𝐶𝑎𝑝. 𝟸𝟷: 𝑅𝑖𝑢𝑠𝑐𝑖𝑟𝑜̀ 𝑎 𝑠𝑎𝑙𝑣𝑎𝑟𝑡𝑖?

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Eravamo solo io e Kevin, uno davanti all'altro, sopra un tetto. Stavamo facendo un picnic al cemento, come lo chiamavo io.

Con della musica di sottofondo, classica, Kevin mangiava con gusto e ascoltava i miei aneddoti sul pattinaggio. Pian piano, però, il suo volto cominciò a cambiare. Apparve più stanco, malato.

Ci alzammo, poiché ero preoccupato, ma lui si allontanò da me senza parlare. Dall'incontro non aveva detto nemmeno una parola.

Si girò di spalle e si avvicinò al cornicione guardando il panorama, ma quando cercai di avvicinarmi a lui qualcosa mi tenne inchiodato al terreno.
A quel punto salì sul cornicione e io cercai di urlare che era pericolo, ma senza risultati. Non usciva nulla dalle mie labbra, se non suoni gutturali.

Strinsi le labbra, rischiando di farmi male con i denti, e il mio peggior incubo diventò realtà.

Kevin si lasciò cadere.

Smisi di respirare, cercai di liberarmi da ciò che mi teneva incollato al terreno e finalmente riuscii a correre davanti al cornicione, ma era troppo tardi. Il tonfo del corpo di Kevin contro l'asfalto mi fece sanguinare le orecchie.

Guardai il suo corpo piegato in maniera innaturale, il sangue che velocemente cominciava a macchiare l'asfalto sotto la sua testa.

Le gambe mi cedettero e caddi in ginocchio poggiando la fronte sul muretto, non riuscendo né a piangere e né a urlare.

Dell'acqua gelida mi fece aprire gli occhi di scatto e fu come se avessi ripreso a respirare. Sentivo il cuore in gola e, istintivamente, mi abbracciai per trovare calore poiché ero zuppo d'acqua.

«Ti ho chiamato, ma non ti svegliavi.»

La voce di Kevin mi arrivò ovattata. Mi girai confuso e lo guardai per qualche secondo prima di lanciarmi contro di lui per abbracciarlo.
In mano aveva un secchiello da spiaggia che fece cadere dalla sorpresa.

«... Staccati, sei tutto bagnato. Abbracciami quando sei asciutto.» Disse innervosito, cercando di spingermi via, ma io lo strinsi ancora più forte lamentandomi.

Mi venne da piangere, e prendendo un bel respiro cercai di spiegargli con gli occhi già pieni di lacrime.

«H-ho sognato che ti uccidevi...» mormorai come se fosse un segreto, mordendomi il labbro così forte da farmi male. Mi appoggiai con la guancia sulla sua spalla, facendo finta di trovare il suo collo interessante pur di non guardarlo in viso.

Poggiò una mano sui miei capelli, lasciandogli una piccolissima carezza. «Se non è veramente successo, perché piangi?»

Perché ti amo, volevo rispondere, perché ci tengo a te, ma mi trattenni.
Kevin non sapeva esprimere le emozioni come una persona normale, era inutile spiegarglielo.

«N- non sono riuscito a s-salvarti...» Con la guancia schiacciata sulla sua spalla, fui obbligato a mugugnare.
In imbarazzo, allontanai le mani dalle sue costole e le portai al viso per coprirlo, lui allora portò l'altro braccio sul mio fianco e mi strinse in un abbraccio.

Rimanemmo così per qualche secondo, dove lui ogni tanto giocava con i boccoli dei miei capelli, e quando finalmente mi staccai sedendomi di nuovo sul letto, mi guardò serio.

𝐃𝐨𝐩𝐨 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐭𝐢 𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐚𝐭𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora