La porta rossa

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Dopo aver cenato mi misi subito a letto, mi sarei dovuta svegliare nel bel mezzo della notte per il mio piano.

Quasi non mi sembro reale entrare dentro delle calde e morbide coperte. Ecco perché non mi permetto questi attimi, perché è qui che mi sento di sprofondare nel dolore. Avrei dormito tutte le notti in un letto così se i miei genitori fossero ancora vivi? Perché mi merito questo? Cosa ho fatto di sbagliato per essere sola al mondo?

Zitta, zitta, zitta.

Ecco cosa mi ripeto. Io non posso, non devo, dormire in un letto così, il mio letto è la strada, e il mio cibo non è quello che la gentile cameriera mi ha portato in stanza, per sfamarmi ho bisogno della vendetta.

Spensi le ultime luci e impostai la sveglia alle 3:00 del mattino, avevo già preparato i vestiti e le armi da nasconderci dentro. Ero pronta per il prossimo passo.

                                  <revenge>

Alle tre in punto la sveglia suonò e io mi alzai, sistemai alla ben meglio il letto e mi vestì. Ormai avevo capito che la vita era imprevedibile, e non sapevi mai cosa sarebbe potuto accadere, ecco perché il vestito che sceglievi, poteva anche salvarti la vita. In diciassette anni di attesa avevo imparato a combattere a corpo fisico e con armi, la mia mira era praticamente perfetta, e il mio corpo sapeva reggere molto bene grazie a tutti gli allenamenti che avevo fatto. Mi misi dei jeans elasticizzati dove avevo cucito inserti per i coltelli e tutto ciò che ritenevo utile per il mio lavoro, mi misi una maglia termica nera sotto che dietro aveva una specie di fondina dove potevi incastrare il calcio della pistola, sopra un maglione nero pesante semplice, e mi misi il mio cappotto, era quella la mia vera invenzione. Nella parte interna c'erano inserti dove avevo messo di tutto, gas allucinogeni, un piccolo schermo che riusciva a rilevare le mie condizioni vitali, e molto altro tra coltelli, una pistola da borsa e sonniferi.

Misi i miei stivali con la punta di titanio che per tirare calci erano ottimi, e uscì dalla stanza.

La mia parola preferita era discrezione, dovevi essere un fantasma, dovevi saperti muovere come un fantasma, e dovevi uccidere come un fantasma.

Uscii dal palazzo, fortunatamente la reception era già chiusa e solo le telecamere di sorveglianza, che avevo già precedentemente modificato con un sistema creato da me, avrebbero saputo dire che ero passata di qui.

Ecco perché amo la tecnologia, rivela tutto ciò che l'uomo con la sua mente frivola non può rivelare. E io avevo la possibilità di plasmarla.

Arrivai davanti alla porta rossa, era forte, di mogano lucido, strano vedere una porta così tanto innovativa in un quartiere dove i padri pellegrini tenevano così tanto al loro aspetto antiquato.

La serratura era troppo obsoleta, sarebbe bastato una forcina per forzarla. C'era qualcosa che non andava.

Ma ciò che mi accorsi dopo era la vera cosa strana.

La porta era aperta.

Solo un qualcosa che era consapevole del proprio potere e del timore che incuteva verso gli altri avrebbe lasciato la porta aperta.

Ma io lo vedevo solo come una sfida di un pazzo montato, non mi sarei tirata indietro.

Posai il palmo guantato della mano sulla porta e spinsi.

Non cigolò, era usata regolarmente.

prima che la luce della strada potesse entrare in quella stanza buia, chiusi la porta dietro di me. Presi i miei occhiali a infrarossi, e mi si aprii davanti un salotto, non capii se fosse moderno e antico come i mobili dell'hotel, c'erano alcune poltrone e un divano, erano stati usati da poco, vedevo i punti sformati da un peso umano. Sulla sinistra cera una rampa di scale che portava di sopra.

Feci qualche passo in avanti ringraziando che il tappeto sotto i miei piedi mascherasse il rumore dei miei passi.

Prima di potermi aggrappare al corrimano sentì una presenza alle mie spalle, senza farmi vedere, con la coda dell'occhio guardai. C'era un uomo dietro di me. Mi fermai aspettando la prossima mossa. Credeva che il buio fosse un suo vantaggio, lui conosceva la sua casa, io no. Quello che non sapeva e che io mio muovevo solo nell'ombra. Al primo passo avanti che fece, presi di scatto il mio coltello e con una rotazione del corpo sul tallone glielo conficcai nella trachea facendo un taglio netto e profondo, tagliandogliela in due non ci sarebbero stati neanche ansiti per la ricerca daria.

Accompagnai delicatamente il suo corpo a terra e lo lasciai li senza controllarlo più di tanto, non poteva essere lui il mio obbiettivo.

Ripresi a salire le scale lentamente stando attenta a non toccare nulla, ogni cosa poteva essere un tranello. Salii fino all'ultimo gradino finché non ebbi davanti a me un grande corridoio, non potei vedere la fine. Qualcosa mi fece fermare, alla destra del muro c'era un quadro, ma sul tappeto vidi dei segni dati dal tempo. Il quadro era una porta.

Alzai lo sguardo sul quadro. C'era dipinta una porta rossa. Solo allora il panico si insinuò in me a un ricordo.

Mi ero infiltrata in un negozio di armi, dovevo prendere una pistola, erano ormai 14 anni che andavo avanti a pianificare la mia vendetta e non avrei mollato fino alla morte. Mi misi dietro due signori vestiti di nero in attesa di essere serviti. "I red hanno ucciso tutti quelli di Hastin ieri sera" sentii parlare quello a sinistra "quanti uomini?" chiese l'altro "circa una settantina, si dice che il loro capo ne abbia uccisi cinquanta a mani nude, era una cazzo di esecuzione, non possiamo metterci in mezzo a questa storia" si stava preoccupando, lo vedevo dal modo in cui sbatteva i piedi per terra. "Loro sono i capi della strada, ma non ancora per molto" disse in disaccordo quello che capii essere il più stupido "se entri nella porta, verrà dipinta con il tuo stesso sangue Cyder, stacci lontano se non vuoi finire sotto terra. La porta deve rimanere chiusa"

Ero stata una stupida. Non avevo studiato il posto, non avevo visto le mie vie di fuga, mi ero fatta prendere dalla fretta per la prima volta. Stavo pensando cosa fare quando una grossa mano guantata si posò sulla mia bocca, l'uomo era dietro di me, mi stringeva con l'altro braccio la vita e mi aveva ormai sollevato da terra mentre cercava di farmi svenire togliendomi fiato, non mi dimenai, dovevo trattenere ossigeno e capire. Avevo un braccio libero, presi il coltello dal mio capotto e con uno scatto ripetei l'operazione che aveva tolto la vita all'uomo di sotto. Ma qui non ero stata così fortunata, i nostri corpi caddero a terra con un rumore sordo. Copertura saltata, dovevo andarmene da lì subito.

Prima che potessi fare unaltro passo qualcosa di pesante e duro mi colpì la tempia. E da lì solo buio.

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