18. Per aspera ad astra

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Nonostante fosse stagione di vendemmia faceva insolitamente caldo ad Oria, come se l'estate e il suo sole non avessero ancora esaurito del tutto la propria forza e stessero rilasciando il proprio calore e la propria luce sul mondo in disfida all'autunno e ai suoi colori.
Un contadino avrebbe accolto con favore quell'improvvisa bonanza del clima, lieto che ciò permettesse di avere un raccolto ancora abbondante nonostante la terra fosse prossima al riposo, ma i soldati e i cavalieri come lui ne erano infastiditi, perché il protendersi dell'estate oltre i suoi limiti faceva allungare pure la stagione delle grandi battaglie che mal avrebbero digerito i rigidi climi dell'inverno e lo scrosciare delle piogge per essere combattute. Tali battaglie, tuttavia, parevan essere un ricordo lontano giacché, anche se lo clima aveva giocato a fare il matto con loro, li uomini s'erano adoprati in differente maniera e, in previsione del gelo, gran parte dell'esercito già era stato dissolto e le armi coi loro nobili portatori messe a riposo in attesa di poter essere impiegate ancora l'anno successivo, quando la primavera fosse tornata a render possibile proseguire l'avventura verso Bari.

Alcuni cavalieri, i fortunati che avevano la fortuna di trovarsi prossimi alle loro dimore quando l'ordine di arresto era sopraggiunto, eran riusciti a tornare a casa, intraprendendo il più o meno lungo viaggio verso i rispettivi feudi. Altri, invece, erano stati più o meno costretti a svernare laddove si erano arrestati, ovviamente gravando sulle genti che erano venuti a liberare il più delle volte e se non gli riusciva di rinunciare ai propri sfarzi e bagordi.

Fra questi sventurati che eran rimasti intrappolati lì c'era il suo gruppo di uomini, impossibilitati a tornare a casa per via del fatto che il lungo percorso verso casa valicando l'Appennino in pieno inverno fosse insensato se poi poco dopo di due settimane avrebbero dovuto ripartire per tornare indietro, e c'era ovviamente lui che, tuttavia, non si sentiva così frustrato dalla prospettiva di un lungo inverno nelle terre basse della Puglia, almeno non fino a che le cose rimanevano come in quel momento.

Stava sdraiato sul proprio letto, nudo se non per il leggero velo che gli copriva una gamba e il bacino per intero, le mani indaffarate a torcere e disfare le ciocche scure del ragazzo che gli stava accoccolato sulla pancia ad occhi chiusi, non dormendo ma semplicemente godendosi ogni istante di quel momento di tenerezza che aveva seguito la vampa della lussuria nella quale si erano avvinghiati fino a pochi istanti prima, come gli abiti sparsi nei luoghi meno logici concepibili erano testimonio.

Gli piaceva carezzarlo, si era reso conto, e soprattutto gli piaceva farlo dopo che i loro corpi si erano amati, che Simone emanava un odore tutto suo dopo i loro amplessi ed impregnarsene le mani era il suo modo di tenerlo più a lungo con sé pure quando erano obbligati a separarsi. La cosa poi era rafforzata dal fatto che il corvino non fosse del tutto inerte in quei momenti, ma che ogni tanto si ridestasse per stampare qualche bacio dove gli riusciva di arrivare, seppure lui avesse perfettamente chiaro dove la sua bocca sarebbe arrivata. Da qualche tempo, infatti, Simone aveva preso l'abitudine di fare schioccare le labbra su ogni cicatrice o taglio che contrassegnava il suo corpo, prendendone poi particolarmente a cuore una che gli correva dal fianco al pettorale che aveva rimediato in una delle prime battaglie che aveva combattuto, quando suo padre lo aveva condotto assieme ad un gruppo di suoi armigeri contro ad un gruppo di ribelli che avevan sodalizzato coi briganti.

«Non guariscono mai, non è vero?» gli giunse alle orecchie la voce del franco, distogliendolo dalle sue riflessioni «Sono per sempre».

«Alcune di esse lo sono per davvero, si» gli rispose, non cessando di filargli i capelli fra le dita forti «Talvolta la lama taglia troppo nel profondo e pure se la pelle si sana e si chiude porta sempre con sé il ricordo di quanto le è accaduto. È inevitabile».

«Quindi non se ne andrà mai nemmeno la mia?» gli domandò ancora, riferendosi al segno rossastro che gli correva su schiena e ventre laddove la spada lo aveva passato e risparmiato «Rimarrò sfregiato a vita».

La ballata del cigno e dello scorpione Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora