11: La torre delle delizie

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Il ritorno ad Oria l'indomani fu qualcosa di assai strano per entrambi, un lungo tragitto attraverso la selva fatto di silenzi e sguardi fugaci che si spostavano immediatamente su altro non appena capitava loro di incontrarsi.

Nessuno dei due sapeva cosa dire, come se le parole si incastrassero in gola e non trovassero la maniera di liberarsi dopo quello che avevano condiviso la notte prima, e a ciò si aggiungeva il fatto che erano entrambi consapevoli pure del fatto che ogni passo verso la città era un ulteriore passo verso il silenzio, che certo non potevano mettersi a parlare di un rapporto contrario ad ogni legge umana e, dicevano, divina per le strade affollate della città.

Del resto poi non avevano idee su cosa dirsi di preciso e l'imbarazzo aveva preso il sopravvento.

Simone avrebbe solo voluto chiedergliene ancora, dirgli che aveva amato ogni singolo istante che l'altro lo aveva tenuto stretto a sé e che quando gli aveva concesso di prendersi tutto lo aveva fatto con piena convinzione, perché il suo corpo e il suo cuore gli avevano gridato di volerlo sin dal primo istante. Avrebbe voluto dirgli che, grazie a lui, dopo tanti mesi si era finalmente sentito al sicuro, il terribile ricordo della fine di Uberto che era volato via come polvere ad ogni nuova stretta che il cavaliere gli dava, consentendogli la benedizione di un sonno privo di incubi ma popolato solo di sogni che odoravano del medesimo forte odore del corpo muscoloso dell'italico.

Dal canto suo Manuel rimuginava, smarrito in un labirinto che non sapeva quando fosse stato progettato ma nel quale sapeva di non poter rinvenire la via d'uscita. Si domandava come avrebbe dovuto regolarsi con Simone d'ora innanzi, che fin tanto che lo aveva baciato da ubriaco era stato un conto ma ciò che era accaduto al lago era ben altro ed era assai probabile che il minore si attendesse qualcosa adesso, che lo conosceva troppo bene nonostante tutto da sapere che non avrebbe accettato di venir trattato come uno scaldaletto, sebbene quella non fosse mai stata la sua volontà.

 Non s'era voluto togliere uno sfizio, non aveva ceduto ad una tentazione per poi dimenticarsene. Aveva voluto quello che era successo e si era goduto ogni singolo istante, ogni carezza che l'altro gli aveva fatto ed ogni tocco delle labbra sulla sua pelle, che Simone ci aveva messo una passione che raramente aveva sperimentato in vita sua. Aveva vibrato per lui, un meraviglioso strumento musicale che solo per lui si era reso disponibile ad emettere la sua melodia più dolce, ed era arrivato a concedergli qualcosa che non avrebbe ritenuto possibile, qualcosa a cui lui aveva accondisceso, unendoli in una maniera che li avrebbe legati per sempre. 

E si era sentito leggero mentre accedeva.

Mentre tutto il suo mondo si scioglieva in quegli occhi luminosi che lo fissavano e gli si arrendevano lui si era sentito libero, come se Simone fosse stato in grado di cancellare il peso che gli gravava addosso da un tempo lontano, spogliandolo tanto dei vestiti quanto delle catene che lo trattenevano e restituendogli quelle ali che gli erano state spezzate anni e anni addietro.

Sapeva infatti che non era un caso che fosse accaduto proprio con lui, che non poteva essere una coincidenza che avesse trovato il coraggio di fare tutto quel campionario di meravigliose dissolutezze proprio col corvino che ora gli camminava a fianco a debita distanza da Nigero e che non era fortuito che fosse avvenuto proprio con quella persona che aveva deciso sin da principio e senza ragione di proteggere per la sua dolcezza e il suo di essere per niente adatto al mondo brutale in cui viveva.

E non poteva neppure essere un caso che, proprio a seguito di quella loro vicinanza, quella notte stessa la sua testa avesse ripreso a comporre versi, sciorinando in maniera fluida parole che credeva di aver dimenticato prima che il corpo dormiente di quell'occitano desse loro la spinta necessaria a ridestarsi.

Naturalmente lo avrebbe tenuto gelosamente per sé, non gli avrebbe mai e poi mai confessato che aveva composto per lui una poesia che parlava dei suoi occhi, dei suoi ricci e dei suoi baci che bruciavano la sua pelle, ma la sola consapevolezza di averlo fatto era di per sé sufficiente a convincerlo che quella con Simone non fosse una rondine destinata a volare via quando fosse giunto l'inverno, sebbene gli fosse anche fin troppo chiaro che non doveva risuccedere mai più, per non illudere il più giovane e per non causare di nuovo la catastrofe della volta precedente, che un altro morto sulla coscienza proprio non lo voleva.

La ballata del cigno e dello scorpione Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora