83. Capitolo Jamie Lewis

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“In corsa bisogna essere in due: la macchina e il pilota. Se il pilota sbaglia sono guai.”
NIKI LAUDA

Mia sorella aveva ragione, nei giorni seguenti l’umore di Julia cambia in meglio. Sembra più tranquilla, la visita improvvisa dei maschi della mia famiglia le ha dato serenità. Siamo quasi al termine della stagione e ho perso il gran premio del Messico. La BLUE con Max vince ancora e la RED assottiglia il divario. Sain mi ha raggiunto nella lotta al titolo e il suo team ritorna primo nel mondiale costruttori. Vincere ormai non è più una priorità. La prossima settimana c’è il processo e finalmente potrò rivederla. La mia Julia. Il resto può andare a farsi benedire. Scendo dall’auto, e visto che non sono sul podio mi infilo nel mio stanzino. Ma trovo una sorpresa ad attendermi: mio padre sul piede di guerra.
«Mi spieghi che cavolo stai combinando?»
«È colpa mia adesso se Max si è buttato come un caterpillar mandandomi fuori strada?»
«Jamie, non giocare con me. Non mi dire che arrivare nono era l’unica posizione plausibile».
«Sai, papà, la prossima volta chiedi all’ARGE se puoi sostituirmi così vediamo cosa sei capace di fare». Fanculo.
«Ti credevo una persona matura. Dovresti crescere visto che hai intenzione di mettere su famiglia. Ti stai arrendendo, ecco cosa stai facendo. Non credo che Julia oggi sarà orgogliosa del tuo operato».
«Ti ho detto che tu non hai alcun diritto di nominarla. Sei quello più contento della nostra condizione e mi fai girare solo le palle».
«È questo quello che pensi? Credi che io sia cieco? Lo vedo quanto sei infelice e proprio perché pensi che sia un egoista dovresti sapere che sto pregando perché lei possa tornare da te, così almeno non avrò l’ansia di vederti correre con la paura di non rivederti più tornare. Fanculo, Jamie».
«Era ora. Vattene. Esci dalla mia stanza e se puoi anche dalla mia vita». George spalanca la porta interrompendo la diatriba.
«Gli esponenti della ARGE vogliono parlare con voi, vi aspettano nella sala briefing dell’hospitality». Perfetto.
«Lo sapevo, che sarebbe successo. Merda», impreca mio padre.
«Il tempo di cambiarmi e li raggiungo», affermo sereno.
A differenza del mio vecchio non mi importa un fico secco di quello che avranno da comunicarci.
«Ti diverti?» Sorrido alla domanda di mio padre.
«Una volta tanto è bello vedere le posizioni invertite». Ed esce senza replicare, sbattendo la porta e lasciandomi vestire in santa pace.

Arrivato al luogo dell’incontro, trovo i capi della ARGE e mio padre in piedi che mi aspettano. Le loro facce sono alquanto soddisfatte e la cosa mi stupisce.
«Ragazzo mio, ho una notizia buona e una cattiva. Quale vuoi per prima?» Incrocio di proposito i visi dei nostri visitatori, sto per dire “cattiva” quando il capo della ARGE apre bocca.
«Desideriamo esprimere il nostro apprezzamento per la gestione impeccabile della stagione e ringraziarla per la professionalità dimostrata al nostro servizio. Le segnaliamo con soddisfazione che gli impostori sono stati individuati; abbiamo consegnato le prove alla FIA insieme alla RED. Alla luce dei nuovi sviluppi, le accuse nei confronti suoi e della signorina Testa sono cadute. Non sarà necessario un processo». Spalanco gli occhi e mi sedio. «L’ingegner Testa dovrà pagare una multa considerevole per possesso improprio di dati sensibili, ma potrà riprendere il suo ruolo dopo il campionato. Inoltre, desideriamo informarla che copriremo in toto il costo della multa come regalo di nozze. In questa busta troverà anche un contratto per la sua futura moglie». Sono senza parole.
È finita. Finalmente è finita. «Siamo liberi», sussurro incredulo.
Poi il bisogno di sapere chi è il colpevole, mi scuote. Voglio la sua testa. Deve marcire in galera. Mi alzo di scatto e il mio slancio non passa in osservato.
«Chi è stato, come sono andate le cose?» La dirigenza della ARGE si guarda, indecisi se parlare o meno, ma poi sembrano arrivare alla stessa conclusione.
«È nostro dovere informarla, sebbene forse non dovremmo farlo, ma le spettano tutti i dettagli. I responsabili dell’aggressione alla sua ragazza erano in realtà solo una parte di una rete più ampia. L’attacco non aveva uno scopo sessuale; la droga utilizzata aveva lo scopo di neutralizzarla per rubare i dati dal computer di lavoro, consegnato successivamente alla RED. Anche il furto della sua valigia in aeroporto era un piano ben orchestrato, sapendo di trovare informazioni importanti nel suo laptop a causa dei trasferimenti diretti dell’ingegner Testa. Analizzando le telecamere dell’aeroporto, abbiamo identificato lo stesso individuo che spesso seguiva la signorina Testa di sera. Le consigliamo di comunicare alla sua futura sposa di evitare i mezzi pubblici in certi orari, considerato il rischio». Magari ascoltasse.
«È una battaglia persa in partenza». Ridono pensando sia una battuta, ma è la verità.
«Quanto alla trama complessa, l’obiettivo di queste persone era vendere i progetti a un ingegnere della ARGE. I componenti sviluppati dalla sua ragazza erano stati originariamente concepiti dal nostro team, senza sapere che erano schemi rubati; solo due di essi sono stati effettivamente montati sulle monoposto. Non possiamo che lodare il talento straordinario della sua ragazza». Immagino. «Nel complesso, tutto era un complotto per far squalificare entrambe le scuderie, visto che le irregolarità sono state riferite direttamente alla FIA. Il principale colpevole era un ingegnere RED che collaborava in modo non dichiarato con i suoi colleghi della BLUE. L’obiettivo finale era scatenare una bomba per eliminare le due squadre forti dal Campionato. La BLUE si è dissociata dai fatti, e crediamo possa essere vittima quanto noi. La loro politica aziendale incentiva i dipendenti solo in caso di vittorie, quindi riteniamo che, scoppiata la bomba, anche gli ingegneri BLUE avrebbero sviluppato il lavoro della sua compagna». Che casino, mi gira la testa. «In conclusione, abbiamo restituito i progetti alla RED e pagato la multa della sua fidanzata». Continuo a non avere parole per quanto successo.
L’importante è che sia finita. Stringo le loro mani e dopo i soliti convenevoli resto solo con mio padre.
«Okay, devo contattare Julia». Non vedo l’ora di dirle tutto.
«Aspetta, Jamie. C’è ancora la notizia brutta». L’avevo dimenticata.
Lo guardo fisso negli occhi in attesa di sentirlo parlare. Prende il suo cellulare e me lo porge.

LA STELLA DEL POP È TORNATA A CANTARE PER IL SUO RE.
L’amore, quello vero, non lo puoi arrestare, perché quando decide di tornare, è più devastante di un uragano. Le foto lasciano poco spazio all’immaginazione. Sono intime e belle. Il sorriso di Lewis è soddisfatto, ma soprattutto non nasconde l’amore ritrovato per la sua musa, Coline.

Ma che cazzo è questa roba? Sono foto vecchie che…, «Erano sul pc che mi hanno rubato», dico ad alta voce.
«Guarda queste immagini». Oh no, sono quelle della campagna della IWG. Queste sono recenti, cazzo. «Non voglio allarmarti, ma ho cercato di contattare Julia e il suo telefono è spento. Forse non le ha viste, anche se trovo difficile crederlo, i giornali sono invasi dalla notizia di te e Coline». Che situazione. «Spero che Julia non cada nella trappola. Ora vola da lei, corri. Non preoccuparti delle interviste, inventerò una scusa». È la prima volta che mio padre mi permette di fare una cosa del genere.
Ma adesso non è il momento di soffermarsi. Se questo è il suo modo di chiedere scusa per il male pensato, non sarò certo io a oppormi. Va bene così. Ho un volo da organizzare. Mentre corro in albergo, provo a chiamarla. Il telefono è spento. Riprovo. Rispondi, Julia! Rispondi. Nulla, sempre irraggiungibile. Merda.

