17: Il senso del coraggio

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Tw: contenuti espliciti
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«Mio signore, perché siamo qui?» gli giunse alle spalle la voce di Giulio, voce che giunse alle sue orecchie quasi fosse un eco lontano «Cosa mai vi ha spinto sotto questa sacra icona, così lontano da Oria e dalla civiltà?».

"Cosa lo aveva spinto lì" si trovò suo malgrado a sorridere, pur senza farsi vedere dall'altro ragazzo.

L'amore avrebbe potuto dire, e quella sarebbe stata la risposta più onesta.
La gratitudine avrebbe potuto essere un'altra possibile risposta, e anche quella non sarebbe stata sbagliata.
Il senso di colpa, quella era la sua terza opzione, e neppure a quella maniera avrebbe detto il falso, giacché tutte e tre quelle parole valevano bene l'espressione del suo stato d'animo in quel momento.

Era stato per certo per amore di Simone che aveva innalzato a Dio quella sua supplica, supplica cui l'Onnipotente aveva prestato ascolto e concesso la grazia che adesso si trovava a dover onorare e per la quale ringraziare. D'altro canto, e questo lo sapeva bene, era stato sempre l'amore per Simone a portarlo a liberare Ivonora dalla sua cella affinché le sue arti mediche più avanzate di quelle degli altri oritani strappassero Simone dall'abbraccio della tomba, e poi Ivonora ne aveva approfittato per scatenare la sua vendetta sulla città tutta, uccidendo il borgomastro e la moglie per sua mano e gettando la famiglia e l'urbe nel caos, addossando sulle sue spalle il peso di una colpa che non avrebbe mai potuto del tutto lavare.

Aveva giurato a sé stesso che l'avrebbe ritrovata, che gliel'avrebbe fatta pagare carissima a quella strega dagli occhi cangianti, assicurandosi personalmente che espiasse ogni colpa commessa prima di consegnarla al braccio secolare e al rogo dove meritava di stare. Ma aveva sottovalutato le capacità di quella donna e la sua capacità serpentesca di sgusciare via fra le ombre, e quando la belladonna si era dissipata ed erano partiti alla sua ricerca non era più stato in grado di trovarla da nessuna parte, rendendogli impossibile lavare da sé quella macchia di sangue innocente che aveva versato, quei trenta tintinnanti denari d'argento coi quali aveva pagato la vita di Simone e il suo desiderio di non perderlo per sempre.

Ed ecco perché ora era lì, solo e ritto davanti ad un vetusto monumento di pietra posto al centro di un triduo, intento ad osservare e farsi giudicare dall'immagine della vergine Maria e di Cristo pantocratore, in bilico sul il confine che separava il vecchio sé stesso che doveva perire e il nuovo che aveva accettato d'esser nel momento in cui aveva consegnato a Dio la sua vita a cambio di quella di Simone.

«Mio signore» lo richiamò ancora Giulio, avvicinandosi con ambo i cavalli stavolta «State chiedendo a Dio che v'aiuti nella vostra ricerca prima che ser Albedo metta in atto il suo proposito?».

La richiesta fu paradossalmente accolta da un sorriso da parte sua, isterico certo, ma comuque un sorriso. Albedo. Un nome ed una garanzia di problemi infiniti per uno come lui, specialmente se questi riguardavano una strega che aveva avuto ragione di voler vedere appesa quando lui invece aveva tentato di farle salva la vita.

"Che Iddio v'assista nella vostra ricerca, Ser Brandi" gli aveva detto, omettendo il suo nome come al solito e con il caratteristico tono sprezzante "Perché se fallirete allora mi metterò a cercarla io. E la troverò messere, la troverò dovessi dare alle fiamme tutta Oria e le Puglie intere!", in pratica scaricandogli sulle spalle anche la responsabilità delle decine e decine di vite che Albedo e i suoi diavoli si sarebbero presi nella loro furia purificatrice.

«Mio signore» richiamò per la terza volta Giulio, stavolta con tono preoccupato e arrivando perfino a mettergli una mano sulla spalla più vicina «Manuel?».

La ballata del cigno e dello scorpione Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora