. Vado a chiamare i dottori. Resta sveglia, torno subito». Mi dà un bacio delicato e va via; dopo poco riappare con il medico al seguito.
«Bentornata, signora Lewis. Allora, sa che anno è?»
«Sì. Anche se non saprei come definirlo. Diciamo che poteva essere un anno migliore». Il dottore scoppia a ridere e anche Jamie lo fa.
«Ha fatto qualche test di gravidanza, che lei ricordi?» E perché avrei dovuto?
«No, non era necessario. Non vado a letto con nessuno da un po'». Questa volta la risata di Jamie è incontenibile.
Venderei l'anima al diavolo per vedere quel sorriso ogni secondo della mia giornata.
«Sarà meglio per te che sia così. Anche perché non credo di poter rinunciare al nostro bambino». Mi muovo di scatto.
«Cosa hai detto?»
«Archimede, non devi agitarti. Sei incinta, aspettiamo un bambino». Oh, mio Dio.
Un bambino. Mio figlio. Campanelli d'allarme suonano nella mia testa.
«Sta bene? La prego, dottore, mi dica che sta bene. Io non lo sapevo. Non ho preso vitamine o cose simili. Ho mangiato pochissimo. Oh, mio Dio. Sono incinta». Jamie afferra la mia mano e non smette di sorride. «Ma com'è possibile prendo la pillola e sono brava a ricordarmi di assumerla».
«Per caso si ricorda se ha preso medicine oppure se ha avuto un'influenza intestinale. Spesso capita che la pillola venga rigettata oppure vada in contrasto con qualche medicinale». Due più due fa quattro.
«La gara la vince il virus», dico quasi nauseata.
«E menomale», si lascia sfuggire Jamie.
Un macchinario entra in stanza e di colpo i miei sensi scattano in allerta, sono sicura sia involontario, ma la mia mano si posa subito sulla mia pancia.
«Va tutto bene, signora Lewis. È un ecografo. Il suo bambino starà bene, lo abbiamo sempre monitorato. Vede qui questi dati?»
«Telemetria», dico.
«Esatto. Vede queste due linee. La prima, quella in blu è il suo cuore e quella in basso di colore rosso è del cuore del suo bambino». Wow!
«Ma è normale che sia così tanto veloce rispetto al mio? Merda Jamie è proprio tuo figlio anzi è più rapido di te».
«La lasci perdere, dottore. È un'ingegnere». Alzo un sopracciglio stizzito nella direzione di Lewis. «Non stai analizzando un circuito. Cuori, Archimede. No, macchine».
«Spiritoso», e tutti ridono tranne me che torno a guardare i dati.
«Credo sia arrivato il momento di farvi conoscere questa futura o futuro pilota». Annuisco come un ebete.
Prende il macchinario per l'ecografia e lo poggia sulla mia pancia. Inizia a scattare alcuni fermoimmagine. Poi la stanza si riempie di un suono, un battito veloce, lo riconosco, era il mio bambino che ascoltavo. Emozioni incontenibili scorrono sul mio viso. É un miracolo. Jamie scoppia a piangere, avvicina il suo viso al mio. Piango con lui. Il medico dopo alcune raccomandazioni, ci lascia soli.
«Sei felice? Io non so che dire. Aspettiamo un bambino, Jamie». Mi bacia con amore.
«L'idea di diventare padre... Non vedo l'ora. Grazie per essere tornata da me». È così dolce.
«Tornerò sempre da te, anzi torneremo». Prendo l'ecografia in mano e insieme la guardiamo, felici, da non crederci. Aspetto un bambino. Cioè non ancora. Per ora è una macchia che batte forte. «Lo sa qualcun altro?» Chiedo senza riuscire a staccare gli occhi dalla diapositiva.
«Solo mio padre, David e George, erano qui con me quando l'ha annunciato il medico». Mi bacia una guancia e stringe la mia mano sulla pancia.
«Mi dispiace per come ho reagito...» Il ricordo dell'incidente mi arriva al cervello come un boomerang.
«E a me che dispiace da morire». Poggia la testa sul mio seno, affranto. Non capisco perché si stia scusando. È colpa mia se sono stata travolta. «Ti giuro, Julia. Io non facevo nulla con Coline, si trovava già lì. Era una cazzo di trappola». Gli tappo la bocca con la mano e lui la bacia.
«Ero sconvolta quando l'ho vista su di te. Sono corsa giù per le scale e mentre stavo attraversando la strada, ho messo a fuoco la situazione e mi sono ricordata che dovevo tornare indietro per ucciderla. Sentivo che mi chiamavi. Stavo per correrti incontro e poi la macchina...» Merda che idiota, potevo morire. «Ti credo, non preoccuparti. È una lezione che ho imparato. Se dovesse succedere di nuovo, farò in modo di fare una strage senza scappare». Scoppiamo a ridere.
«Non succederà, Archimede. Questi giorni sono stati un inferno senza poterti sentire. Non posso pensare di saperti in galera». Lo bacio intensamente, nemmeno io ho intenzione di privarmi più di lui.
«Perché non vieni a dormire qui con me? Anche tu sei dimagrito, l'ordine di mangiare vale per entrambi. Domani super colazione. Non so se è per la gravidanza, ma ho una fame da lupi». Si stende al mio fianco e io poggio il mio viso sul suo cuore.
Mi sfiora la guancia con una mano. Chiudo gli occhi e mi godo le carezze, la sensazione delle sue dita, il suo odore mi rilassa e mi addormento.

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