Nethereal, Vol. 2 - L'Ordine del Caos

Capitolo 11

Julius sollevò la targhetta con incisi il proprio nome, l'edizione della fiera e l'anno in corso. Domani mattina sarebbe stato sulla prima pagina di tutti i giornali.

Hazel era in seconda fila in piedi ad applaudire insieme a tutti gli altri, Aidan l'aveva affiancata, aveva applaudito per un po', poi aveva passato il braccio sinistro attorno alla sua vita e se l'era stretta al fianco.

Gli applausi durarono diversi minuti. C'era da aspettarselo. L'invenzione di Jul era un macchinario che minimizzava errori e perdite nella trasfusione del sangue e pulizia dello stesso, qualcosa che avrebbe salvato un gran numero di vite, per cui era ovvio che i finanziamenti dell'accademia andassero a lui e agli ospedali che avrebbero acquistato il macchinario.

Jul ci aveva visto giusto quando si era lanciato nel ramo della medicina, qualcosa a cui Hazel non si era mai avvicinata né aveva mai provato particolare interesse per la materia.
In ogni caso, lui se lo meritava.
L'anno prima aveva salvato la sua sorellina col progetto con cui si era diplomato, magari quest'anno avrebbe aiutato altri bambini.

Quindici minuti dopo la proclamazione, la sala si svuotò. Ormai era tardo pomeriggio e il chiostro dell'Accademia era stato allestito per un rinfresco.

Ognuno degli scienziati che aveva presentato un progetto era circondato da qualcuno interessato all'invenzione e voleva saperne di più; Hazel era con Aidan e insieme cercavano Nova e Charles.
Aveva perso il conto dei sospiri che le avevano gonfiato i polmoni e avvelenato l'anima, ma era sicura che Aidan, invece, ci stesse prestando particolare attenzione. Era teso come una corda di violino e ogni volta che la guardava attraverso le sopracciglia incrinava un angolo della bocca.

Poi, a un certo punto sospirò. «Questo mondo non è ancora pronto a te» le disse e le premette una mano alla base della schiena come se fosse bastata solo quella a sostenere tutto il casino che gravava sulle spalle e nella testa di Hazel.
«O io non sono pronta per questo mondo.»
«Ti sottovaluti troppo, Hazel! Hai una mente eccezionale, le tue costruzioni sono spaventosamente innovative e coraggiose!» scosse la testa e aprì le braccia a indicare attorno a sé. «Loro non ne vedono il potenziale, hanno solo timore.»

L'enfasi si trasformò in nervosismo, glielo vide nell'oscurarsi delle iridi, e forse una parte di quella tempesta era scaturita dal fatto che Aidan non stesse parlando solo con Hazel, ma anche un po' a se stesso.

Rieccola che col suo rimuginare stava facendo star male lui.
Dannazione.

«Non mi sarei mai sognato di dirlo ma Aidan ha ragione.»
Hazel si voltò di scatto alla sua sinistra. «Jul!»
Era tutto sbagliato.
Sul viso di Hazel c'era un sorriso ed era davvero felice per il suo migliore amico, ma non era serena. C'era anche una punta di amaro sulla sua lingua, ed era quella a farla sentire sbagliata. Cattiva. E la sensazione si accentuò quando suo padre e sua madre si palesarono dietro Jul.

Lui aveva le guance arrossate e sembrava euforico e stanco, ma le sorrise e allargò le braccia.

Hazel si lasciò andare all'abbraccio, assaporandolo in una maniera diversa e nuova, quasi distaccata. E la cosa non le piacque.
«Congratulazioni!» gli disse, poi si scostò dalla sua spalla. «Sei stato grande lo sai?»
«Anche tu, Violetta.»

La sincerità di Julius era un colpo basso.
A ruoli invertiti, lui sarebbe stato fiero di lei in maniera disinteressata.
Lei era un'amica orribile.
Anche se non c'entrava niente il premio con quel suo risentimento, era qualcos'altro, la convinzione che quel posto non era più un luogo a misura sua.

«La tua presentazione è stata impeccabile» si aggiunse suo padre. «Sono davvero orgoglioso, hai fatto un ottimo lavoro.»

Gli occhi gli luccicavano dietro ai vetri degli occhiali e quel bagliore argenteo e la stretta forte sulla spalla della figlia sarebbero state le uniche dimostrazioni dell'orgoglio di cui parlava.