finalmente a casa

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Pov Olimpia

Arrivammo a casa e non appena Barin parcheggiò io aprii la portiera e me ne scesi. La fitta al costato fu così forte che mi conficcai le unghie nei palmi pur di non piegarmi in due e dar la soddisfazione a Barin.

La sua mano... doveva stare lontana da me.

quella calda e grande mano che praticamente mi circondava tutta la parte sinistra del costato.

"È inutile che ti fingi invincibile Swan, ne ho ricevute anch'io di ferite simili e fidati che so che fa un male cane" disse lui divertito da dietro di me. "Taci" sibilai io con voce roca visto che anche respirare mi provocava delle fitte.

La testa prese a vorticarmi, ma per il troppo orgoglio feci i primi tre scalini prima di fermarmi a riprendere fiato. "Sei testarda come tuo fratello" disse Barin scocciato mettendomi un braccio sotto le ginocchia e l'altro dietro la schiena e prendendomi in braccio. "Lasciami" dissi io cercando di scalciare.

Mi stavo comportando da bambina, ma era il mio sistema di difesa. Non conoscevo quei sentimenti che mi suscitava e mi spaventavano. Dovevo mettere distanza.

"Fai come ti pare, ma se sgoccioli sangue sul tappeto persiano me lo ripaghi" disse lui lasciandomi giù delicatamente a scala finita.

Non appena Barin aprii le porte di casa sentii un urlo che mi fece dimenticare del dolore. "Dove cazzo è mia sorella" Asher. La voce di Asher.

Non appena vide Barin li corse in contro. Correre era un parolone, arrancava attaccato al muro bianco come un cencio e con le bende bianche già macchiette di sangue. "Barin io giuro che se..." ma si bloccò a due passi da lui non appena mi vide.

Io ero ferma.
Ferma come non lo ero mai stata.
E qualcosa in quel momento si legò a Asher.
Qualcosa che non si può instaurare nel tempo.
Qualcosa che hai nel sangue.

"Olimpia io ti posso spiegare" disse lui facendosi ancora più pallido e instabile. "Io so tutto" sussurrai in uno stato catatonico.

Cosa dovevo fare ora?
Avevo tanto pensato a come fosse possibile che asher fosse mio fratello, ma non avevo mai preso in considerazione il dubbio di cosa avrei fatto se lo fosse stato veramente.

"Lo sai?" deglutí lui chiedendo conferma a Barin con lo sguardo. "Sono stato io a dirglielo, non eri messo bene quando ti abbiamo portato qui" disse lui semplicemente, cercando di nascondere il dolore nel tono.

Asher sembró ridestarsi, cosa che io invece non ero ancora in grado di fare e non appena vide la mano insanguinata che tenevo premuta sul fianco, i suoi campanelli di allarme scattarono. "Che cosa hai fatto a lo fianco?" chiese facendo un passo incerto verso di me. Solo ora notai la presenza di Andrew con sguardo basso e un occhio nero.

Com'era avere una persona che ti vuole bene nonostante tutto? Io non avevo neanche mai dato un abbraccio nella mia vita, forse non sapevo neanche come si facesse...

Ma quando Asher si piegò leggermente facendo una smorfia di dolore gli andai incontro senza esitazione "devi tornare a letto" dissi in tono sicuro. Ecco quella era una situazione che sapevo affrontare. Era fredda, formale e logica. Mi sentivo al sicuro in quella situazione.

"Olimpia ha ragione" disse Barin avvicinandosi e mettendosi sotto la spalla di Asher per sorreggerlo. "No aspetta io devo parlarti" mi disse lui guardandomi anche se vedevo che il suo corpo stava cedendo. Non era pronto per alzare il busto dalletto, figuriamoci camminare. Perciò feci l'unica cosa che mi dava la certezza che sarebbe stato al sicuro. "Vengo con te" gli dissi mettendomi nella stessa posizione di Barin, nonostante sentissi che Asher non stava spostando neabche un granellò del suo peso sulle mi spalle, cercai con il braccio interno alla vita di sorrggerlo.

"Tu mi devi spiegare che cazzo è successo" ringhio mio fratello a Barin "E tu devi farti curare il fianco" disse cambiando completamente tono e mostrandomi la sua preoccupazione. In effetti stavo iniziando a vedere macchioline nere, ma avevo sopportato di peggio. "Parla quello che neanche tre giorni fa aveva tre proiettili nel busto" borbottai io non guardandolo in faccia.

"Che belle le riunioni di famiglia" disse ironico Barin mentre tirava un calcio alla porta della stanza di Asher. La coperta era per terra e le flebo tutte strappate "Vado a chiamare qualcuno così ti sistemi anche tu" disse Barin riferendosi a me e uscendo dalla stanza.

L'avrei ucciso quello stronzo, lo aveva fatto apposta.

"Olimpia so che vorresti uccidermi in questo momento" iniziò lui coricandosi sul letto con una smorfia di dolore.

Mentre lui parlava però a me in testa venivano solo in mente alcuni episodi. La prima volta che aveva visto le mie cicatrici, la sua reazione non era da una persona sconosciuta. Il sempre prendersi cura di me anche con un semplice pasto. Quell'abbraccio che sapeva di casa.

"Ti prego dimmi qualcosa" disse lui dato che probabilmente aveva finito di parlare da un po'. Io lo guardai e ripensai a tutta la mia vita da sola per strada. Senza nessuno. Non avevo neanche mai dato un abbraccio per quanto mi ricordassi. Forse Asher era l'angelo custode mandato dai NOSTRI genitori.

Un'altra consapevolezza si insinuò in me. Lui aveva il mio stesso dolore dentro. Aveva subito la mia stessa perdita. Poteva capire e forse guarire ciò che avevo dentro.

E per la prima volta presi una scelta. Decisi di affidarmi alla speranza, all'amore, all'affetto e alla fiducia.

Decisi di mettermi nelle mani di Asher, con la consapevolezza che la caduta da lì sarebbe stata più fatale, ma che per un attimo avrei potuto vivere per davvero.

E quando lo vidi in piedi davanti a me con la faccia preoccupata dal mio silenzio, mi lasciai andare per la prima volta tra le braccia di qualcuno. Mi permisi di posare la testa sul suo petto e di allacciare le mie braccia alla sua vita. Sentii il suo corpo irrigidirsi e poi sciogliersi completamente facendo unire i nostri cuori. Sentii la sua mano tra i miei capelli e l'altra sulla mia schiena piena di cicatrici e dolore. Sentii di acquisire qualcosa che solo in pochi possedevano.

E li tra le sue braccia, per la prima volta dopo anni e anni, mi sentii fortunata.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 5 days ago ⏰

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