oscurità

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PoV Olimpia

odiavo quello sguardo.
Lo sguardo che ti giudicava, che ti disintegrava. "Sei un mostro" urlava "stammi lontano" diceva in un sussurro celato. Perdi la tua anima, perdi il tuo cuore, perdi il calore di quell'abbraccio mancato. Sei coperta di sangue, sei coperta di peccato.

Scappi dai tuoi demoni, ma il demone sei tu.
In quello sguardo condannato.

Corri, corri, corri ma c'è solo l'inferno.
Sei persa in un gelido inverno.

Solo l'oscurità è tua amica.
Abbraccio il buio come aspettando una gratifica.

Pov Barin

Era potere, era forza, era dolore.
Quella ragazza che aveva visto troppe morti e che ora stava scappando come se avesse il diavolo alle calcagna.

Tutti erano pietrificati aspettando qualcosa. Aspettando un mio ordine. "Pulite questo casino e cercate di capire chi è stato, fatemi rapporto appena sapete qualcosa" sbottai io ringhiando a quelli rimasti nella stanza. Fortunatamente non c'erano stati morti, ma una cosa simile non doveva più ricapitare.

Asher scattò verso la porta da dove era uscita sua sorella. Quanta oscurità poteva aver visto per provare tutta quella rabbia? In quel momento l'oscurità dentro di me si fece meno densa e una scintilla di comprensione verso il male che infestava olimpia si fece largo in me. Una piccola parte di me mi disse che lei era come me, che dentro di lei c'erano le stesse grida, c'era lo stesso dolore.

Lanciai un ultimo sguardo ai sette uomini che aveva ucciso e me ne andai dalla porta che aveva appena spalancato Asher.

"Olimpia" sussurró lui correndo verso la sorella stesa a terra priva di coscienza. L'oscurità l'aveva inghiottita alla fine.

"Barin aiutami a capire se è ferita" mi disse Asher come una predica. Ma sapevamo entrambi che non c'era nessuna ferita esterna. Era tutto nella sua anima.

Mi abbassai verso di lei contemplando il suo viso dai tratti marcati ma dolci, le sue labbra carnose così simili a quelle del fratello, i suoi occhi leggermente allungati che richinavano alle origini colombiane di Asher, i capelli scuri leggermente mossi, il corpo felino e sinuoso con generose forme da donna. Era di una bellezza letale.

Asher la prese in braccio cercando di non farmi notare i suoi occhi lucidi mentre guardava la sorella inerme. Era la prima volta che vedevo quel dolore nei suoi occhi.

Per la prima volta mi sentì impotente, cercai e provai a trovare un modo per cancellare dallo sguardo del mio caro amico quel dolore. E mi promisi di riuscirci.

Per la prima volta capii che non dovevo uccidere, ma salvare. Avrei salvato Olimpia dall'oscurità.

POV OLIMPIA

mi svegliai di soprassalto.

Ci misi qualche secondo per ricordare. Ricordare il sangue, la pistola che avevo preso da un uomo che me la puntava contro. Il coltello che avevo nascosto in una cintura in vita, e io che lo infilavo nello stomaco di un uomo che stava per attaccarmi.

L'oscurità che mi aveva assalita.

Avevo bisogno di fumare.

Dall'orologio appeso al muro vidi che erano le dieci di mattina, ero stata cambiata, con uno dei pigiami che mi avevano comprato. Un leggings nero è una felpa semplice grigia. Ero stata ripulita dal sangue, ma mi sentivo ancora sporca.

Le mie mani erano di un pallido rosa, ma ieri erano rosse, sporche di morte. Trattenni la bile che mi salì in gola e mi alzai ignorando, come avevo imparato molte volte a fare, i morsi della fame. Mi diressi in bagno e mi tolsi tutti i vestiti fermandomi davanti allo specchio.

Era la prima volta dopo molto tempo che mi vedevo a figura intera davanti a uno specchio. Il fisico slanciato e tonico che mi ero faticata negli anni, non per un fatto di estetica, ma di sopravvivenza. I capelli lunghi e mossi di un castano scuro, lunghi fino al sedere, il viso proporzionato, mi resi conto solo in quel momento delle poche lentiggini che mi ricoprivano il naso dritto e delicato.

Non mi era ma importanti della mia bellezza, l'avevo usata un paio di volta per servirmene come arma. Ma appena scavai a fondo vedevi le cicatrici e scappavi.

La mia gamba destra ne aveva sei, piccole e bianchi, un occhio non attento probabilmente non le avrebbe neanche notato, il vero problema era la schiena. Ma non potevo permettermi di entrare in quel limbo di pensieri.

Mi buttai in doccia e strofinai fino a arrossarmi la pelle, fino a non sentirmi pulita da quella morte che io stessa avevo causato.

Uscì dalla doccia e mi pettinai i capelli facendomi una treccia e cercando di sistemarli un attimo. Uscendo dal bagno mi bloccai vedendo quel cambiamento sul letto.

C'erano dei vestiti e un bigliettino, guardandomi intorno per accertarmi che in stanza non ci fosse nessuno, mi avvicinai.

Tra 30 minuti raggiungimi nella sala allenamento.
                    ~Barin

Persino la grafia urlava superiorità. Guardai meglio i vestiti e vidi che erano un semplice leggins nero è una maglia d'allenamento bianca, nell'armadio avevo già visto scarpe adatte, ovviamente non mie.

Per un attimo pensai veramente di andarci, ma poi anche il solo fatto che pensava di potermi dare ordini, mi mandava su tutte le furie.

Andai nella cabina armadio e presi dei miei vecchi jeans elasticizzati è una canotta nera, mi diressi alla scrivania e come ogni settimana, feci l'inventario di ogni mio oggetto elettronico, più che per precauzione era per mantenere il controllo, ricordarmi per cosa fossi lì e per cosa avrei dovuto combattere.

quello di ieri doveva rimanere un episodio isolato, Non mi sarei più fatta prendere dall'emotuvuta, ero qua per un motivo e dovevo tenere la testa concentrata su quello.

Per ingannare il tempo presi uno dei miei blocchi e mi lanciai nel mio mondo di codici informatici per farmi venire nuove idee per le mie invenzioni.

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