L'unica cosa che Caleb Veillard vedeva davanti a sé era la nebbia, bianca e fitta, densa come il petrolio, pesante come il macigno che aveva sulle spalle.
«Altezza.»
Le voci non arrivavano a lui, erano ovattate, distanti, finte. In quel limbo, nella terra di nessuno in cui stava camminando, era completamente solo.
Camminava. Era fermo. Non lo sapeva.
Continuava a respirare e tutte le sue forze erano impiegate in quello e nient'altro.«Altezza?»
Forse sarebbe stato meglio morire in quella sensazione di torpore che sentire tutto quanto: le voci che si avvicinavano, i rumori delle percosse sulla sua corazza, le emozioni che turbinavano sempre più violente e lui in mezzo a quel casino voleva spegnere tutto quanto.
«Altezza...»
La nebbia era pace, solo bianco e profumo di fiordalisi, silenzio e solitudine.
La stessa solitudine che provava Laretha.
Ovunque lei fosse.
Forse doveva scivolare in quella nebbia, perdersi nel freddo, scivolare in profondità, perdersi, chiudere gli occhi, scivolare, scivolare.Una mano gli toccò la spalla. «Caleb!»
Caleb saltò.
I sensi gli tornarono tutti insieme, i muscoli risposero alla chiamata irrigidendosi, facendolo raddrizzare nella vasca da bagno in cui si era immerso ormai fino agli occhi senza respirare, senza vivere.La mano strinse di più la presa.
Dan era lì, la porta del bagno socchiusa dietro di lui, la luce che trapelava dalla fessura era meno forte della preoccupazione nei suoi occhi neri.«Le cameriere hanno portato il pranzo di là» riprese l'uomo, di nuovo gli strinse la spalla per tenerlo attaccato alla realtà.
Caleb sbatté le ciglia e sperò che quel gesto fosse abbastanza da fare capire a Dan che avesse afferrato il messaggio.La guardia gonfiò le narici ampie e si raddrizzò sulle ginocchia, tese la schiena e indietreggiò fino alla porta.
Caleb afferrò i bordi della vasca da bagno e si issò sulle caviglie instabili; lo specchio sulla parete davanti a sé rifletteva un'immagine pessima a cui ultimamente aveva fatto l'abitudine. Il costato sporgeva sotto lo strato di pelle troppo sottile e pallida, le ossa del bacino minacciavano di bucargli la vita e le cosce esili non avrebbero retto una battuta di scherma.Gli mancava esercitarsi con Laretha, sbagliare i passi per farla avanzare e vincere, ridere insieme.
Dan gli fece scivolare addosso l'accappatoio e lo aiutò a uscire dalla vasca un piede alla volta. Caleb guardava in basso; non era abituato a tutto ciò, quel teatrino andava avanti da quando Lucian era passato a parlargli dell'ultima fallimentare spedizione a Ma-hakuna. I maghi continuavano a dargli da mangiare speranza, ma lui era sazio di stronzate.
Quando la luce irruppe nel suo campo visivo capì che Dan lo aveva scortato nel salotto principale; una donna della servitù scivolò al suo fianco e lo superò oltre la porta del bagno per sistemare lì dentro.
Avrebbe voluto urlarle di riempire di nuovo la vasca per affondarci dentro più tardi, ma non aveva la forza nemmeno di pronunciare il proprio nome.Luis era in piedi accanto alla porta principale a gestire l'andirivieni della servitù che era piuttosto inusuale a quell' ora, ma si erano dovuti abituare al fatto che ora il principe saltasse colazione e cena e pranzasse a orari sconsiderati.
Dan lo portò dietro al separé e gli passò vestiti puliti e impilati, che Caleb non avrebbe avuto la forza di infilare.
Iniziò piano dalla camicia, si resse alla spalla del soldato per mettere la biancheria e poi Dan lo fece entrare nei pantaloni in qualche modo.
Avrebbe provato vergogna se solo fosse stato capace di provare qualcosa oltre al vuoto.
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Nethereal, Vol. 2 - L'Ordine del Caos
FantasyLEGGERE I WARN A FINE TRAMA [COMPLETA] È passato un anno da quando Hazel Crislain si è unita a Séiros, la Casa della Magia, un anno da quando la minaccia dei dríag, gli assassini dei maghi, è stata eliminata. La sua vita sembra aver preso ormai una...