Entro di corsa in stanza per preparare una mezza valigia e prendere il mio passaporto, mi precipito in camera e trovo una sorpresa. Coline. Nuda. Nel mio letto. La sorpresa dura poco e la rabbia, per quello che ho visto, prende subito il sopravvento.
«Rivestiti ed esci da qui immediatamente. Scommetto che le foto sono un’idea tua, hai dato il tuo benestare alla pubblicazione, non è così? Che stronza». Come ha potuto?
Non ho tempo da perdere, adesso. E mentre spero si rivesta, io continuo a fare le valige.
«Non dirmi che non ti andrebbe. Non puoi resistere, sono tua, prendimi». Che tristezza di donna e io che pensavo fosse diversa.
«Coline, rivestiti prima che scateni l’inferno. Non farmi essere volgare. Le corna che hai messo sulla mia testa potrebbero infilzarti. Esci da questa camera, subito!» Sono davvero furioso, vorrei sbatterla fuori a calci, ma devo correre da Julia.
«È stato un errore, Jamie. Tutti possono sbagliare, l’importante è saper rimediare. Ti prego, riproviamoci». Tra poco potrebbe solo rimediare una botta in testa.
Prendo i suoi vestiti e glieli lancio addosso. Esco dalla stanza e mi trascino la valigia. In quel momento sento aprirsi la porta d’ingresso e quella bastarda di Coline decide di buttarsi addosso. Julia. La sua vista mi gela. E non capisco più niente.
«Allora è vero? Non ci posso credere, sei tornato con lei» Non riesco a risponderle perché ha già chiuso la porta.
Coline mi blocca, me la scrollo di dosso, cade.
«Ti ho detto va’ via, cazzo!» Urlo.
Cerco di inseguire Julia. La chiamo come un disperato, corre veloce sul marciapiede. Vedo tutto al rallentatore. Lei che attraversa, i nostri sguardi che si incontrano e una macchina che la prende in pieno. Osservo il suo corpo volare per poi atterrare sull’asfalto. Ed è la fine. Mi precipito da lei urlando, vedo del sangue uscirle dalla testa.
«Julia, cazzo! Resta con me. Chiamate i soccorsi! Non è come pensi, io ti amo», dico in preda al panico.
Per un attimo apre gli occhi e mi sorride. «Ti prego, guardami. Era già in hotel, non l’ho neanche vista, ero troppo preso a preparare le valige per raggiungerti. Ti prego, è finita, adesso possiamo stare insieme. Non mi lasciare… Resta con me». Continua a guardami, ma poi chiude gli occhi e non si muove più.
«Aiutatemi!» Urlo disperato. Respira! Respira! Resta!

La corsa all’ospedale è un inferno. La portano via e io resto solo in una sala d’aspetto. Prego ed è l’unica cosa che posso fare. Mi raggiungono mio padre e George, nessuno dice una parola.
Le ore passano e io sono a pezzi. Ho mandato il mio jet a prendere la mia famiglia e quella di July. Dio, non può morire, abbiamo sofferto già abbastanza. Dammi la possibilità di un futuro, ti prego.
I mesi passati con lei scorrono come un film nella mia mente ed io ne voglio molti di più. George mi allunga il mio ipod, ho bisogno di sentire la sua voce. Dopo un’eternità, un medico chiama il mio cognome.
«Come sta, dottore?» Chiede mio padre.
«Per ora stanno bene. La teniamo sotto sedazione per dare alla testa il tempo di riprendersi. La botta non è stata violenta, ma ha riportato una lesione cerebrale. Domani la proveremo a svegliarla e speriamo che sia tutto nella norma». Prego sia così.
«Mi scusi, dottore. Perché parla al plurale?» Incalza mio padre.
«La signora Lewis è incinta». Oh. Mio. Dio.
Un bambino… Incinta. Il mio bambino. Stavo per perdere tutto.
Mi ritrovo in un vortice di oscurità, le voci circostanti sfumano. La mente è intrappolata in un labirinto di supposizioni angoscianti. Il desiderio di controllare la situazione si scontra con la paura che tutto possa sfuggire di mano. I pensieri si accavallano frenetici: e se qualcosa andasse storto? E se non riuscissi a proteggere il mio bambino? E se Julia non dovesse… La respirazione diventa sempre più affannosa, il petto si stringe, e il mondo intorno si dissolve in una nebbia irreale. Le mani sudate stringono la mascherina, e la voce di mio padre sembra provenire da un posto troppo lontano. Poi, all’improvviso, il vuoto. Il silenzio. Una pausa sospesa nel tempo.

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