𝐶𝑎𝑝. 𝟸𝟻: 𝑃𝑟𝑒𝑐𝑖𝑝𝑖𝑡𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑑𝑎𝑙 𝑏𝑢𝑟𝑟𝑜𝑛𝑒

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Kevin rimase con me anche la notte, anche se io non dormii affatto. Non ero tranquillo e a tratti sentivo freddo e cercavo di accucciarmi a lui oltre che al piumone.

Vederlo dormire fu la cosa più bella che avessi mai fatto. Dormiva così bene con me, così serenamente. A tratti mugugnava, si girava di spalle e poi a pancia in sù, ma oltre ciò sembrava avere un sonno molto profondo.

Poi chiusi gli occhi quando lo vidi stropicciarsi i propri, sintomo che si stava svegliando, e feci finta di dormire. Dopo qualche secondo sentii la sua mano accarezzarmi la fronte e le sue labbra appoggiarsi lì, senza però baciarmi.

Trattenni il respiro e ripresi a respirare quando scese dal letto e uscì dalla camera. Mi arresi all'idea che se ne fosse andato accucciandomi al piumone, fingendo che quel calore fosse lo stesso che emanava. Non smettevo di sentire freddo.

Tenni gli occhi aperti guardando la scrivania grazie all'uscio della lucetta che tenevo accesa la notte, e sentii dal bagno dell'acqua scorrere ma nel mentre Hunter russare. Poteva essere tranquillamente Kevin, ma per qualche strana ragione cominciai a impanicarmi e pensare che fosse un ladro.

Frugai sotto al cuscino per prendere il coltellino, non capendo minimamente perché mi sentissi così paranoico, poi arrivò di nuovo Kevin e lasciai la presa all'attrezzo.

Richiusi gli occhi prima che si accorgesse che fossi sveglio e sussultai appena poggiò qualcosa di umido sulla mia fronte. Un panno.

«Ma che-» saltai seduto, tenendomi la pezza sulla fronte. Ebbi una fitta alla testa che mi fece mugugnare, e lui sospirò.

«Sei caldo, hai la febbre.»

«E come diavolo me la sarei presa?!» Borbottai cominciando a tremare come una foglia, lasciandomi coprire con la coperta da lui, come un sushi.

Mi portò in cucina trascinandomi e mi obbligò a dirgli dove tenessimo il termometro. Nel mentre, cominciò a tostare dei pancarrè per farmi mangiare.

«Se non mangi non ti bacio più.»

Rimasi a bocca aperta a quell'affermazione minacciosa, arrivata nel silenzio tombale delle cinque di mattina. «Cosa? No!»

«Non sembri molto felice nel mangiare, ma devi farlo. A te piacciono tanto i miei baci, e sai benissimo che riuscirei a non baciarti...» vederlo parlare con quell'aria di superiorità, che era del tutto finta, mi rese fiero di lui poiché stava cominciando a essere sempre più sicuro di se stesso... ma poteva risparmiarsi la minaccia.

«Sei cattivo.» Misi un broncio togliendo il termometro da sotto l'ascella, socchiudendo gli occhi per leggere a quanto fosse la mia temperatura.

Trentotto. Cazzo.

Me lo ritrovai davanti. «Solo due piccoli toast, per mettere qualcosa all'interno dello stomaco. Niente di più,» curiosò l'esito del termometro tra mie mani, poi aprì il frigorifero per prendere uno yogurt. «Speriamo non ti salga.»

Quando finalmente la febbre scese un po' gli ruppi così tanto le scatole che fu costretto ad accompagnarmi al ristorante.

Aveva paura che mi ritornasse la febbre e per questo non voleva che uscissi, ma era importante che io ci andassi. Dovevo parlare con mio padre.

𝐃𝐨𝐩𝐨 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐭𝐢 𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐚𝐭𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora