23. Di vecchie conoscenze e nuove esperienze

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«Quindi fammi mettere un punto al ricamo» gli disse il caledone poggiandosi al tavolo della casa «Ti sei accoppiato in una stalla, quasi fatto ammazzare da un saraceno e ritornato dalla morte, hai incenerito un esercito di predoni e scoperto d'essere l'ultimo discendente ancora in vita di una grande casata della Linguadoca solo negli ultimi trentasei giorni?».

Era tornato a trovarlo finalmente, dopo un numero inenarrabile e vergognoso di giorni in cui praticamente non si erano visti ma il tempo di vergognarsi era stato assai breve, perché il ragazzo biondo gli aveva aperto la porta e lo aveva abbracciato stretto quando lo aveva rivisto fuori dall'uscio, esattamente come si accoglie un vecchio amico di cui da tanto tempo non si hanno notizie.

Dopo il loro ritorno dal monastero, infatti, era stato impossibile frenare lo scorrere dei giorni, perché ovunque andassero e quale sentiero o percorsero facessero c'era sempre qualcuno che voleva fermarli, qualcuno che voleva conoscere di persona l'eroe che era sopravvissuto alle fiamme e il cui coraggio avevano salvato innumerevoli vite di cristiani piuttosto che condannarli. Dalla Torre di Santa Susanna ad Oria, da Erchie a Manduria e più su a nord ancora la notizia di quel che era avvenuto aveva viaggiato sulle ali del vento, passando di bocca in bocca e assumendo, come ovvio, contorni di leggenda talmente tanto ampi che il nome di Manuel Ferro era ora noto in tutte le Puglie, sì tanto che persino Mc Fùrr, nel folto del bosco, ne aveva udito le imprese e non s'era affatto stupito della sua lunga assenza o aveva chiesto chissà quale informativa ulteriore che spiegasse la sua lunga assenza.

«Bhe, più o meno si» rispose lui ridacchiando, istintivamente portando la mano a grattare il retro della nuca come gli era solito fare.

«E sei ancora sano di mente?» domandò ridendo lo scoto, facendo sorridere anche lui in conseguenza.

«Ti giuro su quanto ho di più caro che è tutto vero» disse «Parola per parola».

«Per carità, non giurare sul tuo cavaliere rosso che se poi gli accade per davvero qualcosa tu gli andrai dietro a ruota» gli mandò indietro parando una mano aperta davanti a lui «E poi è un racconto fin troppo curioso per non esser vero, non ti occorrerebbe mentirmi inventando tutto questo quando potresti semplicemente dirmi che è stata la guerra a tenerti lontano».

«Ma non sarebbe stato del tutto vero» replicò «E poi tu fiuti le menzogne per mestiere, non sarebbe stato saggio da parte mia».

«Non sarebbe stato saggio da parte mia» lo canzonò facendogli il verso «Sentitelo, parla già come uno dei nobili, altro che cacciatore di Linguadoca».

«Ma io sono un cacciatore di Linguadoca» rimandò indietro «Non è che ora che so di essere un Foixarré è cambiato qualcosa in me».

«A parte il fatto che ora non posso più prenderti in giro o ordinerai di farmi saltare la testa» seguitò in risposta «Non credo che potrò più canzonare la pudicizia dell'illustrissimo Simone di Foixarré che non si mostra ignudo di fronte ad altri uomini perché ha paura che lo suo imponente stallone provochi vergogna in giro»

«Non ti farei saltare la testa per questo» si schernì, sentendosi arrossire «E non è un imponente stallone il mio».

«Per essere uno col gusto per il membro virile ne hai visti molto pochi se non ti rendi conto di ciò che la natura ti ha dato» commentò, godendosi ogni secondo del suo imbarazzo crescente, si rese conto.

«Tu invece come fai a dire quel che dici?» decise di rilanciare «Non mi risulta che tu condivida li gusti miei in materia ma ti dichiari esperto».

«Ti svelo una grande verità sul mondo, Simò» mandò indietro il biondo «Esistono sempre due modi per sapere le cose così come esistono due vie per raggiungere lo medesimo luogo. E non occorre percorrere ambo le strade per sapere che l'altra esiste».

La ballata del cigno e dello scorpione Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora