"Uno novembre.
Ore zero quattro e sette di mattina.
Il soggetto è esausto, sembra delirante.
Si muove con lentezza nell'ombra, non reagisce agli stimoli.
I muscoli fanno scatti improvvisi e i farmaci non funzionano.
È un topo da laboratorio, gira e...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu guarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te.
Aldilà del bene e del male di Nietzsche
⚜️
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
I sogni son desideri, cantava Cenerentola. Ma io non potevo credere che quello che sognavo fosse ciò che di più desideravo.
I miei sogni erano lacune offuscate dai margini confusi, fotografie dai colori sbiaditi, ricordi consumati. Erano filastrocche raccontate a metà, senza un finale. E non avevano affatto la forma di un dolce anfratto di felicità.
Invece, i miei sogni erano labili. Pendevano tra orrore e amore, erano un concatenarsi di brividi e sangue. E mi lasciavano in bocca il sapore della morte.
Quelli che facevo io non erano sogni, ma incubi frammentati. Che fossero poi desideri anch'essi, era solo per colpa di un cattivo allineamento assiale dell'universo.
Quando ripresi coscienza di me, ero ancora nel pieno dei miei sogni. Un profumo di pulito mi penetrò immediatamente nelle narici e la prima cosa che percepii fu il pizzo leggero della mia camicia da notte che mi avvolgeva.
Ma non volevo aprire gli occhi, mi sentivo come se non avessi accumulato abbastanza riposo per affrontare la giornata che mi attendeva. Tesi gli arti per stiracchiarmi.
«Buongiorno, piccola volpe».
La sua voce profonda, fu la prima cosa che ascoltai quella mattina. E quando finalmente le mie palpebre tremolanti si piegarono sotto il volere della luce che filtrava dalla finestra, lo individuai.
Era seduto proprio lì, sul davanzale della finestra. Guardava la neve cadere a fiocchi, lenta. Indossava ancora i pantaloni della sera prima e aveva infilato la camicia, lasciandola sbottonata lungo il suo torace.
I capelli scompigliati erano un pugno nello stomaco. Il volto ancora provato dal sonno lo era ancora di più. Tra le mani, stringeva una delle opere teatrali che avevo letto per aiutare Hewitt con i suoi spettacoli. Macbeth di Shakespeare.
