salta

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Ero in posizione da un quarto d'ora quando Tre Suv arrivarono e scesero le persone attese, Barin non era ancora arrivato, ma ovviamente immaginai dovesse fare la sua entrata di scena. Io ero con il dito pronto sul grilletto e il mirino piantanto sul gruppo di persone davanti alledificio abbandonato.

Due minuti dopo arrivò una sola auto, senza autista e con un eccentrico guidatore. Barin scese dalla macchina con le mani in tasca fischiettando, era l'incarnazione della tranquillità, eppure dal mirino vedevo tutti con il fiato sospeso.

"Gwendon, che piacere rivederti" disse con un sorriso sfacciato all'uomo a capo dell'altra famiglia. "Non posso dire lo stesso di te Red Ghost, l'ultima volta che ci siamo visti hai fatto fuori quaranta dei miei" disse rabbioso l'uomo. Non lo vedevo molto interessato a accettare il cessate il fuoco. Imbracciai meglio il fucile e mi sgranchì le gambe non perdendo di vista nessun uomo. "È stato un incidente di percorso" sorvolò Barin appoggiandosi al cofano della macchina con fare rilassato, come se più di 20 uomini non stessero pensando a 100 modi diversi per ucciderlo. "Per cosa sei qui?" chiese sospirando arreso l'uomo. "Sono qui per un cessate al fuoco, so che avrai sentito della piccola scaramuccia che ho avuto in questi tempi con certe persone e non vorrei che voi vi metteste tra il fuoco incrociato" disse lui con un sorriso benevolo palesemente finto.

Aveva proprio una faccia da schiaffi quell'uomo.

"si ho sentito e non sono interessato a meno che non ci sia un tornaconto" contrattò l'uomo incrociando le braccia al petto, e dalla sicurezza con cui lo disse, seppi che aveva già preveduto tutto, e sapeva già che sarebbero arrivati a quel punto. "Ho un territorio che tu vuoi e sarò disposto a dartene la responsabilità, ma non la proprietà" disse Barin. Su questo non ero informato ma facendo due conti e tenendo conto di cosa sapevo su quella famiglia, era un affare di droga, quel territorio avrebbe fruttato tanto se solo non fosse stato di Barin.

In quel momento, un fascio di luce disturbò la mia visuale e alzai di scatto lo sguardo. Nel tetto di fronte c'era unaltro cecchino, presi di scatto il microfono per mettere Barin allerta ma quando notai che l'uomo non puntava Barin, ma il capo dell'altra famiglia capii che c'era qualcosa di molto sbagliato. Ci avevano scoperti.

"Barin c'è un altro cecchino sul tetto, non è ne dei loro ne dei nostri" sussurrai io al microfono. Lui si irrigidì da capo a piedi e tutti lo notarono.

E fu quello l'errore che commise. Puntai dritta al cecchino e lo feci fuori, ma scoppiò il caos.

"State giù" urlò Barin all'altra famiglia mentre lui si rifugiava dietro la portiera dell'auto. Vidi dei movimenti nell'edificio di fronte e capii "sono nell'edificio alla vostra destra, né conto otto, hanno le pistole puntate, ma non su di te" sussurrai al microfono. Mi maldissi perché non potesse rispondermi "Fammi un cenno se devo ucciderli" dissi io già pronta con l'arma puntata sulle finestre.

C'era il silenzio più totale. Il mondo si era fermato. Alla mano alzata di Barin però, io ricominciai a farlo girare.

A una a una sparai alle finestre e gli uomini cadevano come birilli, ma quelli in piedi stavano sparando a Gwendon e ai suoi uomini. "Quelli sulle finestre sono andati, ma non vedo gli altri" dissi mentre gli spari provenivano da ogni dove.

Volevamo evitare il fuoco incrociato, e invece era l'unica cosa che avevamo ottenuto.

quando sparai all'ultima finestra, il fuoco per un attimo cesso. Con la visuale dall'alto però, potevo vedere cose che loro non riuscivano, come gli uomini che li stavano accerchiando da dietro "Vi stanno accerchiando da dietro, fammi un cenno su quale delle due parti ti devo tenere pulita" dissi io tenendo il fucile al centro.

Lui punto la mano davanti a lui. Avrei dovuto liberare prima la famiglia di Gwendon.

Nonostante l'istinto mi dicesse di fare il contrario mi dissi che prima avrei ucciso loro, prima avrei potuto aiutare Barin. E come birilli puntai prendendoli tutti.

Gli uomini di Gwendon si girarono da dietro le macchine cercando di capire chi fosse a uccidere i loro assalitori. La fortuna però prima o poi finiva "c'è un cecchino sul tetto" urlò uno di quelli dietro a Barin puntandomi.

Ora c'era una sola cosa da fare. Correre.

Pov Barin

Merda. Merda. Merda.

Olimpia era nella merda fino al collo. Nel frattempo avevo scoperto una mira che non avevo mai visto, ma ora il mio cervello stava pianificando a come tenerla in vita a tutti i costi. Ero fottutamente disarmato. Finalmente gli uomini di Gwendon iniziavano a muoversi e a sparare a vista.

Come cazzo avevano fatto a sapere il piano? C'era una spia, era l'unico modo.

Mi concentrai sull'attimo. Sul salvare la sorella del mio migliore amico e maledissi quel coso nell'orecchio perché mi faceva solo ascoltare e non parlare.

Che idea di merda andare disarmato. Se fosse stato un combattimento corpo a corpo non sarebbe stato un problema metterli K.O. ma che cosa servivano due mani se loro avevano pistole?

Ora però la mia unica priorità era LEI. Se non gliel'avessi riportata a Asher, mi sarei tolto la vita io stesso non sopportando il dolore che sarebbe spettato al mio migliore amico.

"Barin" sentii dall'auricolare una voce affannata. Non ero un tipo che pregava, ma ora ero inginicchiò a guardare in alto e a chiedere a chiunque ci fosse lassù che olimpia non fosse ferita. "Sono al lato ovest dell'edificio, ne ho fatti fuori altri prendendoli di sorpresa, ma questi hanno le pistole e mi sparerebbero a vista, scendo dalla finestra, quindi sarai esposto alla tua destra, nel cappotto ci sono bombe a mano, al mio tre falla saltare puntato alla parte ovest" disse lei mentre sentivo che correva da delle scale.

Quella donna era fottutamente pazza se pensava che le avrei lanciato una bomba addosso e che l'avrei lasciata saltare del decimo piano.

Dovevo andare a prenderla.

Usando come distrazione la battaglia che si stava tenendo, sgusciai dall'altra parte della macchina, cercai qualcosa di pesante in macchina, e non appena trovai una chiave inglese la presi e con tutta la mia forza la tirai verso il lampione che illuminava la parte ovest dell'edificio. Usando l'ombra, corsi verso il muro. Sentì i proiettili sfiorarmi la testa. Sarebbero morti, tutti.

In quel momento vidi un corpo muoversi sul balcone, nonostante il buio riconobbi occhi color ghiaccio. Era riuscita a scendere fino al terzo piano, se fosse saltata  da lì si sarebbe sicuramente rotta le caviglie, o peggio.

"Che ci fai qui" sibilò lei guardandosi ritmicamente alle spalle. "Ti salvo il culo" dissi io con un sorriso sfacciato, nonostante la situazione, farla infuriare era la mia priorità. "Salta" dissi allungando le braccia. Ci saremmo fatti male entrambi, ma almeno non in modo vincolante. "Tu sei pazzo" disse le scuotendo la testa e guardandosi alle spalle. Sentii le voci avvicinarsi "salta tesoro o muori su quel balcone e non dirai mai a tuo fratello che li vuoi bene" dissi io toccando i tasti giusti. Ero uno stronzo, lo sapevo, ma certe volte le persone per compiere un passo avevano bisogno della giusta motivazione.

E a quanto pare azzeccai perché Olimpia scavalcò il parapetto "se non mi prendi giuro su dio che ti brucerò vivo e ti farò mangiare dai tuoi stessi cani" disse lei mostrando il primo accenno di timore da quando la conoscevo. Una risata roca e genuina mi uscii fuori, solo una persona malata poteva ridere per una delle prima volte quando la gente stava morendo a fiotte, ma io non ero mai stato normale. "Qualcosa mi dice che lo stavi programmando già da un po'" dissi io mettendomi esattamente sotto di lei. "Salta" le dissi appena sentii le voci sempre più vicino.

E lei lo fece.

E quando le strinsi le braccia intorno al corpo, desiderai che non fossimo nel mezzo di una guerra, e che quel momento potesse durare di più per assaporarlo meglio.

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