44. Catch me if you can

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Le fronde degli alberi sussurrano il mio nome

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Le fronde degli alberi sussurrano il mio nome. Ripetono l'eco delle tue grida.

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Non potevo andare nel panico

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Non potevo andare nel panico. Non potevo proprio permettermelo di perdere il controllo.

Dovevo restare lucida, sveglia e fiduciosa. O non ne sarei uscita viva. E in quel momento sapevo che per salvarmi non potevo sottovalutarlo.

Ripensai alle parole di Bonavick. Forse dovevo davvero accettare l'idea che fosse stato lui, solo così potevo rendermi conto del pericolo che stavo vivendo.

Strinsi tra le dita una freccia tirata fuori dalla faretra e cercai di adattare lo sguardo al buio quanto più possibile. La macchina proseguiva a un'andatura decisamente spericolata e non riuscii a definire il tempo che passai in quel bagagliaio, al buio.

Pensai per un momento di afferrare il telefono e di chiamare qualcuno, ma non avrei saputo a chi chiedere aiuto senza che la situazione potesse degenerare oltre. Così attesi, semplicemente.

Poi la macchina si fermò. Mi portai una mano alla bocca per trattenere il singulto che mi travolse e cercai di restare in totale silenzio, calibrando il mio respiro e cercando di captare quanto più possibile con l'udito.

Non avevo la più pallida idea di dove fossimo. Ma presto sentii Davil spegnere l'auto e aprire lo sportello, senza richiuderlo, permettendomi di ascoltare perfettamente tutto quello che accadde successivamente.

Mi fu chiaro che uscì dall'auto, percepii il suono delle sue scarpe su un terreno ricoperto di ramoscelli. Non c'era vociferare o alcun rumore riconducibile a qualsiasi luogo, solo silenzio e il frusciare della notte.

«È bello rivederti». Sentii qualcuno parlare, ma non era stato Davil.

Si trattava di una voce femminile.

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