imboscata

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Passammo molte ambientazioni paesaggistiche.
La Casa a quanto pare era in una cima di un monte non molto lontano da coney Usland, e per arrivare in città bisognava fare un pezzo di strada nel verde, ma a quanto pare non era lì che eravamo diretti visto che stavamo per lo più attraversando tornanti e salendo di quota.

Eravamo in una macchina sportiva, mi sorpresi che Barin non avesse un autista privato, ma a quanto pare era persino lui il guidatore, con Asher al suo fianco e io dietro che cercavo di ingannare l'attesa guardando quel meraviglioso paesaggio.

"Stai sempre al nostro fianco e parla solo se interpellata, non fare domande a nessuno e non andartene in giro da sola"

Bla Bla bla. Non solo ero stata obbligata a venire, ma dovevo subirmi persino gli stupidissimi ordini di Barin.

"Mi hai capito?" chiese lui girandosi verso di me e fermandosi in una piazzola davanti a un muro in cemento.

Non mi ero neanche accorta che eravamo arrivati. Non lo guardai neanche in faccia quando sbuffando me ne uscii dall'auto.

Asher mi seguii subito e mi accompagnò prendendo la destra e costeggiando il muro fino ad arrivare a un ampio cancello bianco gesso, Barin spinse un piccolo bottone che si trovava tra due fessure componendo una sequenza è quello si aprì.

"Ora mi fate il favore di dirmi a cosa serve questa cena?" chiesi io percorrendo il vialetto con pavimenti in marmo messo in un prato tagliato all'inglese minuziosamente. "È una riunione tra i partecipanti della famiglia" mi liquidò Barin aumentando il passo e svoltando aprendo un'altra piccola porta.

Non appena quella porta si aprì il silenzio circostante sfumò in un tripudio di voci e posate. Passammo un corridoio buio fino a entrare in un enorme stanza piena di gente vestita bene che mangiava da porzioni offrite dal buffet mentre chiaccherava tranquillamente con altra gente. C'erano persone di tutte le età e la sala era allestita sui toni de tortora con un elegante gusto retrò. Asher mi mise una mano dietro la schiena e mi spinse delicatamente avanti sfiorando le mie cicatrici. Mi percorse un brivido dietro la schiena, nessuno le aveva mai toccate.

A nessuno avevo permesso di farlo.

Lui sembró capire e con una scintilla di dolore negli occhi mi porse il braccio che io accettai titubante. Odiavo stare tra la gente e odiavo avere le attenzioni su di me. Come in quel momento. La gente stava facendo finta di niente, ma tra la presenza di Barin e la sottoscritta appena entrata, le attenzioni erano su di noi.

Il primo a venirci incontro fu un signore sui 70 anni, dall'aria cordiale, che mi lanciò uno sguardo ma riuscì a mascherare quasi perfettamente la sua curiosità. "Barin, ragazzo mio, come stai?" chiese sorridendo il signore e stringendo la mano all'uomo al mio fianco in modo affettuoso. "Bene Vernon, grazie" rispose lui in un tono quasi DOLCE... A quanto pare non era un robot assassino dopo tutto.

"Ti vorrei presentare Olimpia anche se penso tu ti ricordi già di lei" disse facendosi da parte così che io potessi fare un passo avanti.

TI RICORDI GIÀ DI LEI?

Non mi ricordavo di averlo mai visto questo signore. "Certo che ho il piacere di ricordarmi, anche se non so se tu Olimpia farai lo stesso, quindi piacere Vernon, ero un amico dei tuoi genitori" disse lui porgendomi la mano. Io gliela strinsi titubante guardandomi intorno vedendo che ormai la gente non si faceva più tanti problemi a fissarmi.

Forse mi avevano omesso delle informazioni Asher e barin, forse i miei erano più importanti di quello che mi avevano detto.

POV Asher

Stava andando malissimo.

Vedevo come mia sorella guardasse intorno come una tigre chiusa in gabbia, come i suoi occhi gridavano morte se solo qualcuno avesse provato a avvicinarsi.

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