Capitolo 48

20 5 0
                                    

A Keith bruciavano gli occhi e i polmoni.

Durante i mesi in cui era stato via, non aveva mai rimpianto l'essersi allontanato da Séiros, mai come in quegli ultimi giorni.

Aveva avuto bisogno di un attimo per starsene da solo, si sentiva un ingrato a chiudersi nella sua vecchia stanza mentre Estelle, con i suoi nervi saldi, si era offerta di calmare Kaya.

Quando avevano calato le bare nelle tombe, sua sorella si era sentita così male che alla fine era svenuta aggrappandosi ad Arees, Hazel era andata via con Julius a cercare Aidan e gli altri si erano raccolti in cucina a bere ciascuno di loro ciò di cui aveva più bisogno. Si tenevano impegnati come potevano e forse anche lui avrebbe dovuto distrarsi in una maniera qualsiasi.

La sua stanza non era cambiata, si era mantenuta ferma nel tempo, come se si fosse congelata, anche se avevano cambiato la disposizione di tutte le altre e i lavori alla facciata distrutta un anno prima, così come la ristrutturazione al piano di sotto, rendevano la Casa nuova ai suoi occhi, ma non meno familiare.

La porta si aprì cigolando, segno che nessuno l'aveva aperta da quando era andato via.
Estelle si era legata i capelli e scorciata le maniche del vestito color pesca fino ai gomiti; nonostante la pioggia torrenziale di quella mattina, la stagione calda stava prendendo il sopravvento sull'imverno e lì al sud il cambiamento era più veloce.

Estelle gli sorrise. «Credevo dormissi.»
Non si sarebbe mai stancato della sua dolcezza, di quell'innocenza che le imporporava le guance ogni volta che lo guardava.
«Non sono riuscito ad addormentarmi» le disse, ma in realtà non ci aveva nemmeno provato e in ogni caso sarebbe stato un fallimento.

Estelle si fermò davanti a lui restando in piedi tra le sue gambe mentre era seduto sul bordo del letto, sollevò entrambe le mani e gli accarezzò le guance. «Come va la protesi?»
Keith annuì. «Molto meglio.»

Sarebbe stato infinitamente grato a Jul per aver trovato il tempo di mettergli a posto il cigolio fastidioso in quel contesto. Lui non voleva, Jul, Hazel e Baram avevano insistito e Keith era fin troppo infastidito dal fatto di non poter fare niente in cambio.

Estelle gli passò le mani nei capelli e glieli portò dietro la nuca.
Non voleva nemmeno immaginare cosa significasse perderla come Kaya aveva perso Lucian, ma gli era bastato condividere il dolore di sua sorella per averne un assaggio.

Il sorriso di Estelle si affievolì. «Nessuna notizia di Aidan?»
«No, ancora nulla.»
«Dove pensi che sia andato?»
Keith si massaggiò gli occhi. Non aveva nemmeno finito di attendere ai funerali che il pensiero del cugino disperso gli solleticava già il cervello e lo distraeva da ogni altra responsabilità.
Il che era un grosso problema.

«Conoscendolo, ovunque sia ora sarà difficile trovarlo» sospirò.
«Josh non può trovarlo?»
«Aidan lo conosce» alzò gli occhi in quelli di lei affinché Estelle vi leggesse quanto fosse perso e impotente. «Aidan ci conosce bene tutti quanti, se non vuole essere trovato, allora saprà come diventare invisibile.»

Una ruga profonda si formò tra le sopracciglia di Estelle, ma non per quello smise di accarezzarlo.

Keith sollevò piano una mano e con una delicatezza infinita la portò sulla gonna di lei, tra le pieghe, a cercare la pancia rotonda lì sotto. «Dovresti riposare. Poi decideremo quando tornare ad Amarset. Non voglio che il viaggio ti affatichi.»
Estelle poggiò le proprie mani su quella di Keith muovendola nelle sue stesse carezze sul ventre rigonfio che poteva ancora nascondere coi vestiti larghi.

Tra qualche mese, però, la pancia sarebbe stata evidente, stava già crescendo dopo i tre mesi da quando aveva scoperto di essere incinta.

«Forse dovremmo restare per un po'» fece lei.
Keith raddrizzò la schiena. «Sì, possiamo aspettare qualche giorno che le acque si calmino e poi ripartire quando te la senti.»
«No, Keith, intendo restare restare

Lui sbatté le ciglia e distese la gamba buona. Non era sicuro di star afferrando bene il concetto. «Per quanto tempo?»
«Tutto il tempo necessario» Estelle spostò le mani dai capelli di Keith alle sue spalle e gli massaggiò tutta la tensione che si era accumulata lì. «Hanno bisogno di te, Keith. E tu hai bisogno di stare qui con loro.»

Una miriade di sensazioni lo travolse in un uragano: dapprima il sollievo perché, sì, una piccola parte di lui voleva restare più a lungo, era innegabile, poi però subentrava la preoccupazione per Estelle, per il loro bambino che aveva bisogno e la vita che gli avevano promesso.
Perciò, alla fine Keith strinse i denti. «Ti ho promesso che avremmo trovato tua sorella.»
«Keith, amore» Estelle sollevò il mento e le sue mani scesero sulle braccia di Keith in carezze lunghe e decise, per tranquillizzarlo. «L'abbiamo cercata per un anno in tutto il continente e chiesto a tutti i porti i registri di tutte le partenze.»

"Chiesto" era una parolona.
Keith storse le labbra al ricordo delle volte in cui Estelle non era riuscita a recuperare quei registri con le buone ed era stata costretta ad addormentare i malcapitati.

Odiava quella parte.

«E la casa?» chiese lui.
Il sorriso dolce di lei fu una caramella al miele. «Chiederemo a Danielle di badare alla casa per un po'.»

Keith rimase in silenzio e ci pensò davvero; era assurdo come lei facesse sembrare tutto così facile e ancora più strano era il modo in cui si stesse facendo pervadere dai problemi e dalle preoccupazioni. Non era mai stato quel tipo di uomo. Forse, Estelle gli stava dicendo che poteva tornare a essere come un tempo, e rilassarsi un po'. Che non c'era niente di male nel pensare meno e agire di più.

D'altronde, la loro vicina, Danielle, aveva parlato loro innumerevoli volte del figlio lontano che desiderava tornare ad Amarset, ma per via della sua casa troppo piccola non aveva dove ospitarlo.

Keith sarebbe stato più che felice di lasciare loro la casa per un po', eppure sembrava tutto così facile.

«Keith.»

Estelle lo distrasse dal corso che avevano preso i suoi pensieri troppo veloci.
Lui la fissò e sapeva di avere la faccia di un cane bastonato che non sapeva cosa fare, in che direzione muoversi.

«Mi piacerebbe che nostro figlio nascesse qui, con la tua famiglia.»
Keith deglutì.
Gli faceva sempre un certo effetto quando lei parlava del bambino con una tale dolcezza.

Keith sapeva che lei non lo avrebbe mai detto, né inteso, ma era sicuro che le avrebbe fatto bene ricevere un aiuto con il neonato e lui poteva farlo, ma forse non bene come avrebbe voluto.
Avere qualcun altro attorno era di certo un vantaggio.

E poi, Kaya.

Keith non poteva lasciarla in quello stato e andare via come se niente fosse.

Sospirò e abbandonò la testa tra le spalle, appoggiando la fronte sul ventre di Estelle; inspirò il suo odore e in un attimo le dita della ragazza furono dietro la sua nuca a districargli le ciocche più lunghe.

«D'accordo» disse, infine. «Ma non smetteremo di cercare Millicent.»
Keith si sentì sollevare un peso dalle spalle quando riuscì a strappare una risatina a Estelle. «Non abbiamo mai smesso. La troveremo.»

Lei si abbassò piano e gli scoccò un bacio sulle labbra. Come se fosse abbastanza.
Keith le infilò le dita tra le ciocche mogano e se la tenne stretta, perché i suoi pensieri erano troppo veloci in quel momento, correvano verso luoghi oscuri nei quali Estelle non era così calda, così bella.

Keith le circondò la vita con le braccia e inspirò il suo odore.
Non si era mai sentito così fortunato.

Nethereal, Vol. 2 - L'Ordine del CaosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora