Nethereal, Vol. 2 - L'Ordine del Caos

Capitolo 20

Brianna distribuì tre ametiste: una a Hazel, una a Liz e l'ultima a Nathan che reggeva in una mano violino e archetto.

«D'accordo, siete pronti?» chiede la donna.
Nate e Liz afferrarono le mani di Hazel e tutti e tre annuirono.

Nova si teletrasportò un istante prima degli altri, poi Bree si posizionò davanti a loro, concentrandosi, e le ametiste lanciarono un bagliore violaceo.
Un battito di ciglia dopo, Nate e Liz stavano stringendo ancora le mani di Hazel, ma Bree era scomparsa così come il salotto della Casa della Magia; si trovarono all'aperto, in un posto che Hazel quasi non riconobbe.
Le ci vollero tre occhiate alle villette pulite, alla strada di mattoni e agli alberelli che percorrevano tutto il marciapiede per riconoscere una via della sua regione natale.

Erano a Ental, non molto distante dalla casa in cui Hazel aveva vissuto coi suoi genitori; eppure, sembrava un posto completamente diverso, forse per via della luce dorata che spaccava il cielo a metà in una crepa che raggiungeva il suolo.

«Dei benedetti!» sbottò Nate. «Che abominio è questo?»
C'era uno squarcio nel mezzo del niente, una porta sull'oscurità infinita contornata d'oro liquido, aveva la forma di una mandorla inquietantemente gigante e spessa quanto un foglio di carta.

Hazel sentì una stretta alla gola, un prurito nel petto che diventava bruciore laddove dimorava il nodo che aveva stretto con Aidan.

Ma non era tanto la porta sul nulla a fare tremare Nate ed Hazel, quanto i due esseri che erano sbucati da essa.
Ben presto, Hazel si rese conto che le ali di Arees non erano poi così incredibili.

Smise di respirare e di distinguere la realtà da una follia febbricitante quando i suoi occhi si posarono sulla bestia che si librava in volo sui tetti di Ental.
Non poteva essere un'allucinazione, l'animale, o forse era meglio definirlo bestia, emise uno stridio acuto che riecheggiò fino al suolo facendo tremare le foglie degli alberi. Era enorme, il suo becco sembrava bucare le nuvole e la testa d'aquila lo rendeva quasi normale se non fosse per le quattro zampe e le due paia d'ali bianche e azzurre che si fondevano coi colori del cielo, o per le tre code a frusta che terminavano in piumaggi blu.

Poteva anche essere considerata una bella bestia, ma era fuori controllo; le zampe artigliate, ciascuna delle quali era grande quanto tutto l'appartamento di Hazel, si scontravano coi palazzi sgretolandoli come fossero fatti di burro.

Eppure, nonostante tutto, la gente non usciva per strada, non correva via in preda al panico, per via dell'altra creatura, che invece si muoveva tra le vie, strisciando su mani e piedi oblunghi e ossuti, intrufolandosi come un ragno tra i vicoli della città, piegandosi sugli arti magri e lunghi diversi metri.
L'essere vagamente umanoide piegò la testa calva contro una finestra, allargando la bocca grande quanto una voragine, soffiando alito fetido sui vetri mentre della saliva giallastra e appiccicosa colava dalla punta di zanne appuntite come lame.

Hazel deglutì. Era tutto talmente assurdo da non riuscire a scindere lo shock dal terrore.

Ma quando la bestia sul suolo si voltò a guardarli, contorcendo il corpo lungo e coperto di peluria verde, Hazel comprese cosa fosse la paura; le bastò un'occhiata all'unica grande cavità vuota che il mostro aveva al posto degli occhi per leggervi dentro quanto fossero spacciati.

Sentì la brezza della morte accarezzarle il viso per un istante prima di diventare violenta e tetra e la mente di Hazel divenne uno spazio vuoto, incapace di reagire a tutto ciò.
Solo che il vento era reale e proveniva dalla sua sinistra, dove Liz le aveva lasciato la mano.

«Hazel...»
La voce di Liz era un sussurro sofferente, non impaurito.
«Liz!»
La ragazzina indietreggiò, rannicchiata su se stessa e debole, si piegò sulle ginocchia e si resse lo stomaco.
Oh, cazzo.
La bestia perse interesse nella casa, districò gli arti dal loro intrecciò e sollevò la testa ovale nella loro direzione con degli scatti, come se lo stesse annusando.