𝑐𝑎𝑝. 𝟷𝟷: 𝐶𝑒𝑛𝑎 𝑒𝑙𝑒𝑔𝑎𝑛𝑡𝑒

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Due giorni passarono velocemente, per fortuna.
Johann non era appiccicoso, non mi obbligava a fare cose che non volevo.
Con la governante, che scoprii chiamarsi Renate, giocammo addirittura a Monopoly con soldi veri - per renderlo più eccitante - e vinse lei. Era felicissima, poiché vinse in tutto 5.000 euro.
Immortalai quel ricordo con la fotocamera e la polaroid, perché mi piaceva tenere foto simili in entrambi i formati. Poi Johann mi chiese di andare a cena fuori prima che partissi, e accettai.

Finii davanti al computer per farmi aiutare da Hunter su che abito mettere, ma non era molto felice.
Dal divano, cominciò a scrutarmi con disgusto. «Davvero devi andare a questa cena?»

Annuii girandomi, per fargli vedere come ero vestito. Un dolcevita color cioccolato e sopra un abito color panna, giacca e pantaloni. Poi ce n'erano altri due, uno nero e l'altro grigio che non avevo intenzione di provare.

«Bah...» sbuffò alzando gli occhi al cielo. «Ti stai facendo troppo bello...»

«Dici?» Sconsolato mi tolsi la giacca.

«Non ti ho detto di toglierti i vestiti, stupido. Ti ho solamente detto che ti stai facendo troppo bello per andare a una cena...»

La rimisi farfugliando parole in italiano, e appena mi sistemai mi avvicinai al computer per guardarlo meglio.
«E da quando in qua sei geloso? Laura non ti soddisfa? Hai capito di essere bi finalmente?» Lo riempii di domande per confonderlo e farlo stare zitto. Sapevo dove stesse andando a parare; voleva fermarmi dall'andare a cena con Johann.

Mi rispose roteando gli occhi, bevendo la tazza che stringeva tra le mani.
Era tornato a casa dopo aver tatuato una donna anziana sull'interno coscia ed era rimasto così sconvolto da farsi una camomilla per rilassarsi. Avrebbe voluto diventare cieco.

«Se non mi sono innamorato di te in tutti questi anni, come potrei mai essere bisessuale?» Chiese con un sorriso divertito, anche se fece di tutto pur di apparire innervosito; mi piaceva prenderlo in giro dicendogli quanto fosse uno spreco da etero. «Trovo solo assurdo che tu ti vesta bene dopo ciò che ti ha detto quel tizio, dovresti fare brutta figura piuttosto!»

«È il socio di mio padre. Solo perché sono contro le sue idee non vuol dire che debba fargli tutto di ripicca,» borbottai guardandomi allo specchio sistemando il cavallo dei pantaloni che erano leggermente stretti. Oltretutto non riuscivo a vedermi vestito in quella maniera. Anche se era più o meno ciò che mettevo quando avevo eventi importanti, il fatto che fossero vestiti di marca mi metteva a disagio.

«Amos, non mi fido. Non mi è mai piaciuto... per favore.»

Era veramente preoccupato, ma non ne trovavo il motivo.
Quell'uomo era inquietante e fin qui aveva ragione, ma era ricco e tutti i ricchi che conoscevamo erano come lui. Quindi non capivo perché volesse che io scappassi come se a inseguirmi ci fosse un serial killer e non un uomo sulla quarantina con lo sguardo malinconico.

«Non mi farà nulla.»

«È di questo che ti volevo parlare!» Urlò dando un colpo alla tastiera con la mano, chiedendo subito scusa al computer come un tonto. Mi fece ridere, e lo presi in giro.
«Non ridere e ascoltami, per favore.»

Smisi di ridere e chiusi gli occhi per inspirare. «Hunter, sei palloso. Sto per staccare.»

«Se è come dici tu, e che quindi vuole la catena di ristoranti solo per se... farà di tutto pur di averle.» Bevve l'ultimo sorso, per poi appoggiare la tazza a terra, accanto al divano.

«Sai benissimo che succede solo nei film.» Mi sistemai la giacca e decisi che il mio outfit era finito lì. Era da mezz'ora che cercavo di scegliere cosa mettere e Hunter non era stato utile. Il marrone e il panna mi stavano bene dopotutto.

𝐃𝐨𝐩𝐨 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐭𝐢 𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐚𝐭𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora