Facciamo un patto

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Mi svegliai che ero sdraiata su qualcosa di morbido e caldo aprii gli occhi per la forte luce e mi trovai in una stanza spoglia. C'era un letto, due sedie ai lati del letto, un armadio e una televisione a muro.

Mi alzai vedendo i miei vestiti e il mio capotto appoggiati ordinatamente alla sedia. Addosso avevo una tuta nera della mia taglia e una felpa dello stesso colore. Non volli sapere chi mi avesse spogliata. Notai solamente in quel momento che sulla piccola scrivania alla destra del letto c'era il mio borsone nero. Quello che avevo lasciato in hotel. In che cazzo di situazione mi ero andata a cacciare.

Non trovai uno specchio per vedere le condizioni in cui ero quindi non potevo guardare lo stato delle mie ferite, ma il forte dolore alla testa mi preannunciava già qualcosa.

In quell'istante qualcuno bussò alla porta e io andai a aprire trovandomi il ragazzo inquietante davanti a me con un sorriso divertito sul viso. "E io che pensavo che stamattina ti sentissi più propensa a parlare" disse quando al posto di dire avanti ero andata a aprire la porta. Lui mi schivò e entro in quella stanza. Capii che ormai era inutile chiudermi nel mio silenzio, ne dovevo uscire, in un modo o nell'altro.

"Cosa ci faccio qui?" gli chiesi io allontanandomi da lui che nel mentre era andato alla scrivania a armeggiare con le mie cose. Si girò con un sorriso da orecchio a orecchio e una strana scintilla di pazzia negli occhi "ma qual buon vento pulcino" rise venendo verso di me, io mi misi in guardia e non appena provò a prendere una ciocca di capelli gli affarai il polso e gli storta i il menisco facendolo ridere con un espressione dolorante "okay siamo nella modalità aggressiva" disse lui riaggiustandoselo con un colpo. "Cosa ci faccio qui?" ripetei io in tono controllato.

Lui si allontanò di qualche passo e mi diede la schiena fissando fuori dalla finestra "ti racconterò una storia pulcino" disse in un tono sibillino. Io rimasi in attesta studiando ogni suo movimento "17 anni fa una piccola e dolce bambina perse i propri genitori in un ingiusto crimine..." iniziò lui accarezzando le tende di seta. "Non ti conviene continuare" ringhiai io perdendo un po' di quel controllo che mi teneva salda.

Quella storia già la conoscevo, e riviverla nelle parole di un pazzo non mi sarebbe servito a nient'altro se non a pensare a come ucciderlo lentamente.

Lui si girò guardandomi e per la prima volta trovai una scintilla di sincerita nei suoi occhi quando disse "fidati pulcino, so come ci si sente a perdere i propri genitori, so la rabbia che ti sale quando un bastardo come me pronuncia i loro nomi, so la rabbia che hai dentro" disse lui guardandomi con quei suoi occhi penetranti. E li capii che avevo dato altro per scontato. Dietro la pazzia di quell'uomo c'era altro. Riconoscevo la mia stessa sete nei suoi occhi.

"La piccola bambina crebbe e capii che in un mondo fatto di corruzione e ingiustizie come questo, doveva trovare redenzione nella morte" disse lui tornando a guardare fuori dalla finestra. Io rimasi a ascoltare. "Hai ucciso le persone giuste, hai preso le informazioni giuste, hai fatto tutto correttamente, fino a che non ti sei fregata da sola" disse lui girandosi verso di me e appoggiandosi alla scrivania.

Io lo guardai cercando di non far trasparire la confusione dal mio sguardo. "Hai sbagliato a uccidere Marcus, ora sei la persona più ricercata tra i boss della mafia pulcino" mi rivelò lui.

Sapevo i rischi che potevo correre, insomma lui era l'avvocato penalista più potente al mondo, e tutti i suoi clienti erano fottuti ora. Ho sbagliato ancora una volta. La vendetta si è presa controllo su di me ancora una volta.

"Hanno ribaltato il tuo nascondiglio alle porte di New York e ora ti stanno cercando come i cani cercano il tartufo" rise sibillino lui.

Ringraziai che avevo portato via le cose fondamentali da quel rifugio, e capii che ero fottuta in tutti i fronti ora.

"Sei fortunata però" disse lui alzandosi e facendo qualche passo avanti. "Si da il caso che il capo abbia un conto in sospeso con delle persone che c'entrano con la morte dei tuoi genitori" disse lui venendo verso di me.

Ecco perché ero qui. Volevano un accordo.

"Tu ci aiuti a trovare delle informazioni con i tuoi fantastici aggeggi tecnologici, e noi ti porteremo i corpi vivi degli assassini dei tuoi genitori, così che tu potrai farne ciò che vorrai" ghignò lui.

Stava usando la peggior arma contro di me. Non ero stata abbastanza brava a nascondere la sete di vendetta dietro ai miei occhi.

"No" risposi io ferma guardandolo negli occhi.

Non potevo fare cazzate, soprattutto in quel momento, avrebbero potuto fregarmi da un momento all'altro, avrebbero potuto prendere le informazioni da me e poi non darmi la ricompensa.

Una cosa che giurai non appena iniziai a fare questo, è stata la sicurezza di non farmi comprare. Mai. Da nessuno.

Lui mi si avvicinò repentinamente sbattendomi al muro e tenendomi la gola con una mano senza però stringere. Io non distolsi mai lo sguardo dai suoi occhi. Inspiro a fondo chiudendo gli occhi "io non vedo nei tuoi occhi la paura della morte, non vedo il terrore, non vedo il disgusto, non avrebbe senso minacciarti o torturarti, questo l'ho capito. Ma sai cosa vedo?" Mi chiese lui serio e duro "vedo la sete, la sete di vendetta" mi sussurró all'orecchio suadente "vedo solo cio che una persona che ha la stessa sete possa comprendere" mi disse lui accarezzandomi il viso con l'altra mano. Io gli tirai una ginocchiata tra le gambe e quando si accasciò mi spostai.

"Non ho niente da perdere tranne il mio onore e la promessa che ho fatto a me stessa, uccidetemi, fatemi quello che volete, ma non vi aiuterò mai" dissi dandogli la schiena ferma nella mia posizione.

Sentii solo la porta aprirsi. E poi quella voce. La voce del diavolo.

"Questo lo vedremo Swan"

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