𝑐𝑎𝑝. 𝟸: 𝑃𝑖𝑢' 𝑙𝑢𝑛𝑎𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑖 𝑢𝑛 𝑐ℎ𝑖ℎ𝑢𝑎ℎ𝑢𝑎

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Da quando Kevin si era trasferito davanti casa nostra non lo avevo mai visto uscire fuori. Quindi prontamente, quando avevo tempo, rimanevo davanti alla finestra per riuscire a vedere qualcosa.

La finestra dava sul salone, proprio come casa mia, e c'era Marie di solito: ricamava, leggeva o faceva l'uncinetto.

Solo una volta vidi Kevin, insieme a Marie, alle prese con un ballo a due, la musica doveva essere lenta perché sembrava che fluttuassero.
Era così intimo quel ballo che mi sentii di essere il terzo incomodo seppur in un'altra casa, ma smisi di guardarli solo quando uscirono dal salone.

«Sono molte le persone che preferiscono rimanere a casa piuttosto che uscire, sai?»

Appoggiato alla finestra, potevo sentire lo sguardo giudicante di Hunter dietro di me. Emisi un sospiro e mi girai verso di lui tenendo la testa bassa, come se fossi in castigo. «Hai ragione»

«Smettila di crogiolarti nei pensieri guardando il pavimento!» Mi sgridò. Io alzai lo sguardo tenendolo avvilito. Mi guardò come se avesse davanti un cucciolo bastonato. «Fa qualcosa per sistemare questa tua disperazione, no? Mi dici sempre di fare qualcosa per la cotta che ho per tua sorella, e ti do ascolto, ma tu i tuoi consigli non li metti in atto?»

«I miei consigli in questo caso non servono a nulla. Non andrò a far sesso con ragazzi a caso, conosciuti in un locale gay o su Tinder, anche perché ci ho provato in passato e hai potuto constatare che non è servito.» Borbottai andando a coricarmi sul divano, portandomi le mani al viso.

«Non intendo quei consigli, ma il farti avanti. Non fare lo stalker osservandolo dalla finestra, d'accordo?» Mi si avvicinò. Le ruote della sua sedia a rotelle avevano bisogno di un po' di olio, stridevano sul pavimento e il rumore mi rendeva ancora più nervoso.

«Come posso farmi avanti se non so come diventare suo amico?» Chiesi guardandolo attraverso la congiuntura delle dita.

«Partiamo già dal fatto che se Marie o Kevin scoprissero che stai davanti alla finestra per cercare di capire cosa fanno, potresti beccarti una bella denuncia per stalking.» E aveva ragione, ero così senza pudore a farlo... ma non avrei smesso. Spiare faceva parte del mio essere, ci ero cresciuto facendomi i fatti degli altri, e ci sarei morto.

«Potresti beccarti un'altra denuncia anche se non dici le giuste cose. E tu, Amos, le cose giuste non sai dirle se sei a disagio.»

Mi lamentai sbattendo i piedi sul divano. «E che devo fare se non va bene nulla di ciò che faccio?»

«Vai a casa sua e chiedigli, con la tua genuinità, di diventare tuo amico. Sarai te stesso e non si sentirà inquietato.»

Guardai il soffitto per un attimo, poi girai il viso verso di lui, «e se non volesse diventare mio amico? Sono insopportabile, ho paura di fare brutta impressione. Non sarebbe la prima volta...»

Scosse le spalle, poi prendendomi per un tamburo, cominciò a colpirmi sulla pancia con le mani.

«Senti, sei la persona più insopportabile che conosco, ma sei anche una persona stupenda. Ti voglio così tanto bene che non ti sostituirei nemmeno con la persona meno insopportabile al mondo.
«Ciò che ho detto potrebbe pensarlo anche lui, oppure potrebbe tranquillamente dirti che non vuole essere tuo amico... ma in questo caso perderebbe l'occasione di conoscere Amos Montanari.»

Cominciai a ridere appena mi alzò la maglietta per colpire la pancia scoperta con le sue mani congelate.

Alla mia, si aggiunse anche la sua di risata.

«Missione compiuta, ti ho fatto ridere.»

Mi sollevai con la schiena mettendomi seduto, abbassandomi con essa fino a toccare con il petto le cosce.
«Grazie per farmi da life coach» dissi biascicando le parole mentre mi stiracchiavo.

𝐃𝐨𝐩𝐨 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐭𝐢 𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐚𝐭𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora