bisogno di risposte

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Mi avevano informata che la cena era alle 8pm, perciò c'era ancora tempo. Aprendo la porta della stanza guardai fuori il corridoio. Era deserto. Sguscia fuori scalza cercando di non fare troppo rumore.

Scesi le scale e presi una scalinata. Quella di destra. Come in quella di sinistra cera un salotto, e un corridoio. Lentamente aprii la prima porta che trovai scoprendo un immensa libreria. Se solo avessi avuto più tempo sarei entrata a vedere ogni libro di quello scaffale. Chissà perché non potevo andarci da sola li dentro.

Dovevo concentrarmi.

Avanzai e aprii la prima porta a destra. C'era una sala d'allenamento. Non era quello che mi serviva. Andando più avanti trovai la cucina. Bingo. Mi erano sempre piaciuti di più i coltelli alle pistole.

Entrai guardando se non ci fosse nessuno e poi mi avviai al piano cottura dove c'era un porta coltelli con dentro un sacco di lame affilate e lucide. Presi la più grande.

Nascondendola tra la maglia e lelastico dei pantaloni. Avanzai. Dovevo trovare l'ufficio di Barin.

Mi fermai.

Dalla stanza alla mia sinistra proveniva un forte odore di sigaretta e wisky.

Stanato.

Mi misi davanti alla porta e abbassai la maniglia sapendo che l'effetto a sorpresa con lui non poteva esserci.

Entrai, era di spalle, davanti alla scrivania, con le mani appoggiate al tavolo e la testa bassa. "Vi ho detto di non disturbarmi" tuonó facendo vibrare l'aria di un energia oscura. Era la mia occasione. Mi mossi rapida verso di lui tirandoli un calcio sullo stinco, facendolo imprecare e girare agievolemnte, mi bloccò per una mano, ma quando mi fu difronte il coltello era già sulla sua gola.

Quando incrociò il mio sguardo ghignò. Dovevo aspettarmelo che la morte non facesse paura a quell'uomo.

"Swan, qual buon vento tesoro?" mi chiese lui divertito dalla situazione. "Dimmi chi sono io" sibilai stringendo i denti. Qualcosa di veloce gli passo nello sguardo, troppo veloce perché io lo potessi comprendere, ma abbastanza visibile da non poterlo ignorare. Si rimise la maschera e sorrise "abbiamo già dei problemi di identità? La solitudine fa male, ti comprerò un animale domestico" gongolò lui. Gli spinsi il coltello alla gola facendo uscire un rivolo di sangue. L'indifferenza regnava sovrana sul suo viso.

"Chi erano i miei genitori?" sussurrai nuovamente io guardandolo negli occhi. Non so cosa dovesse aver letto nel mio sguardo. Forse arresa, forse dolore, o confusione. Perché il sorriso scemò e con una mossa sicura e stretta mi prese il polso lanciando il coltello dall'altra parte delle stanza, riprese il controllo e mi ritrovai bloccata tra la scrivania e il suo corpo.

Buttai tutta l'aria fuori dai polmoni quando mi girò e mi fece sbattere le anche sul legno duro. Dovevo smetterla di cacciarmi in quelle situazioni. Avevo provato un senso di sicurezza, come se anche se loro avessero voluto farmi del male, c'era qualcosa che gli bloccava.

Ma quando prese il tagliacarte dalla scrivania pensai che volesse davvero farla finita con me.

"Non hai neanche il coraggio di guardarmi in faccia?" dissi io a testa alta mentre lui premeva il taglia carte sul retro del mio collo. Premette. Ma fu una pressione troppo lieve. Sentii il rumore metallico del taglia carte che cadeva a terra e la confusione si insinuò in me, finché due mani non si insinuarono sulla scollo della mia maglia e la strapparono da dietro. Sussultai per quella mossa inaspettata.

Mi dimenai cercando di liberarmi dalla sua stretta. "Swan non importa chi sei tu o chi sono in tuoi genitori, importa la vendetta" disse in tono suadente sfiorandomi delicatamente la cicatrice sulla schiena. Sbuffai una risata amara. Pensava di soggiogarmi sfruttando la mia sete di vendetta.

Ripensai alle sue parole cercando una risposta adatta. Mi fermai di colpo.

Non importa chi SONO i tuoi genitori. Non chi erano.

"Barin dimmelo" dissi in un tono che trasudava ultimatum anche se era lui ad avere il controllo della situazione. "Non so chi siano stati i tuoi genitori e non ti conosco" confermò lui in tono duro e spazientito lasciandomi andare.

Tra tutte le cose che si dicevano in giro su Red Ghost, solo una era vera: non mentiva mai.

Mi sentii una stupida. Avevo agito di impulsò, senza pensare. Mi ero fatta governare dalle emozioni.

"Ti consiglio di andartene ora prima che ti faccia pentire amaramente di avere anche pensato di uccidermi" ringhiò lui con il tono di una promessa piena di dolore e sangue.

Ero stata sconfitta. uscì legandomi con un nodo la maglia dietro.
avevo troppi pensieri per la testa. e stare in camera non mi faceva bene, perciò decisi di fare un giro nell'ala a me consentita.

aprendo porte, trovai tante di quelle stanze che pensai fossi finita in uno strano labirinto di un altro mondo.

Sale giochi, sale cinema, camere da letto, bagni, biblioteche e salottini. Mi mancava l'ultima porta in fondo, l'aprii e mi si rivelò un enorme piscina, era tutto in marmo nero ovviamente, nonostante la scelta scontata, il design interno era studiato nei minimi dettagli. Non volli nenache pensare al costo complessivo.

Mi avvicinai all'acqua e mi fermai li ad ascoltare il rumore della piccola cascata artificiale creata con un riccia e siepi finte.

Troppi pensieri mi infestavano la mente e troppe domande mi entravano dentro. Volevo solo un attimo di silenzio. Stavo per girarmi per andare in libreria a immergermi in un libro quando due forti mani mi spinsero in avanti facendomi cadere in acqua.

Non avevo mai avuto il tempo di imparare a nuotare.

L'orrore dell'impotenza si insinuò in me e boccheggiando cercai di aggrapparmi a qualcosa.

Ma c'era solo acqua.
E io stavo sprofondando.

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