𝑐𝑎𝑝. 𝟷𝟺: 𝑅𝑒𝑠𝑡𝑒𝑟𝑜' 𝑎𝑙 𝑡𝑢𝑜 𝑓𝑖𝑎𝑛𝑐𝑜 ¹

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Mi risvegliai con l'affanno, non ricordando nemmeno ciò che stessi sognando. Guardandomi attorno, per capire se fossi in un altro sogno o meno, vidi Hunter dormire accanto a me. Avevo la mano sul suo stomaco, e lui me la stringeva con le proprie, come se non volesse che io me ne andassi.

Era intorpidita e il braccio mi faceva anche male, però la tenerezza che provai nel guardarlo mi fece rimanere immobile.
Per fortuna arrivò un'infermiera che, seppur spaventandosi nel ritrovarmi sveglio, sorrise.

«Sono le sette e mezzo» annunciò cambiando la flebo a Hunter. «Tra un po' inizia il giro visite, quindi è meglio se ti sistemi adesso ed esci. I medici di questo turno sono molto maleducati. Non vogliono vedere gli assistenti dei pazienti nelle camere.» Mi avvertì.

«Grazie» dissi alzandomi dalla sedia a sdraio, facendo attenzione a non svegliare Hunter mentre toglievo la mano dalla sua presa.
Ebbe dei piccoli spasmi alle mani, segno che aveva percepito che qualcosa se n'era andato via, e mugugnò impastando con la bocca.

Mi massaggiai prima il braccio e poi la schiena, entrambi doloranti. Non dormivo su una sedia a sdraio da anni ormai e non ci ero più abituato – anche se avevo la capacità di addormentarmi dappertutto.

L'infermiera uscì dalla camera e io mi cambiai. Avevo addosso i vestiti del giorno prima, quelli con i quali ero partito, e mi sentivo sporco.

Quando aprii la porta, mi girai verso Hunter sentendo la sua voce.
«Dove… vai?» Blaterò mezzo addormentato. Ridacchiai trovandolo adorabile.

«Dicono che il turno di stamattina è antipatico e non sopporta gli assistenti dei pazienti. Non ho voglia di litigare, tornerò dopo che il giro visite sarà finito. Okay?»

«Poi torna, però.» Potei vedere le sue pupille tremare. Stava combattendo per rimanere sveglio.

«Ti ho mai abbandonato?»

«No…» impastò le labbra. «Mi fido di te»

Sorrisi facendo una corsetta verso di lui, lasciandogli un bacio sui capelli. «Dormi ancora un po'. Ti sveglieranno i medici quando arrivano.»

Mugugnò qualcosa che non capii e chiuse del tutto gli occhi. Rimasi un minuto, per capire se stesse veramente dormendo, e poi uscii dalla camera pensando a ciò che fare. Avevo fame, ma non volevo comprare qualcosa dalle macchinette.

Decisi di uscire dall'ospedale e sedermi su una panchina con davanti un bellissimo salice piangente che era lì da trent'anni, se non di più, piantato in un'aiuola piena di fiori di tanti colori.

«Amos?»

Una voce simile a quella di mia sorella mi spaventò, e mi guardai attorno cercando la sua figura. Abbagliato dalla luce, non riuscii a riconoscere il sesso delle persone che erano attorno a me.

«Com’è che non mi trovi mai?» Borbottò toccandomi la spalla da dietro, facendomi girare di scatto e urlare dalla paura.

La guardai male. «Dovrei fare una visita oculistica, ma se continui a farmi spaventare dovrei direttamente mettere i soldi da parte per il funerale.»

Rilasciò una leggera risata, anche se io ero terribilmente serio, e ci demmo a vicenda un bacio sulla guancia.

«Appariresti come un adorabile topino da biblioteca, adorerei.» Mi sorrise, facendo oscillare la busta di carta che teneva appesa sull'avambraccio. «Vi ho portato la colazione. Ti stavo per chiamare al cellulare» appese la borsa di carta sulla mia mano. «Sono french toast. Li ha fatti papà, ieri io e Alessandro siamo rimasti a casa sua e ora sono andati a pesca.»

𝐃𝐨𝐩𝐨 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐭𝐢 𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐚𝐭𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora