𝑐𝑎𝑝. 𝟿. 𝐶𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑛𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑎 𝑚𝑒 ²

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Il viaggio in macchina fu devastante. Di solito non soffrivo il mal d'auto ma quella volta rischiai di vomitare dal finestrino. Ringraziai di avere autocontrollo, anche se Johann si accorse comunque della mia brutta cera.

«Sei diventato più pallido, stai bene?» Mi chiese indicando con la mano una casa più lontana rispetto a dove c'erano le altre case, e io mi dimenticai di rispondergli. Assottigliando gli occhi per guardare meglio, riuscii a notare che quella casa per finestre aveva delle vere e proprie vetrate della quale poteva vedersi l'interno per via delle luci accese.
Rimasi a bocca aperta mentre ci avvicinavamo e, quando parcheggiò, uscii dalla macchina saltellando fregandomene della nausea e dei capogiri.

«È fighissima!» Dissi esaltato, girando tra la piccola fontana davanti alla casa e alle tantissime piante messe attorno per adornare quell'enorme cortile.

«Ti piace?» Chiuse la portiera e prese la valigia dal cofano, io continuai nel mentre a guardare la casa. Era bellissima, ma non era roba mia. Il mal di testa, nel mentre, cominciò ad accentuarsi.

«Mi sentirei un po' osservato a vivere con delle finestre così... grandi.» Ridacchiai massaggiandomi le tempie per rilassarmi, ritrovandomelo accanto.

«Sono una persona esibizionista.» Mi disse con un sorriso entrando dentro casa con la mia valigia mentre io rimasi lì, in piedi, davanti la porta d'ingresso ad avvampare.

Sentii qualcosa nel mio inguine, fremetti e diventai ancora più rosso. Frustrato sbuffai non riuscendo a capacitarmi di come quell'uomo, a distanza di anni, potesse farmi quell'effetto.

Non ero più un adolescente in preda agli ormoni, e non mi capitava mai - se non con lui - di provare queste emozioni così palesi e interamente sessuali.

Ma la cosa che in quel momento mi imbarazzava di più non era tanto quello, ma il fatto che avesse detto che era una persona esibizionista nella maniera più naturale possibile. Io non ero una persona del genere, e ne ero sicurissimo, eppure mi sentii sporco pensandomi in quelle vesti.

«Johann la... nausea del mal d'auto sta peggiorando, posso andare in bagno?» Mentii spudoratamente entrando in casa, lo cercai non alzando lo sguardo da terra, sperando di individuare i suoi piedi, e quando riuscii a trovarlo alzai il viso verso di lui.

«È al piano superiore. La porta è bianca e la stanza accanto è la camera degli ospiti dove alloggerai,» indaffarato a rollare una sigaretta tra le dita, mi fece un cenno con la testa verso delle scale nere a chiocciola. «Sono finite le sigarette dentro al pacchetto, cazzo. Non sono capace.» Passò la lingua sulla cartina e io battei le palpebre non riuscendo a staccargli gli occhi di dosso. Lo avrò fissato per un bel po', perché alla fine rise mettendosi in posa con la sigaretta tra le labbra. «Allora? Ti ho fatto passare la nausea?»

«... No.» Mugugnai a disagio, allentando e stringendo le mani a pugno per scaricare la tensione. Chiusi gli occhi per riuscire a pensare a che scusa dire e mi venne in mente l'immagine di Kevin che fumava. Mi ritrovai a sorridere nel pensarlo, come se il litigio avuto il giorno prima non fosse successo.

Pensai alle sue dita esili che tenevano il filtro; il lieve tremore delle sue mani, quel giorno alla festa, mentre cercava di stare tranquillo in mezzo alle persone; il fumo che usciva dalle sue labbra come se fosse la cosa più naturale che gli venisse di fare.
«Mi hai fatto ricordare la persona che mi piace... fuma.»

Alzò un sopracciglio avvicinandosi a me con la mano destra appoggiata all'avambraccio, mentre inspirava il fumo dalla sigaretta e poi la allontanava. «Ti piace una persona?» Chiese curioso mentre io indietreggiai, in maniera istintiva, di qualche passo, sbattendo sul ripiano della cucina. L'odore del fumo che la sigaretta emanava mi fece tossire.

𝐃𝐨𝐩𝐨 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐭𝐢 𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐚𝐭𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora